Ferrarese, classe 1958, resta alla guida del dicastero che aveva già presieduto durante il governo Conte-bis e in passato con Renzi e Gentiloni. Appassionato di jazz e di scrittura, è nelle fila del Pd dal 2007
Dario Franceschini è il ministro per la Cultura nel governo Draghi (TUTTI I MINISTRI DEL GOVERNO DRAGHI). Si tratta di una riconferma nel ruolo già ricoperto nel precedente esecutivo Conte-bis, in cui aveva però anche la delega al Turismo. L’esponente del Pd, originario di Ferrara, era stato ministro dei Beni culturali anche tra il 2014 e il 2018.
Una vita fra jazz, scrittura e politica
Il ferrarese è in politica da sempre, dai tempi della scuola. Papà partigiano bianco, poi deputato della Dc e con una grande ammirazione per Pierluigi Castagnetti, è stato spesso definito “uomo del dialogo”. Classe 1958, padre di tre figlie, appassionato di jazz, è sposato in seconde nozze con Michela Di Biase. Nella sua vita sostiene di avere due grandi passioni: "La letteratura e la politica, due universi che non si incontrano ma ai quali non intendo rinunciare”.
Nel Pd dal 2007
Franceschini ha scritto diversi libri e due suoi romanzi sono stati tradotti anche in francese. Ma la politica rimane la sua maggiore occupazione: deputato dal 2001, tra i fondatori della Margherita, è nel Pd dal 2007. Dal febbraio all'ottobre del 2009 è stato alla guida proprio del Partito democratico. Nel 2013, dopo la "non vittoria" del Pd di Pier Luigi Bersani, è diventato ministro dei Rapporti con il Parlamento nel governo di larghe intese presieduto da Enrico Letta. Pochi mesi dopo, la nomina a ministro dei Beni e delle Attività Culturali nel governo di Matteo Renzi, subentrato a Letta. Ha mantenuto la carica anche sotto il governo Gentiloni, durante il quale ha rotto i rapporti con l'ex premier ed ex segretario, decidendo di sostenere la corsa alle primerie di Nicola Zingaretti.
Il lavoro da ministro
Nei quasi quattro anni del suo primo mandato, ha cercato di creare una rivoluzione nel mondo dei musei. Il numero dei visitatori era cresciuto, ma le politiche di Franceschini avevano anche creato polemiche e più di una insofferenza tra i ranghi del dicastero fondato, nel 1975, da Giovanni Spadolini. È tornato nelle stanze del Collegio Romano nel settembre 2019, con il governo Conte-bis. Ed è diventato il capo delegazione del Partito Democratico nell’esecutivo. A febbraio 2021 è stato confermato nel suo ruolo anche nel nuovo governo di Mario Draghi.