Premierato, la riforma costituzionale del governo Meloni in 5 punti
L'obiettivo del testo approvato il 3 novembre in Cdm è quello di creare le condizioni più favorevoli per la governabilità del Paese e di "consolidare il principio democratico". Nel ddl, oltre all'elezione diretta del presidente del Consiglio, ci sono le norme sulla sua eventuale sostituzione e sulla durata del suo incarico (5 anni, come le Camere); sui criteri da seguire per un nuovo sistema elettorale (il 55% dei seggi andrebbero al partito o alla coalizione del premier) e sull'addio ai senatori a vita
- Sono cinque i capisaldi del disegno di riforma costituzionale approvato oggi, 3 novembre, in Consiglio dei ministri: per la premier Giorgia Meloni è “la madre di tutte le riforme”. Ecco cosa prevede
- Se passasse la riforma, entrerebbe in Costituzione il premierato: si introduce “un meccanismo di legittimazione democratica diretta del presidente del Consiglio dei ministri, eletto a suffragio universale con apposita votazione popolare”
- Il testo stabilisce che l’elezione del premier “si svolge contestualmente alle elezioni per le Camere, mediante una medesima scheda”. Non solo: il presidente del Consiglio deve per forza essere “eletto nella Camera per la quale si è candidato” e deve essere “necessariamente un parlamentare"
- Il secondo punto principale è che l’incarico del premier avrebbe una durata fissata a cinque anni, come le Camere, così da favorire “la stabilità del governo e dell'indirizzo politico"
- Nel ddl anche la cosiddetta norma 'anti-ribaltone'. Per garantire "il rispetto del voto popolare e la continuità del mandato elettorale conferito dagli elettori”, si prevede che il premier “possa essere sostituito solo da un parlamentare della maggioranza e solo al fine di proseguire nell'attuazione del medesimo programma di governo”. Qualora cessasse il mandato di questo sostituto si dovrebbero sciogliere le Camere
- Quarto punto: si affida alla legge "la determinazione di un sistema elettorale delle Camere che, attraverso un premio assegnato su base nazionale, assicuri al partito o alla coalizione di partiti collegati al Presidente del Consiglio il 55 per cento dei seggi parlamentari, in modo da assicurare la governabilità”. In poche parole, si dovrebbe scrivere una nuova legge elettorale
- Ultimo intervento centrale è quello che va a “superare” la categoria dei senatori a vita di nomina del Presidente della Repubblica. Chi è già stato nominato resterebbe comunque in carica
- La riforma, si legge nel comunicato che conclude il Cdm che ha approvato il testo, "si ispira a un criterio minimale di modifica della Costituzione vigente”, così da “operare in continuità con la tradizione costituzionale e parlamentare italiana e da preservare al massimo grado le prerogative del presidente della Repubblica, figura chiave dell'unità nazionale”
- "Il ruolo del presidente della Repubblica è di assoluta garanzia e noi abbiamo deciso di non toccarne le competenze, salvo l'incarico al presidente del Consiglio" che viene eletto, ha infatti spiegato Meloni
- Riassumendo, Chigi elenca gli obiettivi della riforma, che sono: "rafforzare la stabilità dei governi, consentendo l'attuazione di indirizzi politici di medio-lungo periodo; consolidare il principio democratico, valorizzando il ruolo del corpo elettorale nella determinazione dell'indirizzo politico della Nazione; favorire la coesione degli schieramenti elettorali; evitare il transfughismo e il trasformismo parlamentare". Per Meloni si mette fine "alla stagione del trasformismo e dei governi tecnici"