La 36enne di Ascoli Piceno, deputata di Fratelli d'Italia, sostiene di essere stata “costretta” a fare l’esame del Dna a causa della "presunta notizia uscita su qualche organo d’informazione" sul fatto che il bimbo non sarebbe del suo compagno
Un test del Dna per confermare che il padre del suo bambino di tre mesi è il suo compagno e mettere a tacere le malelingue. E' la scelta di Rachele Silvestri, deputata di Fratelli d'Italia e prima del Movimento 5 Stelle. "Sono stata costretta a fare il test di paternità per mio figlio di soli tre mesi. E il padre è proprio Fabio, il mio compagno. Naturalmente, non avevo dubbi. Perché, quindi, l'ho fatto? E, soprattutto, perché chiedo che venga riportata la notizia sui giornali?" scrive Silvestri una lettera inviata al Corriere della Sera. "Se la fantasia (o la curiosità) vi sta portando chissà dove - continua - leggete, e poi, mi auguro, vi indignerete insieme a me. Perché, delle volte, la becera realtà arriva a superare anche la più fervida fantasia" . "Nel 2019 - prosegue il racconto - sono uscita dal Movimento e, dopo un periodo nel gruppo Misto, ho aderito a Fratelli d'Italia. È stata una scelta di cuore e di ragione, perché col partito di Giorgia Meloni condividevo da tempo le idee e il coraggio. Circa un mese fa, una persona amica mi racconta che gira la voce che il mio bambino non sarebbe figlio del mio compagno, ma di un politico molto influente di Fratelli d'Italia, a sua volta sposato. Mio figlio sarebbe, quindi, nato da una relazione clandestina, grazie alla quale io avrei anche ottenuto la mia candidatura", racconta la deputata.
"Il mio augurio è che nessuno sia indulgente con l'autore della calunnia"
"Riuscite soltanto a immaginare come mi sono sentita? Non bisogna essere una donna per capire lo schifo, la violenza, l'umiliazione", aggiunge Silvestri. "Mi chiedo: ma in quanti modi il corpo di una donna può essere violato, calpestato, abusato? Quante volte il dono della procreazione può essere strumentalizzato e degradato? In nome di cosa è giustificabile la violenza su un bambino appena nato? Non so chi sia stato. Molti, però, hanno scelto di condividere una evidente calunnia, di telefono in telefono, di chat in chat, rendendosi complici di questo schifo - afferma -. E anche chi sa ma ha deciso di non parlare lo è". "Ho scelto di rendere pubblica questa storia per tutelare mio figlio e Fabio, legittimo papà e mio amato compagno. Il mio augurio è che nessuno sia indulgente con l'autore della calunnia e con chi contribuisce a diffonderla", conclude nella lettera.