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"Numeri - La Sfida del voto": il dibattito su salario minimo e lo spettro della recessione

Politica
Ipa/Sky TG24

Il Parlamento europeo ha approvato una nuova direttiva sui livelli minimi di retribuzione, ma cosa significa per l’Italia (uno dei 6 Stati membri a non avere una legislazione sul tema)? A salari alti corrisponde un più forte potere d’acquisto? Questo il tema principale al centro della puntata di “Numeri - La sfida del voto”, nuovo format di Sky TG24 dedicato alle imminenti elezioni politiche, in onda dal lunedì al venerdì dalle 18.30 alle 19:00

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Il dibattito politico sull’emergenza energetica si accompagna a temi come quelli del salario minimo, sulla scia dell’approvazione di una nuova direttiva da parte del Parlamento europeo, e allo spettro della recessione. L’agenzia di rating Fitch, nel Global Economic Outlook 2022, prevede infatti che il Pil italiano nel 2023 si contrarrà dello 0,7%, anche per le ricadute negative della crisi del gas. Questi i temi principali al centro della puntata di “Numeri – La sfida del voto”, nuovo format di Sky TG24 dedicato alle imminenti elezioni politiche, in onda dal lunedì al venerdì dalle 18.30 alle 19:00. RIVEDI LA PUNTATA. (LO SPECIALE DI SKY TG24: VERSO IL VOTO - GLI AGGIORNAMENTI LIVE - TUTTI I VIDEO - CASA ITALIA: LE INTERVISTE AI LEADER POLITICI - NUMERI-LA SFIDA AL VOTO - TROVA IL TUO PARTITO: IL QUIZ DI SKY TG24 - TROVACOLLEGIO - SEGGIOMETRO).

Il salario minimo

La direttiva sul salario minimo approvata dal Parlamento europeo ha messo nero su bianco il principio per cui, per legge, le paghe non potranno scendere al di sotto di un livello considerato sufficiente a garantire un’esistenza dignitosa ai lavoratori. La direttiva non va però a stabilire quale dovrebbe essere questa soglia minima di retribuzione e non obbliga nemmeno i Paesi a introdurla. Dei 27 Stati membri, solo sei non hanno una legislazione in tema di salario minimo. Tra questi c’è l’Italia, dove la maggior parte della forza lavoro è però coperta dai contratti collettivi.

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Salario minimo e contrattazione collettiva

Il problema è più ampio. Bruxelles è intervenuta anche sugli accordi collettivi, stabilendo che la contrattazione debba coprire almeno l’80% degli occupati. Formalmente, per l’Italia è già così. Le cose sono però più complicate, se si va a vedere quanti contratti sono scaduti e soprattutto guardando ai cosiddetti "contratti pirata", quelli firmati da sindacati e associazioni imprenditoriali che non rappresentano la maggior parte dei lavoratori interessati dal contratto. Secondo le stime dell’Inps, se in Italia venisse introdotto un salario minimo di 9 euro lordi all’ora a beneficiarne sarebbero oltre quattro milioni di lavoratori, tra cui apprendisti, camerieri, collaboratori domestici e molti precari, soprattutto giovani. 

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Salario minimo e bollette

In Germania, il cancelliere Olaf Scholz ha approvato un aumento del salario minimo, che da ottobre toccherà i 12 euro lordi all’ora. Parigi ha da poco alzato la soglia a circa 11 euro. L’emittente francese BMFTV ha calcolato quanti giorni di lavoro servono per poter pagare le bollette: nei Paesi dove la cifra è più alta, si impiegano in media meno giorni.

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Salario minimo, contratti e potere d'acquisto

L’assenza di salario minimo in Italia non significa però in automatico che la maggioranza di lavoratori sia più svantaggiata che altrove. Mettendo insieme salari minimi e minimi contrattuali previsti dagli accordi, a parità di potere d’acquisto l’Italia risulterebbe seconda in Europa. Il problema si pone in particolare per chi non è protetto da alcun contratto collettivo e rimane quindi senza garanzie. L’Istat, nel suo ultimo rapporto annuale, stima che in tutto il Paese ci siano circa 1 milione e 300mila lavoratori dipendenti che guadagnano meno di 8,40 euro ogni ora. Ci sono poi altri elementi di cui tener conto. Secondo Roberto Sommella, direttore di Milano Finanza, “il salario minimo servirebbe per far emergere i molti lavori irregolari che non sono coperti da nulla. Dovrebbe essere poi sicuramente superiore al reddito di cittadinanza, perché se fosse inferiore c’è chi potrebbe preferire il secondo al primo”.

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Il salario minimo nei programmi elettorali

L’unica forza politica che menziona esplicitamente il salario minimo nel proprio programma elettorale è il MoVimento Cinque Stelle, che ne fissa l’importo a 9 euro lordi all’ora. Il programma unitario del centrodestra non menziona mai il salario minimo, così come quello proprio di Forza Italia. Fratelli d’Italia propone di prendere i contratti collettivi già in vigore e di ampliarne la portata. Simile la proposta del Pd, secondo cui le soglie fissate dai contratti collettivi più diffusi andrebbero applicate anche agli esclusi e nel frattempo – all’interno dei singoli accordi – la soglia minima andrebbe affidata a proposta delle parti sociali e non dovrebbe essere inferiore a circa 9 euro lordi orari. Il Terzo Polo parla di estendere la rappresentatività dei contratti collettivi a chi non ne è coperto e di fissare “un minimo di ultima istanza”. Sia Pd che Terzo Polo includono poi nel programma la lotta ai contratti pirata. 

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L’Italia e il gas russo

Altri temi sempre al centro del dibattito sono la crisi energetica e la dipendenza dal gas russo. In Italia, a differenza di Paesi come la Germania, il gas russo sta continuando ad arrivare. Mosca non è però più il primo fornitore: i quantitativi in arrivo sono meno della metà di quelli di un tempo. Tuttavia, qualora i flussi si azzerassero del tutto, si entrerebbe in un nuovo scenario, quello del risparmio energetico. Oggi, guardando ai dati forniti da Snam, da Mosca è arrivato il 4% del totale di gas entrato in Italia. Nel 2022, da gennaio ad agosto, a Roma è arrivato più gas che durante il 2021. Se da Mosca ne sono infatti arrivati 8 miliardi di metri cubi in meno, i rifornimenti in entrata da altri Paesi sono aumentati, passando soprattutto dal gasdotto Tap di Melendugno. Sommella, citando le parole dell’ad di Eni Claudio Descalzi, sottolinea come la dipendenza italiana dal gas del Cremlino si stia riducendo di molto, “tanto che – se andrà avanti così – nel 2023 sarà scesa dell’80% e nel 2025 sarà azzerata”. Bisognerà però capire, continua Sommella, “quanto sarà urgente l’emergenza energetica nei prossimi mesi”. Se il cambiamento climatico porterà il prossimo inverno a essere mite, “forse avremmo meno necessità di riscaldarci”. Se invece l’inverno sarà “come dovrebbe essere”, per Sommella “non basterà avere gli stoccaggi pieni, che sono riserve e non possono sostituirsi al flusso”. Restano ancora importanti incognite per capire cosa ci aspetta, dall’andamento della guerra alla sorte del discusso tetto al prezzo del gas. Fondamentale sarà capire quale sarà “la nostra capacità di prendere gas” da altri Paesi, conclude Sommella. 

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Lo spettro della recessione

Fitch ha intanto visto al ribasso le prospettive per l’economia italiana nel 2023: per l’istituto di rating si andrà in recessione, con il Pil a -0,7%. È la prima stima "ufficiale" di decrescita economica per l’Italia. Solo alla fine del 2021 il governo italiano per l’anno prossimo aveva previsto una crescita del 2,8%, poi ridimensionata a un +2,4% dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. I numeri di cui parla Fitch non sorprendono però particolarmente. L'Istat, con dati riferiti ai mesi di luglio e agosto, segnalava come rispetto al 2021 molti indicatori di benessere economico fossero in calo, a partire dalle vendite al dettaglio e dai livelli di produzione industriale. Fitch indica tra le cause delle stime di recessione la crisi del gas, a cui si vanno ad aggiungere ad esempio l’aumento dei tassi di interesse da parte delle Banche centrali. 

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Cosa potrebbe succedere in recessione

Se si entrasse davvero in recessione, lo Stato dovrebbe rivedere buona parte dei suoi piani per il futuro, andando ad aumentare la spesa sociale per proteggere ad esempio poveri e disoccupati. Aumenterebbe il rapporto debito-Pil e si andrebbero a ridurre le entrate fiscali, su cui il governo negli ultimi mesi ha fatto molto affidamento. Per chi dovrà governare nei prossimi mesi, dice Sommella, il segno meno davanti al valore del Pil “sarà un problema. Questo è il costo della guerra. Poi c’è stata anche la sfortuna: noi avevamo già un’inflazione alta da domanda – cioè un elemento positivo – che si è accoppiata a un’inflazione da offerta, cioè al boom del costo delle materie prime”. Qualsiasi governo nasca, dice Sommella, avrà “immediatamente l’urgenza di sostenere l’economia e la crescita dei consumi. Un compito complicato, da far tremare le vene e i polsi”. 

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