L’ex ministro dell’Interno dopo settimane di riflessione decide di correre per le primarie del Partito democratico. “La mia è una candidatura di servizio – spiega – contro il nazionalpopulismo”. Attesa anche per la decisione di Martina
È il giorno di Marco Minniti. L’ex ministro dell’Interno ha deciso di sciogliere le sue riserve e candidarsi per le primarie del Partito democratico (CHI SONO I CANDIDATI IN CORSA). "Ho deciso di mettermi in campo perché considero la mia una candidatura di servizio. Di una persona che ha ricevuto tanto dal suo partito, dalla sinistra e che sente ora di dover restituire qualcosa", spiega Minniti in una intervista a Repubblica. Forse già martedì invece dovrebbe presentare la sua candidatura Maurizio Martina, che si è dimesso da segretario nel corso dell’Assemblea nazionale del Pd. Martina è sollecitato da amministratori e dirigenti locali, ma anche da personalità nazionali tra cui diversi renziani. Proprio l'ex segretario e premier è stato il grande assente all'Assemblea nazionale, mostrando un distacco dal congresso che preoccupa gli esponenti della sua area. (DA VELTRONI A MARTINA, TUTTI I SEGRETARI DEL PD)
551 sindaci firmano appello per Minniti
Il sindaco di Pesaro Matteo Ricci ieri ha reso noto che "551 sindaci hanno firmato l'appello per sostenere la candidatura di Minniti a segretario nazionale del Pd. Serve una guida forte e autorevole, per un'opposizione netta e per un’alternativa riformista e di popolo", ha scritto in un tweet, aggiungendo: "Oltre ai sindaci, altri 200 amministratori regionali e comunali stanno sottoscrivendo l'appello. E la raccolta va avanti". Intanto Minniti sottolinea: "Io non sono lo sfidante renziano. In campo c’è solo Marco Minniti". "Essendo stato tra chi non ha esagerato nel lodarlo quando era al potere - dice dell'ex presidente del Consiglio - non ho alcun bisogno di prenderne le distanze. Renzi ha perso e si è giustamente dimesso assumendosi responsabilità che vanno anche oltre le sue. Il tema ora non è più questo, ma come salvaguardare il progetto riformista. Connettere il riformismo al popolo". Quanto a Nicola Zingaretti, il suo rivale nella corsa, Minniti afferma: "Non è un avversario, mai ne parlerò male. Serve un patto: chi vince avrà la collaborazione di tutti. C'è stata una rottura sentimentale con i nostri elettori. Questa è la sfida del Congresso. Io non cerco scorciatoie". (PD, 11 ANNI TRA VITTORIE, SCONFITTE E SCISSIONI)
Le otto parole chiave di Minniti
L'obiettivo di Minitti è la "sconfitta del nazionalpopulismo", possibile "solo si riesce a parlare con la società italiana. Va ricostruita una connessione. Serve un Congresso che parli all'Italia, non un regolamento dei conti interni". L'ex ministro dell'Interno rivendica "le politiche riformiste" del Pd: "Non abbiamo risposto a due grandi sentimenti: la rabbia e la paura. Non si può rispondere a chi ha perso il lavoro con la freddezza delle statistiche. Dicendogli che l'occupazione cresce. Così come non si può dire al cittadino che ha subito un furto in casa, che i reati diminuiscono. C’è bisogno della sinistra riformista. I più deboli si sono sentiti abbandonati. Anzi, addirittura biasimati. Quello spazio è stato colmato dai nazionalpopulisti. Basta vedere quel che è accaduto nelle nostre periferie". Servono "otto parole chiave: sicurezza e libertà, sicurezza e umanità, interesse nazionale e Europa, crescita e tutele sociali" e "senza l'Ue - che va cambiata profondamente - non si affrontano le questioni poste dalla globalizzazione. Una grande Italia in una grande Europa".
I punti dell’agenda
Minniti ha già delineato alcuni punti della sua agenda: stop ad "atteggiamenti aristocratici" verso i sentimenti di paura sul tema sicurezza da parte dei ceti deboli, che infatti si sono rivolti alla Lega. Questa, però, con il decreto Salvini, ha fatto emergere la "differenza di valori" su questi temi tra destra e sinistra. Quindi, ha detto Minniti rivolgendosi alla più ampia sinistra, anziché dare dei "traditori ai riformisti" magari "guardandosi l'ombelico" si tenga conto che "l'avversario è pericoloso". Alleanza con chi? "Un campo ampio. Con pezzi di società, con queste azioni di cittadinanza che abbiamo visto a nascere a Roma e a Torino", mentre una discussione su una possibile intesa con i Cinque stelle può essere fatta "solo dopo che questa maggioranza nazionalpopulista verrà sconfitta nel Paese”.