Relazione del segretario uscente e dibattito tra i militanti. Minniti dovrebbe sciogliere le riserve sulla propria candidatura. Terminata l'assemblea, si riunisce la direzione
L'Assemblea nazionale del Pd - con Matteo Renzi grande assente - apre il percorso congressuale che si concluderà con le primarie che, a causa di uno statuto assai complesso, non potranno svolgersi prima di metà febbraio. Proprio la lunghezza delle fasi congressuali è uno dei problemi per i Dem, assieme alle nuove possibili divisioni. Intanto appaiono ormai certe le discese in campo di Marco Minniti, l'annuncio domenica, e del segretario uscente Maurizio Martina.
Le dimissioni e il messaggio di Martina
Arriva così a sette il numero dei pretendenti alla guida del partito.Dopo le dimissioni di Martina da segretario nelle scorse settimane, lo statuto ha imposto la convocazione dell'Assemblea nazionale che teoricamente avrebbe potuto eleggere un nuovo segretario. Anche questo passaggio è stato esperito, ma l'Assemblea è servita a Martina (cui è stata tributata prima dell'intervento una standing ovation di gratitudine) a fare un appello per evitare un congresso divisivo, tenendolo semmai in modo che "il Pd parli al Paese e ricostruisca un rapporto con la società. Dipende solo da noi", ha osservato. Di qui il suo appello ai candidati a impegnarsi congiuntamente nella campagna elettorale per le regionali in Sardegna, Basilicata e Abruzzo, che si terranno tra febbraio e marzo 2019.
Incerta la data delle primarie
I tempi delle Assise saranno dunque tali da interferire con le regionali, ed è una delle preoccupazioni dei dirigenti, oltre a quella di una crisi di governo nel pieno della campagna congressuale. Ma è lo statuto stesso del Pd che impedisce tempi stretti. Infatti nella prima fase votano gli iscritti; poi i tre candidati più votati accedono alle primarie per le quali sono in ballo date tra il 17 febbraio e il 3 marzo. Se poi ai gazebo nessun candidato raggiungerà il 50,1%, sarà l'Assemblea, convocata dopo uno o due settimane, ad eleggere il segretario, anche se non potrà che essere il più votato alle primarie, pena l'auto-dissoluzione. Oggi, 17 novembre, dopo l'Assemblea, la Direzione Dem ha nominato la Commissione congressuale che dovrà redigere il regolamento, da sottoporre ad una successiva Direzione. Questa stabilirà le date definitive delle primarie.
L’incognita Minniti
Domenica 18 novembre dovrebbe essere il giorno in cui Marco Minniti annuncerà la sua discesa in campo, ma già da Milano ha delineato alcuni punti della sua agenda: stop ad "atteggiamenti aristocratici" verso i sentimenti di paura sul tema sicurezza da parte dei ceti deboli, che infatti si sono rivolti alla Lega. Questa, però, con il decreto Salvini, ha fatto emergere la "differenza di valori" su questi temi tra destra e sinistra. Quindi, ha detto rivolgendosi alla più ampia sinistra, anziché' dare dei "traditori ai riformisti" magari "guardandosi l'ombelico" si tenga conto che "l'avversario è pericoloso". Forse già martedì dovrebbe sciogliere le riserve Maurizio Martina, sollecitato da amministratori e dirigenti locali, ma anche da personalità nazionali tra cui diversi renziani. Proprio l'ex segretario e premier è stato il convitato di pietra all'Assemblea nazionale, mostrando un distacco dal congresso che preoccupa gli esponenti della sua area.
La sfida con Zingaretti
Sul fronte interno l’obiettivo di Minniti e dei renziani resta la sfida con Nicola Zingaretti, l’altro candidato “favorito” per la segreteria. Il presidente della Regione Lazio è appoggiato da AreaDem di Dario Franceschini e Piero Fassino e sponsorizzato da Paolo Gentiloni. Alla stampa estera a Roma il governatore ha detto di voler guidare il Pd alla testa di "un'alleanza per una grande campagna per le europee" contro i sovranisti. Senza più un segretario candidato premier, come da statuto finora. Al momento, un sondaggio Demopolis lo dà 3 punti avanti a Minniti.