Dal Tap al decreto sicurezza, i malumori interni al M5s

Politica

Giorgia Finesi

Il Movimento 5 stelle affronta giorni complicati. Attivisti pugliesi bruciano le proprie tessere e il simbolo per protestare contro le scelte sul gasdotto. Al Senato, intanto, alcuni senatori pentastellati annunciano battaglia sul dl sicurezza

Troppo spesso le promesse delle campagne elettorali vanno a scontrarsi contro le effettive scelte dei Governi poi in carica. Lo studio dei costi, i compromessi che spesso tengono in piedi un esecutivo male si conciliano con gli ideali che scaldano le folle prima delle elezioni.  

Il movimento scosso dalle scelte su Tap

Il passo indietro sul Tap ha un impatto enorme sugli equilibri del movimento. La reazione degli abitanti di Melendugno racconta di un elettorato deluso, arrabbiato, quasi incredulo. Alcuni attivisti pugliesi hanno bruciato le proprie tessere elettorali e le foto dei parlamentari del M5S eletti in Salento, quella del ministro del Sud, Barbara Lezzi, e il simbolo del Movimento pentastellato. Simboli bruciati per la delusione nei confronti di chi, in campagna elettorale, aveva promesso che il gasdotto sarebbe stato bloccato in 2 settimane. Il presidente del Consiglio Conte cerca, una volta ancora, di salvare l’esecutivo gialloverde. "Se colpa deve essere, attribuitela a me", la risposta del premier ai No Tap, che hanno protestato contro la realizzazione del gasdotto trans-adriatico. Anche il vicepremier Di Maio difende la scelta del Governo: "Dire la verità ai cittadini non significa cambiare idea rispetto alla campagna  elettorale. Significa arrivare nei ministeri, studiarsi bene le carte e gli accordi e fare le proiezioni di rischio".

Il decreto sicurezza in Senato, i malumori dei Cinquestelle

Ma il clima rimane teso e anche a Roma la situazione non sembra migliore. La commissione affari costituzionali del Senato ha ripreso i lavori sul decreto sicurezza. I recenti fatti di cronaca, la tragica morte di Desirée Mariottini hanno riacceso le luci su una legge fortemente voluta dagli alleati di Governo. Un testo sul quale Matteo Salvini non è disposto a fare marcia indietro, ma che risulta essere indigesto ad una parte dei parlamentari pentastellati. L'ostacolo più delicato per l'esecutivo è rappresentato dai senatori 5 Stelle Gregorio De Falco, Elena Fattori e Paola Nugnes, che hanno annunciato battaglia per modificare in modo sostanziale il testo, in particolare per quanto riguarda i permessi umanitari e i tempi di permanenza nei centri per i rimpatri. Anche le parole di Roberto Fico non lasciano dubbi: "La coesione sociale è il mezzo fondamentale per costruire il resto della comunità solidale. Anche nei momenti difficili non ci vogliono ruspe ma più amore e partecipazione." Posizioni che spaccano, una volta ancora, l’esecutivo gialloverde.

#NoiSiamoTestuggine

Di Maio evoca compattezza: "Siamo sotto attacco, è vero, ma siamo seduti dalla parte giusta della Storia e se avanzeremo insieme compatti anche la vittoria di questa battaglia sarà nostra. Ma dobbiamo essere compatti. Molto compatti. Fusi insieme. Come lo era la testuggine romana" che "veniva usata in particolare durante gli assedi. E’ bene infatti avere molto chiaro che dalla compattezza della testuggine del Movimento dipende non solo il futuro del governo, ma anche quello del nostro Paese". E Davide Casaleggio non lascia solo il vicepremier. Sulla sua pagina facebook rilancia il post in cui Di Maio chiede unità abbinandoci l'hashtag #NoiSiamoTestuggine.

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