Referendum, l'Economist: "Perché l'Italia dovrebbe votare no"

Politica

Secondo il settimanale britannico, il nostro Paese ha bisogno di riforme ma non di quelle in discussione ora. Sul dopo voto: "Le dimissioni di Renzi non sarebbero la catastrofe che molti in Europa temono"

Mentre in Italia continua il dibattito sul referendum del 4 dicembre, una presa di posizione arriva anche dall’estero. A schierarsi è l’Economist. “Perché l’Italia dovrebbe votare no al referendum”, è il titolo di un lungo articolo del settimanale britannico.

“L’Italia torni a occuparsi di riforme vere” - In sintesi, la tesi sostenuta dall’Economist è che non è quella costituzionale la riforma di cui l’Italia ha bisogno. Il premier Matteo Renzi, si legge sul nuovo numero del settimanale e anche sul sito, "ha sprecato quasi due anni ad armeggiare con la Costituzione. Prima l'Italia torna ad occuparsi delle riforme vere, meglio è per tutta l'Europa". E per l'Economist le riforme vere sono "quelle strutturali, dalla giustizia all'istruzione". La riforma costituzionale proposta da Renzi, continua l'editoriale, “non si occupa del principale problema dell'Italia: la riluttanza a fare le riforme”.



Dimissioni Renzi “non sarebbero catastrofe” - Secondo il settimanale, Renzi ha sbagliato nel collegare “il futuro del governo al test sbagliato”. “Gli italiani – prosegue l’Economist – non avrebbero dovuto essere ricattati”. Il giornale dice la sua anche sul dopo voto. Le dimissioni di Renzi in caso di vittoria del No, spiega, “potrebbero non essere la catastrofe che tanti in Europa temono. L'Italia potrebbe mettere insieme un governo tecnico, come ha fatto tante volte in passato”. Sull’Euro aggiunge: “Se la sconfitta ad un referendum dovesse innescarne il crollo, allora vorrebbe dire che la moneta unica era così fragile che la sua distruzione era solo una questione di tempo".



Pericolo “uomo forte al comando” - Il giornale analizza diversi aspetti della riforma. “Ogni eventuale beneficio – sostiene – è comunque secondario rispetto ai rischi. Sopra tutti, il pericolo che nel tentativo di fermare l'instabilità che ha dato all'Italia 65 governi dal 1945, si introduca la figura di un uomo forte al comando. E questo nel Paese che ha prodotto Benito Mussolini e Silvio Berlusconi ed è vulnerabile riguardo al populismo”. Bocciato anche il Senato non elettivo: “molti de suoi membri sarebbero consiglieri regionali e sindaci", ma “Regioni e Comuni” sono gli “strati di governo più corrotti" e ai nuovi senatori spetterebbe l’immunità. Tutto ciò, secondo l’Economist, potrebbe rendere il Senato “una calamita per la peggiore classe politica".



Ancora polemiche in Italia - La presa di posizione dell’Economist arriva a poco più di una settimana dal voto, quando la polemica tra il fronte del No e quello del Sì è sempre più accesa. Oltre all’articolo, ad aggiungere altra tensione arriva la verità sull’identità di Beatrice Di Maio e il suo “cyber fango”: si tratta di Tommasa Giovannoni Ottaviani, la moglie di Renato Brunetta. Inoltre, mentre Renzi incassa il sì alle riforme di Sergio Marchionne (“Mi dispiacerebbe se prevalesse il no”), le sindaco di Torino e Roma Chiara Appendino e Virginia Raggi fanno sapere che in caso di vittoria del sì rinunceranno al ruolo di senatrici. Un invito a votare contro "una riforma pericolosa" arriva anche da Silvio Berlusconi, che rilancia la necessità di trovare un accordo con il Pd per cambiare la legge elettorale e aggiunge: “Mattarella non farà votare con l'Italicum. Il rischio sarebbe di trovarci Grillo al governo".

 

 

 

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