Bersani sul Jobs Act: "Incostituzionale". Renzi: "Stupito"

Politica
Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi

L'ex segretario dem annuncia che diserterà l'incontro tra premier e  parlamentari Pd: "No a figuranti". Poi boccia la riforma del lavoro e quella costituzionale. E sull'Italicum: "Se resta così non lo voterò". La replica: "Decisioni sempre discusse"

Pier Luigi Bersani non andrà all'incontro dei parlamentari del Pd con Matteo Renzi previsto nel pomeriggio di oggi, venerdì 27 febbraio. "Non ci penso proprio. Perché io m'inchino alle esigenze della comunicazione, ma che gli organismi dirigenti debbano diventare figuranti di un film non ci sto", dice l'ex-segretario in una lunga intervista su Avvenire, i cui contenuti sono stati anticipati giovedì 26 febbraio (la rassegna stampa). E all'incontro potrebbero decidere di non partecipare neppure gli altri esponenti della minoranza Pd.

"Jobs Act incostituzionale" - Bersani si sofferma tra l'altro sulla riforma delle banche popolari, sul caso Rai-Mediaset e sulle liberalizzazioni. Negativo il giudizio sul Jobs act (tutti i video), che secondo l'ex segretario Pd "mette il lavoratore in un rapporto di forze pre-anni 70" e perciò si pone "fuori dall'ordinamento costituzionale".
Infine un secco 'avvertimento' al premier su Italicum e riforma costituzionale: "Il combinato disposto" tra i due testi, afferma, "rompe l'equilibrio democratico. Se la riforma della Costituzione va avanti così io non accetterò mai di votare la legge elettorale".

Renzi: "Stupito, non capisco la polemica" - E dopo qualche ora arriva la replica di Renzi, che si dice" stupito" dalla reazione della minoranza: "Non capisco - dice il premier - la polemica di queste ore sulle riunioni al Pd. Il nostro è un Partito Democratico, nel nome ma anche nelle scelte e nel metodo. Tutte le principali decisioni di questi 15 mesi sono state discusse e votate negli organismi di partito: dal Jobs Act fino alle riforme costituzionali, dalla legge elettorale alle misure sulla Legge di stabilità. Abbiamo organizzato iniziative su scuola, politica estera, Europa, forma partito, sociale, enti locali e molto altro".
"Nessuno ha la verità in tasca - aggiunge il segretario Pd - e nessuno vuole ricominciare con i caminetti ristretti vecchia maniera: noi siamo per il confronto, sempre. Aperto e inclusivo, senza che nessuno si senta escluso".

La replica: "Bene confronto ma effettivo non simbolico" - E altrettanto prontamente è arrivata la controreplica, con una nota di 20 senatori della minoranza. La lettera del segretario del partito - scrivono - "sembrerebbe indicare la volontà di un rilancio del confronto di merito all'interno del nostro gruppo parlamentare fra gruppi parlamentari e tra questi e il partito. Si tratta di una prospettiva di fondamentale importanza a cui siamo da sempre interessati", ma, osservano "proprio per questo le modalità e il merito della convocazione suscitano rilevanti perplessità che ci teniamo a rappresentarti".
"In primo luogo, quanto al metodo, riteniamo che la convocazione del gruppo parlamentare rientri nel ruolo precipuo del presidente, al fine di evitare convocazioni estemporanee, come tali poco compatibili con la partecipazione effettiva dei membri del gruppo e simboliche, cioè non strutturate in modo tale da permettere un'effettiva possibilità di confronto e di proposta". Poi, quanto al merito, "la convocazione non può, se vuole essere efficace ed efficiente, o quanto meno credibile, prevedere un'ora di discussione su temi di vastissima portata": fisco, scuola, ambiente o Rai "ma richiede l'individuazione ben più circoscritta e definita del tema che permetta e richieda al tempo stesso ai singoli parlamentari di arrivare preparati.

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