Jobs Act in Consiglio dei ministri

Politica

Il governo definisce i decreti attuativi e cerca la mediazione sui licenziamenti disciplinari. Renzi: "Più facile assumere, non licenziare". Sul tavolo anche Ilva, fisco e milleproroghe. Sacconi via Twitter: “O via articolo 18 o via esecutivo”

Jobs Act e Ilva oggi all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri natalizio, iniziato poco prima delle 13. Nei decreti attuativi del Jobs Act ci sarà il superamento dell'articolo 18, col reintegro escluso anche per licenziamenti disciplinari ingiustificati. "Sarà più facile assumere non licenziare", ha detto il premier Matteo Renzi. "Faremo il decreto che la delega prevede" ha assicurato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, ospite di Ballarò, alla domanda sul decreto attuativo sul contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. E a chi gli chiede se sia ancora necessario trovare un accordo nel governo risponde: "Siamo d'accordo sostanzialmente su tutto quanto, ma non è questa la sede nella quale io possa rappresentare quello che decide il Cdm". Poi ha aggiunto: “Le risorse per estendere l'Aspi, il sussidio di disoccupazione fino a due anni, ci sono: nella legge di stabilità di quest'anno ci sono 2,2 miliardi, poi 2 miliardi nel 2016 e altri 2 miliardi nel 2017”. Quanto al salario minimo "non ci sarà al Consiglio dei ministri, ma è nella delega" del Jobs Act e lo faremo”.

Il capogruppo al Senato di Area popolare, Maurizio Sacconi ha scritto via Twitter alla vigilia del Cdm:



Sul tavolo anche fisco, Ilva e mille proroghe - Sul tavolo del Cdm anche l'Ilva, che entrerà in amministrazione straordinaria secondo la legge Prodi-Marzano. In pratica tornerà pubblica per essere risanata e poi venduta ai privati. Il Consiglio dei ministri dovrà approvare anche le norme che attuano un pezzo importante della riforma del fisco per le imprese, alcune nomine e il decreto milleproroghe. In particolare approda al Consiglio dei ministri il decreto delegato che attua la riforma fiscale su sanzioni e 'abuso di diritto'. Le nuove norme modificano l'approccio del fisco sulle imprese, passando da un approccio punitivo a preventivo. Viene così elevata da 50 mila a 150 mila euro la soglia di evasione nella dichiarazione infedele per far scattare il reato penale e insieme arriva la cosiddetta "cooperative compliance": per dare certezze alle imprese si prevede l'affiancamento su base volontaria da parte degli esperti dell'Agenzia delle Entrate.

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