Il Colle diffonde la lettera inviata al Csm: necessario fare chiarezza, lo scontro interno alla procura di Milano rischiava di "indebolire la credibilità ed efficacia dell'azione giudiziaria"
Lo scontro all'interno della Procura di Milano rischiava di "indebolire la credibilità ed efficacia dell'azione giudiziaria", e, soprattutto, di "atomizzare" l'attività stessa degli uffici delle Procure italiane. Per cui era necessario fare chiarezza subito richiamando il Csm alle proprie funzioni, evitando cioè che assumesse "in tale materia ruoli impropri, dilatando i propri spazi di intervento". Ecco il cuore della lettera di Giorgio Napolitano al vicepresidente del Csm Michele Vietti alla vigilia di un plenum che rischiava di avere effetti devastanti per il già malandato sistema-Giustizia italiano.
Una lettera che si era deciso di tenere riservata e della quale tanto si è parlato in questi giorni tra gialli ed indiscrezioni. Troppe "polemiche e strumentalizzazioni", deve aver pensato il presidente della Repubblica. Per cui oggi la decisione di rendere pubblico online l'intero testo proprio per chiudere una vicenda che si stava trascinando con il suo carico di veleni e di retropensieri sul ruolo del Colle e quella lettera "riservata". E ciò soprattutto dopo la decisione del Plenum di archiviare l'esposto dell'aggiunto di Milano, Alfredo Robledo, che aveva accusato il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati di averlo tenuto fuori da alcune inchieste chiave come quella sul caso Ruby (FOTO - VIDEO).
"Ha vinto la procura di Milano, che esce dalla vicenda rafforzata nella sua autorevolezza", aveva commentato Vietti. In realtà, nonostante la materia sia stata passata al pg della Cassazione, Gianfranco Ciani, competente per l'azione disciplinare, è proprio Robledo ad uscire indebolito dalla vicenda da lui stesso sollevata.
La materia è complessa ma basta leggere con attenzione la lettera di Napolitano per avere ben chiaro come il Csm abbia seguito con estrema attenzione i suggerimenti generali del capo dello Stato. Napolitano non entra mai nel merito della vicenda milanese, ne tantomeno cita i nomi dei duellanti. Ma il suo pensiero è chiaro e la lettera preparata con grande attenzione giuridica e normativa. Dopo aver ricordato un suo intervento del giugno 2009 dove invitava a "superare gli elementi di disordine e di tensione manifestatisi nella vita di talune Procure", il presidente della repubblica ribadisce così le sue antiche convinzioni: "ciò che deve caratterizzare gli Uffici di procura è l'impersonalità e l'unitarietà della loro azione, sicché i criteri organizzativi di ogni singolo ufficio requirente non possono essere intesi come rigide regole immodificabili, in quanto deve sempre consentirsi una equilibrata elasticità nella loro applicazione, volta sempre al miglior esercizio dell'azione penale da parte dell'Ufficio nel suo complesso".
Ciò chiarito, e non è poco, Napolitano conferma che serve "un pacato riconoscimento delle funzioni ordinatrici e coordinatrici che spettano al Capo dell'Ufficio". Infatti, si legge ancora nella lettera, "le garanzie di indipendenza "interna" del Pubblico ministero riguardano l'ufficio nel suo complesso e non il singolo magistrato". Ma il passaggio che con tutta probabilità ha evitato la spaccatura del plenum e il cui ragionamento è stato accolto dal Csm è quello in cui si richiama una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Lì si sottolinea che "la riorganizzazione degli uffici del Pm ha costituito uno dei più significativi obiettivi della riforma dell'ordinamento giudiziario", che si caratterizza per "l'accentuazione del ruolo di "capo" del Procuratore della Repubblica, sia sul versante organizzativo sia su quello della gestione dei procedimenti, e per la corrispondente parziale compressione dell'autonomia dei singoli magistrati dell'ufficio". Caso archiviato quindi e, come scritto nella lettera del presidente, procedimento inviato al Pg della Cassazione, Gianfranco Ciani. Sentenza attesa "dopo l'estate".
Una lettera che si era deciso di tenere riservata e della quale tanto si è parlato in questi giorni tra gialli ed indiscrezioni. Troppe "polemiche e strumentalizzazioni", deve aver pensato il presidente della Repubblica. Per cui oggi la decisione di rendere pubblico online l'intero testo proprio per chiudere una vicenda che si stava trascinando con il suo carico di veleni e di retropensieri sul ruolo del Colle e quella lettera "riservata". E ciò soprattutto dopo la decisione del Plenum di archiviare l'esposto dell'aggiunto di Milano, Alfredo Robledo, che aveva accusato il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati di averlo tenuto fuori da alcune inchieste chiave come quella sul caso Ruby (FOTO - VIDEO).
"Ha vinto la procura di Milano, che esce dalla vicenda rafforzata nella sua autorevolezza", aveva commentato Vietti. In realtà, nonostante la materia sia stata passata al pg della Cassazione, Gianfranco Ciani, competente per l'azione disciplinare, è proprio Robledo ad uscire indebolito dalla vicenda da lui stesso sollevata.
La materia è complessa ma basta leggere con attenzione la lettera di Napolitano per avere ben chiaro come il Csm abbia seguito con estrema attenzione i suggerimenti generali del capo dello Stato. Napolitano non entra mai nel merito della vicenda milanese, ne tantomeno cita i nomi dei duellanti. Ma il suo pensiero è chiaro e la lettera preparata con grande attenzione giuridica e normativa. Dopo aver ricordato un suo intervento del giugno 2009 dove invitava a "superare gli elementi di disordine e di tensione manifestatisi nella vita di talune Procure", il presidente della repubblica ribadisce così le sue antiche convinzioni: "ciò che deve caratterizzare gli Uffici di procura è l'impersonalità e l'unitarietà della loro azione, sicché i criteri organizzativi di ogni singolo ufficio requirente non possono essere intesi come rigide regole immodificabili, in quanto deve sempre consentirsi una equilibrata elasticità nella loro applicazione, volta sempre al miglior esercizio dell'azione penale da parte dell'Ufficio nel suo complesso".
Ciò chiarito, e non è poco, Napolitano conferma che serve "un pacato riconoscimento delle funzioni ordinatrici e coordinatrici che spettano al Capo dell'Ufficio". Infatti, si legge ancora nella lettera, "le garanzie di indipendenza "interna" del Pubblico ministero riguardano l'ufficio nel suo complesso e non il singolo magistrato". Ma il passaggio che con tutta probabilità ha evitato la spaccatura del plenum e il cui ragionamento è stato accolto dal Csm è quello in cui si richiama una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Lì si sottolinea che "la riorganizzazione degli uffici del Pm ha costituito uno dei più significativi obiettivi della riforma dell'ordinamento giudiziario", che si caratterizza per "l'accentuazione del ruolo di "capo" del Procuratore della Repubblica, sia sul versante organizzativo sia su quello della gestione dei procedimenti, e per la corrispondente parziale compressione dell'autonomia dei singoli magistrati dell'ufficio". Caso archiviato quindi e, come scritto nella lettera del presidente, procedimento inviato al Pg della Cassazione, Gianfranco Ciani. Sentenza attesa "dopo l'estate".