Italicum alla prova della Camera: ok le prime votazioni

Politica

A Montecitorio la nuova legge elettorale supera lo scoglio del voto segreto e l’accordo Pd-Fi-Ncd sembra reggere. Ma cresce il malumore per il no alla parità di genere. Renzi: “Su riforma del Senato mi gioco la vittoria della scommessa"

Primo esame superato per l’Italicum. Nella giornata di mercoledì 5 marzo è iniziato alla Camera il voto sugli emendamenti alla riforma elettorale e al primo test dello scrutinio segreto l'accordo siglato martedì tra Renzi, Berlusconi e Alfano ha retto. Ma questo non significa che la quadra sia stata trovata, anzi: la richiesta bipartisan delle deputate di inserire le quote rosa nel testo, su cui Forza Italia è contraria, crea tensioni anche su altri punti. In questo contesto il premier Matteo Renzi ha insistito sul legame tra legge elettorale e riforma del Senato, sulla cui realizzazione ha detto di "giocarsi" tutto.
Messo alla prova del voto segreto, il patto Pd-Ncd-Fi in ogni caso ha retto. Proprio sulla prima votazione, quella che prevedeva la cancellazione dell'intera legge, è stato chiesto lo scrutinio segreto da parte di Gennaro Migliore (Sel). L'emendamento, presentato da M5s, è stato respinto con 341 “no” e 188 “sì”.

Nervi tesi per la parità di genere - Ma non tutto fila liscio. L'equilibrio si regge se non si cambia nulla, ed è tornata prepotente la richiesta di inserire la parità di genere nelle liste bloccate. Ci sono diversi emendamenti bipartisan che chiedono l'alternanza uomo/donna nei listini e tra i capolista all'interno di ogni Regione. Il Pd appoggia gli emendamenti ma Forza Italia difende l'attuale testo, che permette due nomi di seguito dello stesso sesso. La tensione è salita proprio dentro Forza Italia dove molte deputate (tra le altre, Stefania Prestigiacomo, Renata Polverini, Mara Carfagna, Micaela Biancofiore e Annagrazia Calabria) hanno minacciato di votare in dissenso dal partito. La ritorsione che i deputati maschi hanno a loro volta minacciato è stata il loro appoggio agli emendamenti che introducono la preferenza.

La legge torna in aula giovedì - Il capogruppo Dem in commissione Affari costituzionali, Emanuele Fiano, è sembrato rivolgersi a tutti quando ha invitato a votare il testo "senza modifiche che esulino dall'accordo generale", pena il rischio che salti.
In attesa che la notte porti consiglio (la legge torna in Aula alle 10.30 di giovedì 6 marzo) sono stati accantonati gli altri emendamenti oggetto del patto, come quello che affida al governo il compito di disegnare i nuovi collegi (Forza Italia vorrebbe che lo facesse il Parlamento). A complicare le cose ci sono anche i dissensi dei partiti più piccoli (Sc, Pi Cd) che emergono con forza da dichiarazioni come quelle di Mario Mauro, che preannuncia un ricorso alla Corte costituzionale. O di Pino Pisicchio, che chiede modifiche.

Grillo alza la voce, Napolitano non commenta - Beppe Grillo, dalla sua villa di Sant'Ilario ha tuonato contro il Quirinale che a suo giudizio dovrebbe far sentire "alto e forte il suo monito". Interpellato proprio sulla nuova legge elettorale e sulle riforme, Napolitano si è attenuto alle proprie prerogative non commentando: "Lasciamo lavorare la Camera", ha replicato chiedendo "coesione" delle forze politiche su questi temi. Ma in un convegno dell'associazione degli ex parlamentari sulla riforma elettorale, a cui sono intervenuti alcuni costituzionalisti, più d'uno, tra cui Gaetano Azzariti, ha posto l'interrogativo: Napolitano promulgherà questa legge?

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