Ablyazov, bufera su Alfano. Vertici della polizia in bilico

Politica

La relazione di Pansa sul caso della moglie del dissidente kazako espulsa dall' Italia con la figlia è arrivata sul tavolo del ministro dell'Interno. Il Pdl lo difende, M5S e Sel chiedono la sfiducia. Bonino a SkyTG24: "Umanamente amareggiata"

La relazione del capo della polizia Alessandro Pansa sul caso Ablyazov è arrivata sul tavolo del ministro dell'Interno Angelino Alfano, che valuterà le responsabilità dei dirigenti e dei funzionari che hanno trattato la vicenda, e prenderà i conseguenti provvedimenti. Fare presto è stato l'imperativo del premier Enrico Letta e nelle alte stanze del Viminale c'è già chi si accinge a fare gli scatoloni.

Da parte sua Alfano è apparso tranquillo ai suoi collaboratori. La sua posizione l'ha ribadita più volte: lui nulla ha saputo della piega che ha preso la vicenda con il blitz e l'espulsione-lampo della moglie di Ablyazov e di sua figlia. Quanto al peccato di 'omesso controllo', la difesa è che in una struttura così grande come quella del Viminale è impossibile avere un occhio per tutto quello che accade e proprio per questo il ministro conta su una squadra che lo supporta nelle sue decisioni. Una squadra che in questo momento è sotto torchio per l'indagine che sta portando avanti Pansa. Una difesa che non basta all'opposizione, con M5S e Sel che chiedono la sfiducia del titolare del Viminale. Attacchi arrivano anche da Matteo Renzi che durante un comizio avverte: così l'accordo con il Pdl non andrà avanti per molto.

La relazione non dovrebbe proporre i nomi dei "colpevoli", ma ricostruirà tutti i contorti passaggi di quei giorni di fine maggio. Spetterà poi al ministro Alfano proporre la sanzione per i responsabili della "mancata informativa". Sì perché la nota di Palazzo Chigi che annuncia la revoca dell'espulsione per Alma Shalabayeva sottolinea "la regolarità formale" del procedimento di espulsione, mentre si lamenta il fatto che il Governo, ministro dell'Interno in primis, sia stato tenuto all'oscuro.

Ci sono dunque due livelli da considerare: la mancata informativa - sulla quale appunto relazionerà Pansa - e la regolarità del procedimento, asserita in un primo momento, salvo poi fare marcia indietro e revocare l'espulsione. Chi avrebbe dovuto avvertire il ministro? Il primo nome della catena è naturalmente quello del suo capo di Gabinetto, Giuseppe Procaccini, la cui posizione sembra fortemente a rischio. Come spesso accade in casi analoghi, è a lui che Alfano gira la richiesta arrivatagli dall'ambasciatore kazako di catturare quello che viene presentato come un latitante armato, pericoloso e ricercato dall'Interpol, Mukhtar Ablyazov. Siamo alla fine di maggio, il posto di capo della polizia è ancora vacante dopo la morte di Antonio Manganelli. A reggere le redini del Dipartimento è il vicario Alessandro Marangoni. Anche la sua posizione appare delicata. Sembra che Procaccini abbia girato la richiesta kazaka all'attenzione di Alessandro Valeri, capo della segreteria di Marangoni. Da qui la palla sarebbe poi finita nelle mani della questura di Roma - guidata da Fulvio della Rocca - che è intervenuta con la Squadra Mobile, dopo avere avuto dall'Interpol la conferma che il kazako è in effetti un ricercato. Qui entro in gioco un altro nome 'pesante', quello del vicecapo della polizia Francesco Cirillo, che sovrintende la Criminalpol ed è responsabile dei rapporti con l'Interpol, da cui non sarebbe arrivata l'informazione che il dissidente godeva di asilo politico a Londra. Ognuno di questi alti funzionari, in un modo o nell'altro, ha avuto la responsabilità di non aver sentito puzza di bruciato, di non capire che non si trattava di uno dei normali casi di catture ed espulsioni che quotidianamente interessano le forze di polizia e che quindi il ministro andava tenuto al corrente dell'operazione. Dai provvedimenti che saranno adottati potrebbero anche determinarsi le condizioni per rinnovare i vertici della Polizia, dopo la recente nomina di Pansa. Nelle prossime settimane, infatti, nomi nuovi entreranno in alcuni posti chiave.

C'è poi la questione regolarità della procedura, salvaguardata venerdì 12 luglio dal Governo, ma che regolare non è invece stata, nonostante il 'timbro' emesso da quattro distinti provvedimenti dell'autorita' giudiziaria di Roma. Restano, infatti tutti i dubbi su una serie di forzature attuate, secondo una lettura, per assecondare le pressanti richieste dell'ambasciata kazaka, Paese con cui l'Italia ha un'alleanza strategica nel settore energetico. Ma fonti di polizia replicano che l'iter e' stato regolare: dai controlli fatti il 29 maggio la donna risultava una clandestina con il passaporto manomesso (poi risultato regolare) e dunque e' stato seguito un iter veloce di espulsione. Solo successivamente gli avvocati della donna hanno presentato una documentazione aggiuntiva da cui risultava che la kazaka aveva un permesso di soggiorno lettone valido nei Paesi Schengen con scadenza a fine ottobre.

Mentre si cerca di far luce sulle responsabilità, su un altro fronte, quello che riguarda direttamente la situazione di Alma Shalabayeva, si starebbe lavorando per un suo ritorno in Italia, che non e' da escludersi. Di fatto, essendo stata revocata l'espulsione, la donna puo' rientrare. Le ultime righe del comunicato con cui il governo il 12 luglio ha revocato l'espulsione inquadrano bene il terreno sui cui ci si muove: "A seguito della revoca del provvedimento che verrà immediatamente resa nota alle autorità kazake attraverso i canali diplomatici - riferiva il testo - la signora Alma Shalabayeva potrà rientrare in Italia, dove potrà chiarire la propria posizione". Alcuni passi per arrivare a questo risultato sarebbero già stati compiuti.

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