Legge elettorale e governo, tensione nel Pd

Politica

Proseguono le polemiche e le divisioni all'interno del Partito democratico sulla proposta per tornare al 'Mattarellum'. Critici anche Bindi e Civati. Renzi: "Esecutivo di larghe intese non diventi di lunghe attese"

Matteo Renzi non usa giri di parole, "questo governo di larghe intese non diventi il governo di lunghe attese. L'Italia non può più aspettare", dice. E, dal canto loro, alcuni deputati democratici indicano chiaramente l'orizzonte del sindaco di Firenze: "Questo governo è come uno yogurt e la scadenza è nel 2014...".
Le frasi di Renzi arrivano alla fine di una lunga polemica interna al Pd, durata tutto il giorno di giovedì 30 maggio, e scatenata dalla proposta di uno degli uomini vicini al rottamatore, il parlamentare Roberto Giachetti con una mozione che chiedeva il ritorno del sistema elettorale 'Mattarellum'.
Accanto a lui altri deputati - in un primo momento erano 110 - che poi hanno ritirato la firma.  A fare da sfondo, il risultato del voto sulle mozioni delel riforme istituzionali, frutto di un lavorio sotto traccia dei vertici di largo del Nazareno ma anche del governo.

Le perplessità di altri parlamentari - E proprio la discussione delle mozioni ha contribuito a spaccare il partito. Un nutrito gruppo di parlamentari del Pd. In 43 sottolineano alcuni "elementi di preoccupazione" sul metodo e sul rinvio della riforma elettorale alla fine del percorso, con il rischio che il Porcellum resti. Il documento porta la firma tra l'altro di Rosy Bindi, Pippo Civati, Laura Puppato, della renziana Nadia Ginetti e dei prodiani Franco Monaco e Sandra Zampa, e di Walter Tocci.

Scambio di sms tra Letta e Renzi - E che la tensione tra il premier Letta e Renzi sia alta, lo confermano diversi osservatori sui quotidiani di oggi (la rassegna stampa) A darne conferma, uno scambio in serata di sms tra i diretti interessati, nel quale il presidente del Consiglio avrebbe detto al sindaco di Firenze di tranquillizzare i deputati che vogliono appoggiare la mozione.
Letta ha seguito il dibattito sulle riforme per tutta la giornata, ascoltando gli interventi dei deputati e i senatori e poi replicando sia a Montecitorio che a palazzo Madama. Con alcuni senatori il premier ha anche analizzato la strategia di Renzi. Vuole mettere una scadenza al governo, non ci riuscirà, l'analisi fornita a chi gli ha chiesto se l'esecutivo potesse cadere proprio sulle riforme.
Il presidente del Consiglio anche in Aula ha spiegato come il fenomeno dell'astensionismo sulle amministrative sia un campanello d'allarme per tutti. Ma dall'esito del voto il governo è uscito rafforzato e, spiega anche un deputato vicino al premier, si e' capito come Berlusconi non intenda andare al voto anticipato.

Letta: "Orizzonte di 18 mesi per riforme" -L'orizzonte di Letta è già stato indicato più volte, quei 18 mesi che servono al completamento dell'iter delle riforme. L'obiettivo è poter gestire non solo il treno delle riforme e portare avanti i provvedimenti economici che servono alla ripresa del Paese, ma anche il semestre europeo.
Del resto la notizia che Bruxelles ha chiuso la procedura di infrazione per deficit eccessivo è un viatico per il percorso del presidente del Consiglio in Europa. I primi risultati chiaramente dovranno arrivare dalla riunione del Consiglio europeo di fine giugno sul tema del lavoro, anche se la consapevolezza è che la Germania prima delle elezioni non promuoverà alcuna 'svolta'.
Ma per ora a preoccupare Letta più che i mal di pancia dei 'falchi' del Pdl, sono le tensioni che potrebbero scaturire proprio nel Pd in vista del congresso.

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