Il presidente della Repubblica riceve le proposte dei dieci saggi, mentre continuano gli incontri per trovare un'intesa su esecutivo e nuovo capo dello Stato. Intanto, nel centrodestra, continua la fronda all'interno della Lega
Giorgio Napolitano consegnerà al suo successore una sorta di testamento politico. La bozza dei saggi presentata al Quirinale rappresenta infatti la perfetta piattaforma programmatica di quel governo di scopo che il capo dello Stato avrebbe visto quale unico possibile esito delle ultime elezioni.
Napolitano è stato molto chiaro nel sottolineare come spetti adesso al nuovo presidente della Repubblica e alle forze politiche trarne le conclusioni.
La bozza infatti è la dimostrazione che il dialogo è possibile: del comitato dei saggi facevano parte uomini di diversa formazione e provenienza. Perché i partiti non dovrebbero ricreare un analogo clima di dialogo? L'interrogativo è tutt'altro che retorico. Nella bozza ci sono una serie di punti ampiamente condivisi e che potrebbero essere tradotti in pratica nel giro di un anno da un esecutivo con un programma limitato.
I nomi per il Quirinale - Il punto è se esista anche la volontà politica di sostenere un tale programma. A partire dalla scelta condivisa del capo dello Stato.
Sul nome del successore di Napolitano in realtà il Pdl è abbastanza disponibile. La rosa nelle mani di Bersani (Amato, D'Alema, Mattarella, Violante) ha petali graditi al Cavaliere.
E anche il silenzio calato sulla riconferma di Napolitano fa capire che questa resta una via d'uscita d'emergenza nel caso che i veti incrociati blocchino le altre strade. Il vero nodo è la situazione interna del Pd. Il segretario non sembra in grado di imporre un percorso di larghe intese.
La linea Renzi (accordo con Berlusconi o urne) appare maggioritaria nei sondaggi ma non nel partito. Dove peraltro sta sorgendo l'astro di Fabrizio Barca che ha presentato il suo manifesto per un "partito nuovo del buon governo". Barca potrebbe raccogliere attorno al suo documento la sinistra interna e anche forze nuove (c'è chi spera nella confluenza di Sel). Ne deriva che a Bersani manca la principale carta negoziale da giocare con Berlusconi, vale a dire l'accettazione di un governo Pd-Pdl.
La fronda dentro la Lega - Intanto nel centrodestra è esplosa all'improvviso la diaspora leghista: la resa dei conti interna al Carroccio, con Umberto Bossi pronto a lasciare la sua creatura (ipotesi poi smentita dal diretto interessato), certo non rafforza le carte di Berlusconi.
Anche perché Roberto Maroni ha chiarito che la Lega nella partita per il Colle si muove in autonomia: un primo risultato si è visto con la secca bocciatura del nome di Amato, gradito invece al leader Pdl.
Anche il fiasco delle "Quirinarie" di Beppe Grillo è per il Pd una buona notizia. Le ironie del web, la diffusa percezione che le consultazioni on line tagliano fuori una larga fetta di popolazione che non ha accesso alla rete (dai poveri agli anziani), aiutano i democratici a tenere sotto pressione i 5 stelle perche' rivedano la rigidita' di certe blindature.
Insomma, se entro il 18 aprile non si sarà chiuso l'accordo per il Colle, Bersani potrebbe essere tentato di tornare alla strategia dell'autosufficienza. Un nome come quello di Prodi, dal quarto scrutinio in poi, potrebbe essere in grado di raccogliere nel segreto dell'urna l'appoggio di molti grillini. E' questo pericolo che viene fatto balenare agli occhi del Cavaliere per convincerlo ad accettare il sostegno esterno ad un governo di transizione, negoziato proprio sulla base della bozza dei 10 saggi.
Napolitano è stato molto chiaro nel sottolineare come spetti adesso al nuovo presidente della Repubblica e alle forze politiche trarne le conclusioni.
La bozza infatti è la dimostrazione che il dialogo è possibile: del comitato dei saggi facevano parte uomini di diversa formazione e provenienza. Perché i partiti non dovrebbero ricreare un analogo clima di dialogo? L'interrogativo è tutt'altro che retorico. Nella bozza ci sono una serie di punti ampiamente condivisi e che potrebbero essere tradotti in pratica nel giro di un anno da un esecutivo con un programma limitato.
I nomi per il Quirinale - Il punto è se esista anche la volontà politica di sostenere un tale programma. A partire dalla scelta condivisa del capo dello Stato.
Sul nome del successore di Napolitano in realtà il Pdl è abbastanza disponibile. La rosa nelle mani di Bersani (Amato, D'Alema, Mattarella, Violante) ha petali graditi al Cavaliere.
E anche il silenzio calato sulla riconferma di Napolitano fa capire che questa resta una via d'uscita d'emergenza nel caso che i veti incrociati blocchino le altre strade. Il vero nodo è la situazione interna del Pd. Il segretario non sembra in grado di imporre un percorso di larghe intese.
La linea Renzi (accordo con Berlusconi o urne) appare maggioritaria nei sondaggi ma non nel partito. Dove peraltro sta sorgendo l'astro di Fabrizio Barca che ha presentato il suo manifesto per un "partito nuovo del buon governo". Barca potrebbe raccogliere attorno al suo documento la sinistra interna e anche forze nuove (c'è chi spera nella confluenza di Sel). Ne deriva che a Bersani manca la principale carta negoziale da giocare con Berlusconi, vale a dire l'accettazione di un governo Pd-Pdl.
La fronda dentro la Lega - Intanto nel centrodestra è esplosa all'improvviso la diaspora leghista: la resa dei conti interna al Carroccio, con Umberto Bossi pronto a lasciare la sua creatura (ipotesi poi smentita dal diretto interessato), certo non rafforza le carte di Berlusconi.
Anche perché Roberto Maroni ha chiarito che la Lega nella partita per il Colle si muove in autonomia: un primo risultato si è visto con la secca bocciatura del nome di Amato, gradito invece al leader Pdl.
Anche il fiasco delle "Quirinarie" di Beppe Grillo è per il Pd una buona notizia. Le ironie del web, la diffusa percezione che le consultazioni on line tagliano fuori una larga fetta di popolazione che non ha accesso alla rete (dai poveri agli anziani), aiutano i democratici a tenere sotto pressione i 5 stelle perche' rivedano la rigidita' di certe blindature.
Insomma, se entro il 18 aprile non si sarà chiuso l'accordo per il Colle, Bersani potrebbe essere tentato di tornare alla strategia dell'autosufficienza. Un nome come quello di Prodi, dal quarto scrutinio in poi, potrebbe essere in grado di raccogliere nel segreto dell'urna l'appoggio di molti grillini. E' questo pericolo che viene fatto balenare agli occhi del Cavaliere per convincerlo ad accettare il sostegno esterno ad un governo di transizione, negoziato proprio sulla base della bozza dei 10 saggi.