Dopo la nuova ondata di consultazioni, il Capo dello Stato si prende un "momento di riflessione". Il vicesegretario democratico Letta: "Avrà il nostro supporto". Il Pdl chiede "larghe intese". Crimi: "Il Presidente ha escluso esecutivo tecnico"
Sono le otto di sera del venerdì santo, quando Giorgio Napolitano fa sapere che, dopo le nuove consultazioni con le forze politiche, prenderà "qualche momento di riflessione". Rispetto a 24 ore prima, il quadro politico è mutato, con il Pd che sembra aprire ad un governo del presidente: "Gli esprimiamo profonda gratitudine e fiducia piena - dice Enrico Letta dopo le consultazioni - dicendo che non mancherà il nostro supporto responsabile alle decisioni che lui in queste ore prenderà". A stretto giro arriva il Pdl: "Ci rimettiamo con fiducia alle valutazioni del Presidente Napolitano". Ma la soluzione del governo tecnico sembra non essere all'orizzonte secondo quanto scrive su Facebook Vito Crimi: "Il Presidente Napolitano ha nettamente escluso l'eventualità di un governo tecnico, sostenendo che l'unico governo che può essere formato non può essere altro che un governo politico".
Per tutto il giorno, d'altra parte, Berlusconi ha insistito sul governo politico di coalizione a guida Pd (Bersani o "anche un altro candidato"), mentre Grillo assicurava che mai il M5S appoggerà tentativi altrui. E anche il Pdl mette agli atti che "mai e in nessun caso il Capo dello Stato, nei colloqui con noi, ha preso in considerazione e quindi neppure avanzato ipotesi di cosiddetti 'Governi del Presidente' o 'istituzionali' o 'tecnici', che avrebbero visto comunque la contrarietà non solo nostra, ma della enorme maggioranza degli italiani, dopo la fallimentare esperienza del governo Monti".
Resta dunque la chiusura del Pdl, con Alfano che affonda "il tentativo del Pd di scaricare su altri responsabilità che sono tutte e solo sue". Ma il Pd, con Enrico Letta, consegna il cerino in mano agli avversari politici: "Con rammarico abbiamo ascoltato i troppi no pronunciati in questi giorni, compresi quelli al governo istituzionale e del presidente pronunciati oggi, e quelli detti a Bersani, rischiano di negare la possibilita' che il cambiamento possa effettivamente avvenire".
Martedì, alla riapertura dei mercati, il quadro dovrà essere chiaro e sarà Napolitano a dover scegliere: la strada più probabile è quella di un governo del presidente (con a capo uno dei nomi circolati: Saccomanni, Cancellieri, Giovannini, Gallo), ma resta persino possibile che il Capo dello Stato decida di mandare Bersani alle Camere (ipotesi improbabile ed indebolita dalla apertura del Pd al governo scelto dal Capo dello Stato). Così come va registrata la voce - circolata per tutto il giorno nei Palazzi della politica ma smentita con fermezza dal Colle - che possano arrivare a sorpresa le dimissioni di Napolitano, per lasciare ogni decisione ad un Capo dello Stato non 'indebolito' dal semestre bianco e quindi in grado di sciogliere le Camere per andare subito al voto. E' certo invece che non ci sarà né un governissimo (per la chiusura netta del Pd), né una convenzione per le riforme (stavolta per il no del Pdl, nonostante il Pd insista nel dire che "quello è l'unico luogo della legittimazione reciproca" e che non si può tornare al voto con il porcellum).
Per tutto il giorno, d'altra parte, Berlusconi ha insistito sul governo politico di coalizione a guida Pd (Bersani o "anche un altro candidato"), mentre Grillo assicurava che mai il M5S appoggerà tentativi altrui. E anche il Pdl mette agli atti che "mai e in nessun caso il Capo dello Stato, nei colloqui con noi, ha preso in considerazione e quindi neppure avanzato ipotesi di cosiddetti 'Governi del Presidente' o 'istituzionali' o 'tecnici', che avrebbero visto comunque la contrarietà non solo nostra, ma della enorme maggioranza degli italiani, dopo la fallimentare esperienza del governo Monti".
Resta dunque la chiusura del Pdl, con Alfano che affonda "il tentativo del Pd di scaricare su altri responsabilità che sono tutte e solo sue". Ma il Pd, con Enrico Letta, consegna il cerino in mano agli avversari politici: "Con rammarico abbiamo ascoltato i troppi no pronunciati in questi giorni, compresi quelli al governo istituzionale e del presidente pronunciati oggi, e quelli detti a Bersani, rischiano di negare la possibilita' che il cambiamento possa effettivamente avvenire".
Martedì, alla riapertura dei mercati, il quadro dovrà essere chiaro e sarà Napolitano a dover scegliere: la strada più probabile è quella di un governo del presidente (con a capo uno dei nomi circolati: Saccomanni, Cancellieri, Giovannini, Gallo), ma resta persino possibile che il Capo dello Stato decida di mandare Bersani alle Camere (ipotesi improbabile ed indebolita dalla apertura del Pd al governo scelto dal Capo dello Stato). Così come va registrata la voce - circolata per tutto il giorno nei Palazzi della politica ma smentita con fermezza dal Colle - che possano arrivare a sorpresa le dimissioni di Napolitano, per lasciare ogni decisione ad un Capo dello Stato non 'indebolito' dal semestre bianco e quindi in grado di sciogliere le Camere per andare subito al voto. E' certo invece che non ci sarà né un governissimo (per la chiusura netta del Pd), né una convenzione per le riforme (stavolta per il no del Pdl, nonostante il Pd insista nel dire che "quello è l'unico luogo della legittimazione reciproca" e che non si può tornare al voto con il porcellum).