Berlusconi propone Alfano vicepremier. Bersani: “Siamo seri”

Politica

Il segretario del Pd, che giovedì salirà al Colle, respinge l’idea del leader del Pdl: “Non si può annunciare guerra e poi dare abbracci”. Sui nomi per il Quirinale: “Non ora”. E durante la direzione del Pd dice: “Non chiediamo a nessuno l’impossibile”

Dopo 48 ore, concesse per spingere i partiti "ad un'assunzione di responsabilità", martedì 26 marzo entra nel vivo la partita di Pier Luigi Bersani (qui la cronaca della giornata) che giovedì 28 marzo dovrà salire al Colle per riferire al presidente Giorgio Napolitano se ha i numeri per andare avanti o se rinunciare al mandato. "Viste le emergenze del paese, servirebbe un governo dei miracoli", è la formula usata dal segretario del Pd per descrivere i problemi sociali ma un po' anche la difficoltà della sua impresa, complici anche le tensioni interne nonostante la tregua armata siglata in una direzione-lampo.

Come spiega con realismo Anna Finocchiaro, l'obiettivo delle consultazioni è sì di allargare la maggioranza di 123 senatori a Palazzo Madama ma anche di cercare un appoggio "non aperto" di forze politiche per far nascere un governo. "Non chiediamo a nessuno l'impossibile - chiarisce Bersani in direzione - con Scelta Civica un'intesa è possibile, alle altre forze di non impedire questa soluzione". Per raggiungere la desistenza della Lega, non fa però ben sperare l'annuncio di Roberto Maroni, che nel pomeriggio del 26 marzo la Lega andrà dal segretario insieme al Pdl. Ai 16 senatori del Carroccio il Pd guarda ma "è difficile - spiegano nel Partito democratico - che la Lega si muova senza un via libera del Cavaliere". Via libera che, però, sembra condizionato ogni giorno da proposte diverse e da un paletto inamovibile: una scelta condivisa sul nome di un moderato per il Quirinale.

Alla boutade quotidiana del Cavaliere, cioè il ticket Bersani premier-Alfano vicepremier, il leader Pd non ha neanche voglia di scherzare: "Siamo al dunque, siamo seri, non si può annunciare al mattino la guerra mondiale e al pomeriggio dare abbracci". Più complessa la questione della partita per il Colle: ufficialmente Pier Luigi Bersani non vuole sovrapporre il piano del governo con quello del Quirinale, "se ne discuterà a tempo debito e non è il caso di mescolare i temi". Ma Enrico Letta, in accordo con il segretario, spiega che, pur escludendo "scambi", l'elezione del presidente della Repubblica "deve avvenire con un coinvolgimento molto largo e non per qualche voto in più”. Disponibilità che sarà ribadita il 26 marzo nell'incontro con Angelino Alfano e Roberto Maroni, dove Bersani chiederà un sostegno al suo governo in cambio di un dialogo sulle riforme "in tempi certi", magari attraverso una nuova Bicamerale, assicurando anche un confronto comune per la scelta del nuovo presidente della Repubblica. Ma Bersani oltre non va, escludendo larghe intese almeno finché sarà lui a gestire la partita.

Ed è sull'attesa dell'esito del tentativo del segretario che il Pd ha siglato tra il 24 e il 25 marzo una tregua armata tra chi, come Matteo Renzi ed i veltroniani, esclude il ritorno al voto se il leader fallisce e l'area dei 'giovani turchi' determinati all'aut-aut 'O Bersani o voto'. "Il tentativo Bersani è complicato ma possibile. Ma senza l'unità del Pd è impossibile" è l'appello, forse l'ultimo prima del vero redde rationem, di Enrico Letta. Al quale già dal 24 marzo Matteo Renzi ha aderito: "Spero che Bersani ce la faccia, la mia lealtà è fuori discussione", garantisce il sindaco di Firenze, che, pur scettico sulla riuscita, richiama i suoi in attesa di capire come andrà a finire.

Nella giornata del 25 marzo Bersani ha incontrato anche le parti sociali. Al termine delle consultazioni il leader della Cisl Raffaele Bonanni ha bocciato categoricamente l'ipotesi di un nuovo voto. "La verità è che c'è una situazione drammatica. Serve un governo subito".

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