Il Pdl non vota la fiducia. Monti: "Aspetto il Colle"

Politica

Il partito si astiene sul dl sviluppo al Senato e sui costi della politica alla Camera e lancia un segnale al governo. La decisione dopo le critiche di Passera al ritorno di Berlusconi. Alfano: “Niente primarie”. Napolitano: “Non mandiamo tutto a picco”

Silvio Berlusconi torna al timone del Pdl e si prepara a dare l'addio alla “strana maggioranza” che sostiene il governo del premier Mario Monti. Il primo segnale della presa di distanza dall'esecutivo è arrivato giovedì 6 dicembre con la decisione (l'input ai gruppi sarebbe partito dopo un'ennesima riunione a palazzo Grazioli) di non votare la fiducia ai provvedimenti in esame alla Camera e al Senato. Una mossa solo politica visto che gli stessi pidiellini hanno garantito il numero legale per il via libera ai provvedimenti.
Le fibrillazioni però si sono fatte sentire tra i partiti (Bersani e Casini si dicono preoccupati) e soprattutto sui mercati, con lo spread che è tornato a risalire.

Monti fiducioso, Napolitano in allerta - Ma Mario Monti non si è fatto intimorire e si è posto in fiduciosa attesa rispetto alle prossime mosse del Quirinale ("Aspetto il Colle" - VIDEO), che certo chiamerà presto a rapporto tutti leader delle forze politiche della maggioranza. Il Colle infatti ha bisogno ora di sondare le forze politiche per poi decidere i passi successivi (pesa tra l'altro il requiem sulla riforma elettorale) anche se il governo ha alla fine incassato ancora una volta la fiducia (doppia ma "mutilata").
Ma intanto il Capo dello Stato ha bacchettato le forze politiche per le "convulsioni" di cui sono preda, che rischiano di "bruciare" i buoni risultati fin qui conseguiti. Guai - ha ammonito Giorgio Napolitano - mandare "tutto a picco".

Venerdì Alfano incontra il Capo dello Stato
- I tempi sono tutti da definire ma dopo la legge di stabilità per Berlusconi la legislatura è conclusa. Sarà quello che venerdì 7 dicembre la delegazione pidiellina guidata dal segretario Alfano dirà a Giorgio Napolitano. Con il Quirinale si affronterà anche il discorso dell'election day, cavallo di battaglia del partito. L'ipotesi di votare a febbraio è altamente improbabile ma, al Popolo della Libertà andrebbe bene la anche il voto a marzo accorpando Molise, Lombardia e politiche. L'obiettivo del Cavaliere, raccontano, è quello di arrivare ad una sorta di “guerra di logoramento” e cioè prendere ufficialmente le distanze dall'esecutivo e lasciare che siano il capo del governo ed il Presidente della Repubblica a studiare le mosse: Se Monti - è il ragionamento che fanno molti nel Pdl - vuole andare avanti riuscendo ad avere i numeri nessuno può impedirgli di farlo. Una strada però, che a detta dei pidiellini, il Professore non sarebbe intenzionato a seguire. Ma comunque in caso di “conta” il mandato è quello di votare contro.

Rottura causata da election day e “liste pulite” - Lo “strappo” a cui è arrivato Berlusconi nasce da una serie di valutazioni: la goccia che ha fatto traboccare il vaso è sicuramente la decisione del Consiglio dei ministri di negare l'election day e di approvare, senza modifiche, la legge sulle cosiddette “liste' pulite”. Ma, questo non è bastato perché l'ex capo del governo aveva già avuto segnali di una fumata nera da parte del governo. Berlusconi - spiega uno dei fedelissimi - ha capito che non aveva più molto tempo per ufficializzare il suo ritorno visti i sondaggi a picco che potrebbero subire un ulteriore contraccolpo in vista del 17 dicembre giorno in cui scadrà la seconda rata dell'Imu, la tassa sulla casa.

Partito ricompattato, a parte Pisanu e Frattini - Certo, l'idea che poi il Cavaliere sia il candidato premier di una coalizione di centrodestra è tutto da vedere perché una delle ipotesi è che alla fine l'ex premier faccia un passo indietro tirando la volata ad un altro. Difficilmente però sarà Angelino Alfano. Su una cosa però non ci sono dubbi, il rientro del Cavaliere ha ricompattato il partito (l'idea di uno spacchettamento al momento è accantonata) ed ampliato con tanti “ritorni” la platea dei berlusconiani. La decisione di prendere le distanze dal governo però ha fatto emergere alcuni distinguo, l'ex ministro dell'Interno Beppe Pisanu e Franco Frattini ad esempio hanno deciso di votare la fiducia al governo, una presa di posizione che l'ex premier non avrebbe gradito in un momento in cui chiedeva il massimo della compattezza.

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