Roma: con un (finto) rimpasto Alemanno blocca ricorso donne

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Per evitare una seconda condanna per mancato rispetto delle pari opportunità, il sindaco di Roma azzera e rinomina la sua giunta. I due assessori donna ottengono più deleghe, ma per il resto nulla cambia. E l'opposizione protesta: "Una porcata"

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Gianni Alemanno azzera la sua giunta e con lo stesso atto la rinomina, tale e quale. Sì, proprio così: toglie i poteri ai suoi assessori e un secondo dopo glieli restituisce intatti. Concedendo anzi alle uniche due donne qualche delega in più. Un “numero di prestigio”, il “gioco delle tre carte”, lo definisce l’opposizione. Ma il mistero è presto svelato: con una mossa ben ponderata, il sindaco di Roma 'blinda' la sua squadra di governo. E blocca un ricorso pendente davanti al Tar, per mancato rispetto del principio di pari opportunità.

E’ il terzo rimpasto di giunta in un anno, quello che si è consumato ieri pomeriggio, in pochissimi minuti e senza traumi, in Campidoglio. Il primo era arrivato per decisione di Alemanno a gennaio 2011, per rilanciare la sua azione dopo lo scandalo 'Parentopoli'. Il secondo, invece, è stato imposto dal Tar del Lazio a luglio: tra i dodici assessori sedeva una sola donna e allora i giudici amministrativi hanno sciolto la giunta e chiesto al sindaco di aumentare la presenza femminile, per rispettare il principio di pari opportunità. Detto, fatto. Alemanno ha preso atto della sentenza e ha sacrificato un uomo, portando il numero delle ‘assessore’ da una a due. Ma non era abbastanza, secondo le ricorrenti. Che si sono rivolte di nuovo al Tar.

Il tribunale amministrativo si sarebbe dovuto riunire a partire dal prossimo 25 gennaio, per decidere se azzerare di nuovo la giunta (ancora poco rosa) di Alemanno. E invece adesso non se ne fa più niente. Perché con il suo rimpasto-lampo, racchiuso ieri in un'ordinanza, il sindaco pidiellino ha formalmente fatto venir meno la vecchia giunta e così ha automaticamente annullato il ricorso che ad essa si riferiva. Ma c'è di più. La nuova giunta capitolina è identica alla precedente: ogni assessore conserva il posto e compiti. Aumentano solo le deleghe dei due assessori donna. Ma con questo ritocco Alemanno spera di scongiurare altri ricorsi e altre condanne, affermando di aver compensato con la qualità degli incarichi, l'evidente inferiorità numerica della componente femminile rispetto a quella maschile.

Attenzione, però. Il sindaco di Roma si ribella a chi lo accusa di aver attuato un semplice escamotage tecnico: “Sono illazioni”, dice. “Con questo atto – sottolinea – dimostriamo quanto la componente femminile sia qualitativamente valorizzata dentro la nostra giunta”. Anche se poi che la decisione sia stata assunta in funzione del Tar, il sindaco lo ammette: “Manca un anno e tre mesi alla fine della legislatura e credo che questa vicenda potrebbe anche essere chiusa. Mi auguro che un nuovo ricorso non ci sia”.

Ma la mossa a sorpresa di Alemanno scatena un putiferio. “E’ una porcata e un affronto a tutte le donne”, dichiarano le consigliere comunali di Pd e Misto Monica Cirinnà e Gemma Azuni. Che avevano presentato i precedenti ricorsi al Tar e non intendono fermarsi: “Ne faremo un altro”. Mentre le donne del comitato “Se non ora quando” fanno appello al ministro delle Pari opportunità Elsa Fornero, perché “intervenga per garantire la rappresentanza femminile in tutti gli organismi di governo”, anche con “misure sanzionatorie e risarcitorie”.

Il Pd già ribattezza il sindaco di Roma il “furbetto del Campidoglio”: “Siamo al limite dell’abuso d’ufficio”, dice la deputata Donatella Ferranti. Ma il Pdl difende  Alemanno. E le due donne assessore sbandierano con orgoglio le nuove deleghe, che sommano alle precedenti: coordinamento generale delle politiche sociali e della sicurezza per il vicesindaco Sveva Belviso, assetto istituzionale e relazioni internazionali per l'assessore ed ex presidente della Roma Rosella Sensi.

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