Polledri (Lega): "Non si va su Twitter per fare democrazia"

Politica

Acceso dibattito sulla trasparenza alla Camera dopo i filmati fatti di nascosto dall'Idv Franco Barbato. Nell'occhio del ciclone i deputati che raccontano online la quotidianità dell'Aula. Ma tutta la discussione finisce sul sito di microblogging

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Si infiamma l'aula di Montecitorio sulle attività social dei deputati. Il dibattito parte dai video girato da Franco Barbato dell'Idv, l'onorevole che ha filmato di nascosto i suoi colleghi per un servizio mandato in onda nella trasmissione di Gianluigi Nuzzi Gli Intoccabili. Il video, nel quale si vedevano deputati più interessati alla propria pensione che non ai destini economici del paese, ha fatto parecchio discutere, ma rappresenta anche un'infrazione al regolamento della Camera. E a farlo notare, in uno dei suoi tipici interventi accalorati è stata la deputata del Pdl Alessandra Mussolini, che chiedendo le dimissioni di Gianfranco Fini lo accusava di non aver intrapreso nulla contro Barbato.

Dal banco della presidenza Fini ricorda che in "Aula è vietato filmare e registrare" e decide che sul caso Barbato indaghino i questori della Camera. Ma presto la discussione si accende e ben presto nell'occhio del ciclone finiscono quei deputati che raccontano online l'attività dell'aula. Come per esempio Andrea Sarubbi, che su Twitter ha introdotto l'hashtag #opencamera e che riporta anche il dibattito che lo riguarda. C'è l'onorevole Giacchetti, secondo cui Barbato avrebbe dovuto consegnare il video alla magistratura, anziché alla televisione, ma osserva che è "arcaico e ridicolo vietare l'utilizzo di metodi leali e onesti per documentare quello che accade in aula". Polledri, della Lega Nord, invece attacca Pierangelo Ferrari, del Pd, uno dei più attivi su Internet. "Non si va su Twitter a fare democrazia" lo accusa il deputato del Carroccio. "Non sono sicuro di aver capito bene, ma Polledri sostiene che se al governo arrivano i tecnocrati la colpa è pure di twitter" commenta Sarubbi su Twitter.

Intanto, a un livello molto meno 2.0, anche nelle altre stanze di Montecitorio si discute del caso Barbato. Sulle scale che conducono all'uscita posteriore Domenico Scilipoti incontra il suo ex collega di partito (nonché cognato di Antonio Di Pietro) Gabriele Cimadoro.  Scilipoti, certo di trovare orecchie attente in Cimadoro, gli chiede di dare una calmata a Barbato. "Ma perché fa 'ste cose? Fatelo smettere perché la voce che circola è che l'abbia fatto per conto di Di Pietro", dice alla presenza di un cronista dell'agenzia Dire. Pronta la risposta di Cimadoro, che nega ogni coinvolgimento dell'ex pm. "Ma che scherzi? Di Pietro non farebbe mai cose del genere. E' colpa di Barbato. Io gliel'ho detto in faccia: Barbato è un pezzo di merda e un infame", osserva il cognato dell'ex pm. Scilipoti sembra rassicurato. E al cronista dice: "Ha sentito anche lei... Vero? Barbato è isolato".

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