Un mese di Monti: 'professore-robot' prestato alla politica

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Breve rassegna di episodi, battute, parole e gaffe, che hanno concorso a delineare la figura del nuovo premier, a un mese dall'esordio sulla scena nazionale. Dal "chiamatemi professore", al decreto "salva Italia". Così Monti si è presentato ai cittadini

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di Serenella Mattera

“Mario Monti? Non so chi sia”, rispondeva la metà degli italiani appena un mese fa. Prima che, il 9 novembre, il presidente della Bocconi venisse catapultato sulla scena nazionale dalla nomina a senatore a vita e di lì a una settimana giurasse da premier. Ma non ha tardato a farsi conoscere, il “professore”. E tra frasi a effetto, humour british, battutine velenose e pure qualche gaffe, ha dimostrato di saper tenere la scena. Come un politico navigato.

Il parvenu “Signor presidente, scusi, ma lei dovrebbe uscire dall’altro ingresso, dove l’attende la sua auto…”. Mario Monti, cartellina sotto braccio e codazzo di giornalisti al seguito, è ormai giunto davanti al portone principale di Montecitorio, quando viene bloccato. E’ lunedì 5 dicembre: il premier ha illustrato la manovra alla Camera, deve spostarsi al Senato per replicare il suo discorso. E si avvia tranquillamente all’uscita, come un normale ospite del palazzo, quando gli spiegano che no, ora è il presidente e auto e scorta lo attendono all’ingresso posteriore.
“Devo dire che quando mi chiamano ‘presidente del Consiglio’, ancora non sono certo che stanno parlando con me”, scherza in una delle prime conferenze stampa. Poi, a Bruxelles, laddove Silvio Berlusconi si presentava da “tycoon” prima ancora che statista, confessa: “Ero un parvenu in questo circolo che mi sembra fatto di persone perbene”. Salvo però aggiungere con un pizzico d’orgoglio, ricordando il proprio passato da commissario europeo: “Ce n’erano tanti con meno esperienza di vita comunitaria di me”.

Il professore – “Vi prego, continuate pure a chiamarmi professore. Anche perché l’altro titolo, presidente, durerà poco”. In piedi al centro dell’Aula della Camera per il suo discorso di insediamento, Monti alza gli occhi dal foglio e cita Spadolini: “I presidenti passano, i professori restano”. Poi, in puro stile ‘accademico’, bacchetta i parlamentari: “Se dovete fare una scelta, ascoltate, non applaudite”. E ancora: “Vi sarei grato – sbotta, con riferimento implicito a Berlusconi, che siede di fronte a lui – se non fosse usata l’espressione ‘staccare la spina’ al governo: non ci consideriamo un apparecchio elettrico e non saprei se dovremmo essere un rasoio o un polmone artificiale”.
I politici, da parte loro, questo signore arrivato a prendere il comando lo guardano con sospetto. E lui lo sa bene. “Non ho la supponenza di chi si considera un tecnico che viene a dimostrare l’asserita superiorità sulla politica”, ci tiene a precisare. “Finito questo compito – sottolinea poi pungente – credo che ne avrò abbastanza della politica”.

Il Saddam Hussein del business – E i presunti conflitti d’interesse? E le accuse di essere espressione, insieme ai suoi ministri, dei cosiddetti ‘poteri forti’? “Quando proibii una fusione tra due società americane benché fosse intervenuto il presidente degli Stati Uniti – ha rivendicato il professore - l’Economist scrisse che il mondo degli affari internazionali considerava Mario Monti il Saddam Hussein del business”. Come a dire: non mi faccio intimidire da nessuno.

Monti-robot – I suoi studenti alla Bocconi lo chiamavano ‘il boss’. “Non è schierato, non ha emozioni, non ha passioni, non suda”, lo ha descritto il comico Maurizio Crozza, che nel farne l’imitazione gli ha dato la voce di un robot.
Atteggiamento compassato e formale, stile impeccabile, Monti non fa nulla per smentire questa immagine di sé. “Mi sono accalorato. Cosa che, come noto, mi capita molto raramente”, ha scherzato dopo il vertice di Bruxelles. E alla sua portavoce che chiedeva ai giornalisti di lasciarlo andare a riposare, ha replicato: “Perché riposare? Devo tornare a Roma a lavorare”.
Del resto, neanche di fronte alle lacrime di Elsa Fornero, Monti si è lasciato trasportare dall’emotività: “Commuoviti, ma correggimi”, ha rimproverato il suo ministro.

Il comunicatore – Forse non sfodera tra le sue armi l’empatia, ma il professore è un attento comunicatore. E lo ha dimostrato in questo primo mese. Quando, tanto per cominciare, si è incaricato di dare un ‘nome’ al suo esecutivo (“governo di impegno nazionale”) e alla manovra che ha prodotto (“decreto salva Italia”). Il risultato? Una popolarità schizzata subito al 73% e calata, pur dopo i sacrifici imposti dalla manovra, solo di 9 punti, al 64%. Tanto da fargli osservare, con il solito humour pungente: “Allora potevo fare di più…”.

Le gaffe – Non è un automa, comunque, Mario Monti. E dunque neanche lui immune da gaffe. Come quella che gli è sfuggita il 22 novembre a Bruxelles: “Credo che potremo andare più decisamente a fondo…”, ha dichiarato. Ma quando si è reso conto di non aver usato una frase felice, in tempi di crisi, ha sorriso e si è corretto: “A fondo nel senso buono, nel senso di fino in fondo”.
Ma l’incidente finora più clamoroso, Monti l’ha avuto con il banchiere Alessandro Profumo. “Quando cercavo il futuro ministro dell’Istruzione Francesco Profumo – ha raccontato – il centralino di Palazzo Chigi per un disguido dovuto all’omonimia, mi ha passato Alessandro. Abbiamo parlato per qualche minuto, prima di renderci conto dell’errore…”.

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