Berlusconi: "Nessuna paura a farmi giudicare"
PoliticaIl premier nell'ultimo libro di Bruno Vespa parla dei processi a suo carico: "C'è bisogno di una reale separazione tra poteri dello Stato". E riguardo alle sue telefonate con Valter Lavitola, dà la colpa al maggiordomo Alfredo
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Puntuale come tutti gli anni è in arrivo il nuovo libro di Bruno Vespa e la politica italiana inizia a venire tempestata dalle sue anticipazioni. La prima riguarda, e non poteva essere altrimenti, il contrastato rapporto tra Silvio Berlusconi e la magistratura. "Quando in un paese democratico - dice il Cavaliere nel libro del giornalista - si arriva a violare il domicilio del presidente del Consiglio, e a considerare possibile indiziato di reato chiunque vi faccia ingresso, significa che il livello di guardia è stato ampiamente superato, e che è giunto il momento di ristabilire una reale separazione fra i poteri e gli ordini dello Stato."
"Non ho usato nessun cellulare panamense - dice ancora Berlusconi riferendosi alla vicenda Tarantini - Lavitola chiamava ripetutamente Alfredo (maggiordomo di Palazzo Grazioli nd.r.), che aveva da me avuto la raccomandazione di non passarmi alcuna telefonata. Lavitola pensò che io non mi fidassi dei normali telefoni, e allora disse ad Alfredo che gli avrebbe fatto avere dei telefoni sicuri. Alfredo me ne parlò, ma io rifiutai l'offerta e commentai che quelli erano sistemi da criminalità organizzata. Una sera Alfredo si affacciò alla porta del mio studio con un cellulare in mano. 'Dottore', mi disse 'Lavitola ha chiamato almeno venti volte, vuole rispondergli almeno una volta? Ci parlai, ma con il convincimento che il cellulare fosse quello di Alfredo".
"Sia chiaro - aggiunge - che io non ho alcun timore di farmi giudicare: davanti ai magistrati non sono mai fuggito, e la montagna di fango delle accuse più grottesche e inverosimili in quasi vent'anni di persecuzione giudiziaria non ha partorito un topolino: i pubblici ministeri che hanno ossessivamente indagato sulla mia vita non hanno trovato uno straccio di prova che abbia retto al vaglio dei Tribunali".
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"Sia chiaro - aggiunge - che io non ho alcun timore di farmi giudicare: davanti ai magistrati non sono mai fuggito, e la montagna di fango delle accuse più grottesche e inverosimili in quasi vent'anni di persecuzione giudiziaria non ha partorito un topolino: i pubblici ministeri che hanno ossessivamente indagato sulla mia vita non hanno trovato uno straccio di prova che abbia retto al vaglio dei Tribunali".
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