Nuovo appello all'unità da parte del capo dello Stato, dopo il monito ai leghisti. "La politica siamo noi" aggiunge il Presidente della Repubblica. Calderoli: "L'alternativa all'autodeterminazione dei popoli è la riforma federale"
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Nella seconda e ultima giornata di visita alla sua Napoli, Giorgio Napolitano ha rilanciato l'appello all'unità del paese. Non ha fatto alcun accenno alle tentazioni secessionistiche della Lega che ha condannato venerdì 30 settembre, ma ha tenuto il punto. "L'unità d'Italia - ha detto - è antica e nuova allo stesso tempo", ed è necessaria per affrontare la crisi economica, perché "l'Italia non crescerà se non tutta insieme, dal Nord al Sud, se non metterà a frutto le risorse e le potenzialità della nostra gente".
Napolitano: l'Italia può crescere solo se resta unita - Ai convegni pubblici a cui ha partecipato, il Capo dello Stato è stato salutato con applausi prolungati che, in tutta evidenza, sono stati tributati per esprimergli solidarietà a fronte delle pesanti critiche che gli sono piovute addosso dal mondo leghista, ferito dalla sua affermazione: "Il popolo padano non esiste".
Quando ha detto che l'Italia può crescere solo se resta unita, Napolitano è stato interrotto da un lunghissimo applauso. Poi ha parlato dei ragazzi del Rione Sanità, dei giovani di oggi con i quali, ha detto, "è necessario" dialogare, "perché hanno bisogno di avere speranza e noi dobbiamo dare questa speranza". La commozione ha incrinato la sua voce mentre pronunciava queste parole. Un applauso lo ha spinto ad andare avanti e Napolitano ha fatto una considerazione sulla crescente disaffezione per la politica.
"Oggi - ha detto - si impreca molto contro la politica ma, attenzione, la politica siamo tutti noi e si fa politica anche quando si costruisce qualcosa di fondamentale sul piano sociale per rendere possibile qualcosa che altrimenti non sarebbe possibile".
Prima di lasciare Napoli per far rientro al Quirinale, Napolitano, accompagnato dal ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma, ha incontrato i reclusi del carcere minorile di Nisida. Alcuni di loro hanno invocato l'amnistia. Ce ne sono state 24 dal 1945, ha risposto. Per farne un'altra "ci vuole un accordo politico che allo stato non c'è, non so se si creeranno le condizioni".
Nella conclusione della sua visita a Napoli, il presidente della Repubblica è poi tornato sul tema dell'unità d'Italia. "Il Sud è cambiato da quando io ero ragazzo. Ma è ancora molto lontano da altre parti del Paese. E' rimasto l'anello debole nella costruzione dell'Italia", ha detto. Ma deve svilupparsi. L'Italia tutta, ha concluso, non può crescere se non cresce anche il Sud, se non si valorizzano anche le risorse potenziali del Sud.
Critiche al Capo di Stato dalla base leghista - Alle parole di Napolitano pronunciate venerdì 30 settembre era seguita a stretto giro la replica della Lega. "Il presidente della Repubblica è molto saggio, ma fa finta di dimenticare il diritto all’autodeterminazione dei popoli”. Queste le parole del ministro Calderoli, che in una nota ha aggiunto: "L'unica alternativa all'autodeterminazione dei popoli è la trasformazione in senso federale dello Stato, per fare sì che il cittadino venga trattato come tale e non come suddito".
Dura reazione anche dal quotidiano del Carroccio 'La Padania' che sabato 1 ottobre ha titolato: "Io esisto e sono Padano".
Per il ministro dell'Interno Maroni invece le posizioni di Napolitano erano già note e per questo non inquineranno i rapporti con la Lega. (Guarda il video con le reazioni alle parole del capo dello Stato).
"Il popolo padano non esiste": ascolta le parole di Napolitano
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Quando ha detto che l'Italia può crescere solo se resta unita, Napolitano è stato interrotto da un lunghissimo applauso. Poi ha parlato dei ragazzi del Rione Sanità, dei giovani di oggi con i quali, ha detto, "è necessario" dialogare, "perché hanno bisogno di avere speranza e noi dobbiamo dare questa speranza". La commozione ha incrinato la sua voce mentre pronunciava queste parole. Un applauso lo ha spinto ad andare avanti e Napolitano ha fatto una considerazione sulla crescente disaffezione per la politica.
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