Mentre si parla di liberalizzazioni, un ddl bipartisan chiede di istituire 5 categorie e 20 albi (organizzati su base provinciale...) per ostetriche, igienisti dentali e dietisti. Il testo, per ora, è stato fermato dalle proteste di parte dell'opposizione
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"Liberalizziamo gli ordini". E il governo rischia di cadere
Addio province? Forse. Ecco perché è così difficile abolirle
Le ostetriche, gli igienisti dentali, gli infermieri e i dietisti. Potrebbero presto diventare a pieno titolo nuove ‘caste’ del nostro Paese. Costituirsi in ordini professionali, subordinare l’esercizio del rispettivo mestiere all’iscrizione ad albi. Nonostante da anni (e con nuova forza negli ultimi mesi) si parli di smantellare gli ordini esistenti e liberalizzare le professioni. Il Senato stava per varare già questa settimana, con voto bipartisan, una legge che istituisce cinque nuovi ordini e venti albi delle professioni sanitarie. Ma le proteste di una manciata di senatori hanno bloccato tutto. Per ora.
E’ stato l’Antitrust, al termine di un’indagine conoscitiva resa nota a marzo di quest’anno, a definire le 13 categorie professionali attuali (dagli architetti agli avvocati, dai farmacisti ai giornalisti, ai commercialisti) delle vere e proprie ‘caste’. Con accesso chiuso e resistenza a liberalizzare, nonostante le sollecitazioni “a non sottrarsi ai principi concorrenziali più volte ribaditi” anche dall’Unione europea. Il governo ha provato a imporre l’abolizione di almeno quattro ordini con una norma inserita nella manovra economica di luglio. Ma ha fatto quasi subito marcia indietro sotto la pressione delle proteste delle categorie e della minaccia dei parlamentari iscritti a quelle categorie di non votare la manovra.
E mentre tutto ciò accadeva, proseguiva il suo iter a Palazzo Madama il disegno di legge per la “Istituzione degli ordini e albi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione”, firmato da due leghisti (Rossana Boldi e Fabio Rizzi) e un collega del Pdl (Simona Vicari) e sostenuto da alcuni senatori dell’Idv. Il via libera bipartisan in commissione è arrivato il 2 agosto e il 14 settembre il provvedimento è arrivato in Aula. Dove ci si avviava già questa settimana a sancire il passaggio da tredici a quindici del numero delle categorie professionali del nostro Paese, quando il leader dell’Api Francesco Rutelli si è messo alla testa della sollevazione di alcuni parlamentari contro i nuovi ordini: “E’ questa la strada per le auspicate liberalizzazioni?”.
Professioni infermieristiche, ostetriche, professioni sanitarie della riabilitazione, tecnici sanitari di radiologia medica, professioni tecniche sanitarie e della prevenzione. Sono queste le cinque categorie che il ddl bipartisan propone di introdurre. Lo scopo, ha spiegato la relatrice del provvedimento Laura Bianconi (Pdl) è quello di “eliminare la disparità di trattamento tra le diverse professioni sanitarie già organizzate in ordini” e soprattutto favorire la “lotta all’abusivismo” nell’esercizio di mestieri che richiedono un’alta competenza tecnica.
Di qui la creazione di venti albi (dal logopedista al podologo, all’audioprotesista, all’igienista dentale, al terapista occupazionale, al tecnico ortopedico). E il conferimento ai cinque ordini che gestiscono gli albi della natura giuridica di enti pubblici non economici, a carattere nazionale, ausiliari dello Stato, dotati di autonomia patrimoniale, finanziaria, organizzativa e disciplinare.
Tra l’altro, mentre il governo approva un ddl per l’abolizione delle province, il testo presentato al Senato prevede l’organizzazione su base provinciale dei nuovi ordini, che faranno perno attorno a federazioni nazionali con sede a Roma.
Con l’istituzione dei nuovi organi “ci sarà per i cittadini una maggiore sicurezza, controllo e trasparenza”, ha affermato il ministro della Salute Ferruccio Fazio, alla vigilia del voto al Senato. Ma quando la discussione in Aula sul provvedimento giovedì è iniziata, Rutelli ha preso la parola e ha tuonato: “Sarebbe questa la rivoluzione liberale di cui si fa portatrice la maggioranza? Mi chiedo come sia compatibile una scelta del genere con l’orientamente del governo che ha detto, scritto e approvato con la manovra che proprio l’accesso alle professioni deve diventare il primo tagliando per la crescita. Ma qui stiamo dando un altro taglio alla crescita. E’ impensabile – ha detto il leader dell’Api - portare avanti questo provvedimento come se non fossimo in una tempesta di crisi economica”. Tanto più che una “regolamentazione leggera” e un aumento dei controlli potrebbe bastare, secondo Rutelli, con il quale si sono detti d'accordo alcuni senatori del Pd, tra cui Ignazio Marino.
Viste le proteste in Aula e "per evitare che il provvedimento venga archiviato", ha
spiegato Bianconi, l'esame è stato per ora sospeso e il testo rimandato in commissione per un 'tagliando'. Ma "sono certa che una volta chiariti alcuni punti soprattutto sulle sanzioni, come richiesto dal Pd, saremo in grado di approvarlo in tempi rapidi”, scommette la senatrice Pdl. Infermieri, ortottisti e ostetriche dovranno aspettare.
"Liberalizziamo gli ordini". E il governo rischia di cadere
Addio province? Forse. Ecco perché è così difficile abolirle
Le ostetriche, gli igienisti dentali, gli infermieri e i dietisti. Potrebbero presto diventare a pieno titolo nuove ‘caste’ del nostro Paese. Costituirsi in ordini professionali, subordinare l’esercizio del rispettivo mestiere all’iscrizione ad albi. Nonostante da anni (e con nuova forza negli ultimi mesi) si parli di smantellare gli ordini esistenti e liberalizzare le professioni. Il Senato stava per varare già questa settimana, con voto bipartisan, una legge che istituisce cinque nuovi ordini e venti albi delle professioni sanitarie. Ma le proteste di una manciata di senatori hanno bloccato tutto. Per ora.
E’ stato l’Antitrust, al termine di un’indagine conoscitiva resa nota a marzo di quest’anno, a definire le 13 categorie professionali attuali (dagli architetti agli avvocati, dai farmacisti ai giornalisti, ai commercialisti) delle vere e proprie ‘caste’. Con accesso chiuso e resistenza a liberalizzare, nonostante le sollecitazioni “a non sottrarsi ai principi concorrenziali più volte ribaditi” anche dall’Unione europea. Il governo ha provato a imporre l’abolizione di almeno quattro ordini con una norma inserita nella manovra economica di luglio. Ma ha fatto quasi subito marcia indietro sotto la pressione delle proteste delle categorie e della minaccia dei parlamentari iscritti a quelle categorie di non votare la manovra.
E mentre tutto ciò accadeva, proseguiva il suo iter a Palazzo Madama il disegno di legge per la “Istituzione degli ordini e albi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione”, firmato da due leghisti (Rossana Boldi e Fabio Rizzi) e un collega del Pdl (Simona Vicari) e sostenuto da alcuni senatori dell’Idv. Il via libera bipartisan in commissione è arrivato il 2 agosto e il 14 settembre il provvedimento è arrivato in Aula. Dove ci si avviava già questa settimana a sancire il passaggio da tredici a quindici del numero delle categorie professionali del nostro Paese, quando il leader dell’Api Francesco Rutelli si è messo alla testa della sollevazione di alcuni parlamentari contro i nuovi ordini: “E’ questa la strada per le auspicate liberalizzazioni?”.
Professioni infermieristiche, ostetriche, professioni sanitarie della riabilitazione, tecnici sanitari di radiologia medica, professioni tecniche sanitarie e della prevenzione. Sono queste le cinque categorie che il ddl bipartisan propone di introdurre. Lo scopo, ha spiegato la relatrice del provvedimento Laura Bianconi (Pdl) è quello di “eliminare la disparità di trattamento tra le diverse professioni sanitarie già organizzate in ordini” e soprattutto favorire la “lotta all’abusivismo” nell’esercizio di mestieri che richiedono un’alta competenza tecnica.
Di qui la creazione di venti albi (dal logopedista al podologo, all’audioprotesista, all’igienista dentale, al terapista occupazionale, al tecnico ortopedico). E il conferimento ai cinque ordini che gestiscono gli albi della natura giuridica di enti pubblici non economici, a carattere nazionale, ausiliari dello Stato, dotati di autonomia patrimoniale, finanziaria, organizzativa e disciplinare.
Tra l’altro, mentre il governo approva un ddl per l’abolizione delle province, il testo presentato al Senato prevede l’organizzazione su base provinciale dei nuovi ordini, che faranno perno attorno a federazioni nazionali con sede a Roma.
Con l’istituzione dei nuovi organi “ci sarà per i cittadini una maggiore sicurezza, controllo e trasparenza”, ha affermato il ministro della Salute Ferruccio Fazio, alla vigilia del voto al Senato. Ma quando la discussione in Aula sul provvedimento giovedì è iniziata, Rutelli ha preso la parola e ha tuonato: “Sarebbe questa la rivoluzione liberale di cui si fa portatrice la maggioranza? Mi chiedo come sia compatibile una scelta del genere con l’orientamente del governo che ha detto, scritto e approvato con la manovra che proprio l’accesso alle professioni deve diventare il primo tagliando per la crescita. Ma qui stiamo dando un altro taglio alla crescita. E’ impensabile – ha detto il leader dell’Api - portare avanti questo provvedimento come se non fossimo in una tempesta di crisi economica”. Tanto più che una “regolamentazione leggera” e un aumento dei controlli potrebbe bastare, secondo Rutelli, con il quale si sono detti d'accordo alcuni senatori del Pd, tra cui Ignazio Marino.
Viste le proteste in Aula e "per evitare che il provvedimento venga archiviato", ha
spiegato Bianconi, l'esame è stato per ora sospeso e il testo rimandato in commissione per un 'tagliando'. Ma "sono certa che una volta chiariti alcuni punti soprattutto sulle sanzioni, come richiesto dal Pd, saremo in grado di approvarlo in tempi rapidi”, scommette la senatrice Pdl. Infermieri, ortottisti e ostetriche dovranno aspettare.