Ddl anticorruzione, governo battuto due volte al Senato

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La maggioranza va sotto su un emendamento che dava all'esecutivo la responsabilità dei controlli sulla corruzione. Adesso dovrà tornare alle commissioni, prima del voto previsto a metà giugno. Il Pd: "Non hanno prospettive"

Giornata nera al Senato per maggioranza e governo battuti per due volte consecutive durante le votazioni sugli emendamenti al disegno di legge anticorruzione.
Salta l'intero primo articolo del provvedimento presentato dal governo come prova del suo impegno nella lotta alla corruzione e l'opposizione chiede al governo di "trarne le conseguenze" perché, come dice Pier Luigi Bersani, "questa maggioranza non ha più prospettive".
Nella serata dell'8 giugno il presidente del Senato trova una mediazione tra maggioranza e opposizione che svelenisce il clima e ridefinisce i tempi di approvazione del ddl che slittano alla prossima settimana.

La conferenza dei capigruppo decide, infatti, di far approvare dalle competenti commissioni un nuovo testo dell' articolo uno che, in sostanza, dovrebbe recepire le obiezioni dell' opposizione mentre l'Aula proseguirà nell'esame del ddl anticorruzione Il primo emendamento sul quale, questa mattina, maggioranza ed esecutivo sono stati battuti (133 no, 129 sì e cinque astenuti), sostituiva il primo articolo del testo che prevedeva un "Piano nazionale anticorruzione" e istituiva un "Comitato di coordinamento" presieduto dal presidente del Consiglio e costituito da ministri.
L'opposizione è insorta chiedendo la creazione di un'Authority indipendente dal potere esecutivo e grazie alle assenze nel centrodestra ha bloccato la proposta.

Dopo poco il governo è stato nuovamente battuto (131 no, 129 sì, e quattro astenuti) sull'intero articolo 1 del disegno di legge, rendendo il testo acefalo. Dopo aver subito il doppio ko, il governo, vista l'assenza di 35 senatori della maggioranza (29 del Pdl e 6 della Lega) ha fatto marcia indietro e nel pomeriggio ha annunciato la presentazione di un nuovo testo sul Comitato che non sarà più presieduto dal premier e composto dai ministri e che sarà indipendente dall'esecutivo.
Peraltro, sempre nella mattinata dell'8 giugno, la maggioranza si è spaccata: la Lega ha votato contro un emendamento bipartisan, (approvato con 214 sì, trenta no e undici astenuti) che obbliga coloro che occupano cariche pubbliche o assumono pubblici impieghi a giurare fedeltà alla Costituzione al momento dell'assunzione definendo la proposta "demagogica e fuori luogo".

Lapidario il commento del presidente della Camera Gianfranco Fini: "E' un voto che non mi meraviglia, la Lega non crede nel valore della Nazione". "Abbiamo battuto governo e maggioranza - ha detto Anna Finocchiaro commentando la giornata - perché l'idea del Comitato presso la Presidenza del Consiglio è come mettere la volpe a guardia del pollaio. Ma sono contenta per come è andata a finire: è stata una grande vittoria, hanno fatto dietrofront e ora puntano ad una Autorità indipendente".
Alla fine di una giornata convulsa che ha visto la maggioranza sotto schiaffo, il presidente Schifani riferendosi alla soluzione trovata in extremis nella Capigruppo ha concluso: "Quando c'è un po' di buona volontà e senso di responsabilità si riescono a dimenticare da parte di tutti quei toni accesi e di conflittualità dei quali spesso mi lamento e fa prevalere gli interessi dei cittadini. Sono molto soddisfatto e ringrazio opposizione, governo e maggioranza".

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