Pdl, il dopo elezioni porta il rimpasto

Politica
Angelino Alfano e Silvio Berlusconi
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Dopo i risultati del voto amministrativo sono in arrivo rimescolamenti nei vertici del partito del premier. Alfano forse coordinatore unico, Maurizio Lupi alla giustizia. Ma c'è già chi protesta

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Si riunisce in giornata l'ufficio di presidenza del Popolo della Libertà per prendere le prime contromisure dopo le sconfitte elettorali del 29 e 30 maggio. Milano e Napoli, ma anche tanti piccoli comuni e province hanno segnato un arretramento degli uomini del premier, e Berlusconi avrebbe intenzione di riorganizzare la struttura del partito. Dopo aver ridimensionato Giulio Tremonti ("il ministro propone, ma non decide") secondo i boatos dei principali quotidiani, nei disegni del premier Angelino Alfano sarebbe in pole position per prendere in mano la guida del Pdl. Ma, scrive il Corriere della Sera "la scelta di Alfano non sarà indolore e il rischio che porti con sé ulteriori fibrillazioni, scontento e delusione c'è tutto".

Il quotidiano di via Solferino dipinge in maniera plastica le varie anime del Pdl, dalla corrente ciellina (di cui fa parte Maurizio Lupi, in predicato per prendere il posto di Alfano al ministero della giustizia), gli ex di Forza Italia, Cicchitto e Quagliarello, fedelissimi del premier, gli ex di An, spaccati tra coloro che sono fedeli a Gianni Alemanno e quelli che seguono Ignazio La Russa. Ma c'è soprattutto l'ondata dei quarantenni, Gelmini, Frattini, Prestigiacomo e Brambilla, che sarebbero pronti, con Alfano, a salire nella stanza dei bottoni del partito.

Ma il Corriere riporta anche un'intervista a Giancarlo Galan, ex governatore del veneto, passato dal ministero dell'agricoltura a quello della cultura. Galan rilancia l'idea di Frattini di un direttorio, che permetta al Pdl di tornare ai tempi di Forza Italia. E boccia il momento del Predellino, l'atto fondativo del nuovo partito. "Il predellino non fu una bella giornata - dice Galan - non per acrimonia nei confronti di An, ma i loro valori sono diversi. Anche dal punto di vista tattico non ritengo il predellino una buona idea". La sconfitta, l'ex governatore del Veneto, l'attribuisce alla perdita dell'idea liberale "Siamo scesi in campo per fare meno regole e invece ci siamo messi a regolare anche gli ultimi minuti della vita di un uomo. Chi l'ha deciso? Sacconi?". E non ha parole tenere neanche per Ignazio La Russa, di cui avrebbe apprezzato le dimissioni.

A mettere i bastoni tra le ruote all'ipotesi Alfano, potrebbero però essere gli ex di Alleanza Nazionale. Il quotidiano La Repubblica riporta l'indiscrezione che il sindaco di Roma abbia intenzione di chiedere un congresso "per riaggregare intorno al Pdl tutte le realtà che in questi anni si sono distaccate". Il che significa non solo cambiare nome al partito, ma anche far rientrare la diaspora con Gianfranco Fini. E tra gli ex di An, secondo il giornale romano, anche La Russa si starebbe muovendo per scongiurare l'ipotesi di Un Alfano che prenda il suo posto. Dopo essersi incontrato con Matteoli e Gasparri, ha detto "il problema non sono i coordinatori,ma le risposte da dare agli elettori".

Il grande accusato, Ignazio La Russa, sceglie le pagine de Il Messaggero per rispondere a chi lo vorrebbe mandare a casa. "Non è che se arriva Alfano al  posto di Verdini si fanno miracoli. Non ci sono bacchette magiche. Il Pdl riparte solo se riusciremo a dare risposte alla gente" dice il ministro della Difesa. "Ho grande stima  e un'amicizia personale con Angelino e, vista la sua giovane età, è una risorsa nella prospettiva di un partito che duri a lungo", dice La Russa, "se ci illudessimo che possa bastare cambiare un coordinatore,  un capogruppo o un candidato per risolvere tutto, saremmo ingenui". Sulle sue dimissioni da coordinatore, La Russa spiega: "Se qualcuno pensasse che le mie dimissioni e quelle di Verdini spostassero anche un solo voto, sarei pronto a discuterne. Allora però, ripeto, tutti dovrebbero mettersi in discussione: il governo, i capigruppo, i dirigenti, nessuno escluso. Credo però che il  totonomine sia un approccio infantile". Della leadersahip del Pdl, il  ministro della Difesa dice: "Noi un leader ce l'abbiamo e manca la  controprova che Berlusconi non sia stato brillante come al solito.  Cosa sarebbe successo se il premier non fosse sceso in campo?".

La Russa boccia le primarie: "Non so se sia la scelta migliore  per il centrodestra. Noi abbiamo meno senso e capacità di coalizione  di quanta abbia la sinistra: da noi non sempre lo sconfitto alle  primarie sosterrebbe il vincente". E sulla richiesta di congresso  spiega: "Alemanno ha ragione, il congresso è previsto dallo statuto e si farà prima delle elezioni. Riguardo al nome, capisco che ci si  possa pensare. L'abbiamo fallo tante volte. La questione vera è però dare risposte ai nostri elettori che, per citare un Andreotti del  1972, sono in libera uscita. E torneranno a casa se renderemo la casa  accogliente". Infine, La Russa sollecita la Lega: "Sembrare in  conflitto non ha premiato ne noi, ne loro. Un'accentuazione eccessiva  delle differenze finisce per disamorare l'elettorato".


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