L'ultima, l'ha sfoderata in risposta a Formigoni, che si è detto perplesso sul trasferimento dei ministeri al Nord. Ma il leader della Lega è "recidivo": ha fatto lo stesso anche con Fini e l'opposizione. Sempre in momenti di difficoltà politica. VIDEO
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Dieci lettere e soprattutto un rumore. Inconfondibile, anche nella sua trascrizione letterale ed onomatopeica. La storia della pernacchia, in politica, ha una vita breve ma intensa, con un protagonista incontrastato: Umberto Bossi.
Dopo il celodurismo e il dito medio (ormai diventati un caposcuola tra colleghi: guarda la gallery), da un paio di anni il leader del Carroccio pare essersi appassionato al sonoro gesto.
L’ultimo, l’ha sfoderato il 22 maggio. A chi gli chiedeva una reazione alla presa di posizione del governatore lombardo Formigoni, secondo cui la vicenda dei ministeri da trasferire al Nord “non è una priorità”, il Senatùr ha riposto con un semplice “prr…”.
Nessuna chiosa, nessuna annotazione. Solo, appunto il rumore moscio delle labbra sulla mano.
Ecco il video:
La pernacchia, in bocca a Bossi, però, non è affatto un inedito. Al contrario: nell’ultimo anno, l’ha sfoderata almeno cinque volte, sempre in momenti cruciali della politica.
La prima proprio nei confronti dello stesso Formigoni: era il marzo 2010 e Lega e Pdl, in piena campagna elettorale per le regionali, erano – allora come ora – ai ferri corti.
Si votava per il Pirellone, ma già il Carroccio fremeva puntando alle comunali (con l’ipotesi dello stesso Bossi candidato sindaco a Milano). E rispondendo al governatore uscente, che si diceva “pronto a mangiare un asino vivo se ci sarà il sorpasso di voti tra i due partiti”, il ministro leghista rispondeva con una semplice pernacchia.
La prima di una lunga serie. Passato qualche mese, la rispolverava per commentare l’uscita di Fini dal Pdl.
Altra pernacchia, liquidata sempre dagli alleati come un “semplice linguaggio colorito e popolare”. E pernacchia replicata sulla possibile discesa in campo di Montezemolo – ottobre del 2010 – e pernacchia rivolta persino a Roberto Saviano, nel botta e risposta tra quest’ultimo e il ministro dell’Interno Maroni sui presunti rapporti tra alcuni militanti leghisti e la Camorra.
E a conferma che il rumore, riferito a Bossi, abbia un suono anche sinistramente politico, basta ricordarsi l’ultima uscita prima di quella di questi giorni. Gennaio 2011, si discuteva dell’ennesimo, possibile, rinvio del federalismo con l’amo lanciato dall’opposizione che chiedeva sei mesi di slittamento per approfondire il tema. E anche in quel caso Bossi non esitò un attimo, trasformando la riposta in un classico. Inemendabile.
Pochi, però, ricordano che il primo a parlare di “pernacchio sannito” non fu lui, ma Mastella. Correva l'anno 2007. Con Prodi a Palazzo Chigi, si profilava un'altra crisi politica e il leader Udeur – che era anche ministro della Giustizia – citò tra il serio e il faceto un aneddoto storico per rispondere a chi lo criticava: “Quando i romani passarono sotto alle forche caudine, i sanniti portarono le mani alla bocca e fecero quel suono”.
Detto, fatto. La pernacchia fu sdoganata persino in storia. Visto che al cinema, più di mezzo secolo fa, ci aveva già pensato Sordi nella sua magistrale interpretazione dei Vitelloni di Federico Fellini:
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Dopo il celodurismo e il dito medio (ormai diventati un caposcuola tra colleghi: guarda la gallery), da un paio di anni il leader del Carroccio pare essersi appassionato al sonoro gesto.
L’ultimo, l’ha sfoderato il 22 maggio. A chi gli chiedeva una reazione alla presa di posizione del governatore lombardo Formigoni, secondo cui la vicenda dei ministeri da trasferire al Nord “non è una priorità”, il Senatùr ha riposto con un semplice “prr…”.
Nessuna chiosa, nessuna annotazione. Solo, appunto il rumore moscio delle labbra sulla mano.
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La pernacchia, in bocca a Bossi, però, non è affatto un inedito. Al contrario: nell’ultimo anno, l’ha sfoderata almeno cinque volte, sempre in momenti cruciali della politica.
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Si votava per il Pirellone, ma già il Carroccio fremeva puntando alle comunali (con l’ipotesi dello stesso Bossi candidato sindaco a Milano). E rispondendo al governatore uscente, che si diceva “pronto a mangiare un asino vivo se ci sarà il sorpasso di voti tra i due partiti”, il ministro leghista rispondeva con una semplice pernacchia.
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E a conferma che il rumore, riferito a Bossi, abbia un suono anche sinistramente politico, basta ricordarsi l’ultima uscita prima di quella di questi giorni. Gennaio 2011, si discuteva dell’ennesimo, possibile, rinvio del federalismo con l’amo lanciato dall’opposizione che chiedeva sei mesi di slittamento per approfondire il tema. E anche in quel caso Bossi non esitò un attimo, trasformando la riposta in un classico. Inemendabile.
Pochi, però, ricordano che il primo a parlare di “pernacchio sannito” non fu lui, ma Mastella. Correva l'anno 2007. Con Prodi a Palazzo Chigi, si profilava un'altra crisi politica e il leader Udeur – che era anche ministro della Giustizia – citò tra il serio e il faceto un aneddoto storico per rispondere a chi lo criticava: “Quando i romani passarono sotto alle forche caudine, i sanniti portarono le mani alla bocca e fecero quel suono”.
Detto, fatto. La pernacchia fu sdoganata persino in storia. Visto che al cinema, più di mezzo secolo fa, ci aveva già pensato Sordi nella sua magistrale interpretazione dei Vitelloni di Federico Fellini: