Accuse a Pisapia, se la Moratti diventa forcaiola

Politica
Un momento del faccia a faccia su Sky tra Letizia Moratti e Giuliano Pisapia
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In 30 secondi il sindaco di Milano manda in fumo 17 anni di proclami berlusconiani sul rispetto dei tre gradi di giudizio e di slogan contro i giustizialisti. Prendendosela con quello che il Foglio ha definito un "giurista garantista di sinistra"

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di Daniele Troilo

30 secondi. Tanto è bastato a Letizia Moratti per mandare in fumo un lavoro durato molti anni. 17 per la precisione, stando alle parole del vicecapogruppo del Pdl al Senato Gaetano Quagliarello secondo il quale “dal ’94 la destra italiana ha scelto la via liberale del garantismo”.
Ma nel faccia a faccia andato in onda su SkyTG24 e visibile integralmente anche su Sky.it, il sindaco di Milano ha deciso di colpire lo sfidante di centrosinistra per la poltrona di Palazzo Marino ripescando un'accusa di 30 anni fa già archiviata con formula piena e passata in giudicato.
30 secondi, il tempo di dire: "Io sono una moderata, lo sono sempre stata. Questo a differenza di Pisapia che è stato riconosciuto colpevole dalla Corte di Assise del furto di un veicolo utilizzato poi per un sequestro e il pestaggio di un giovane. L'amnistia non è assenza di responsabilità". Pisapia ha poi pubblicato su Internet la copia della sentenza d’Appello in cui è stato assolto, annunciando una querela e affermando che “la Moratti mente e Milano non merita un sindaco bugiardo”.

Ma intanto la polemica è esplosa e, in 30 secondi, è svanito il tanto invocato garantismo del centrodestra. Invano il premier Berlusconi ripete da anni come un mantra: “Io sono un vero garantista” (tirandosi dietro i sospetti degli avversari che intravedono nelle sue dichiarazioni un interesse ad personam). Non è il solo.
Il presidente dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto una volta ha dichiarato:  “La colpevolezza, come è nella sua definizione, deve derivare dal compimento di tutti i gradi di giudizio e non essere anticipata. Il garantismo deve rimanere uno degli elementi fondamentali del Pdl, perché sono avvenute ed avvengono troppe forzature sul terreno dell'uso politico della giustizia e sono evidenti l'esistenza di due pesi e due misure”. In questi 17 anni le stesse parole, più o meno, sono state pronunciate da diversi esponenti del partito del premier. Il vicepresidente della Camera, Antonio Leone (Pdl), una volta ha ammonito: “Il giustizialismo è una scelta pericolosa”.

E anche il sindaco uscente di Milano, Letizia Moratti, non ha mai nascosto la sua vena garantista. L’ultimo caso solo pochi giorni fa quando è dovuta intervenire per difendere due candidati della sua lista, Marco Osnato, indagato per presunte tangenti, e Marco Clemente, finito in una intercettazione con un presunto boss della ‘ndrangheta arrestato lo scorso marzo. “No a processi mediatici di stampo elettorale”, ha strillato il primo cittadino sul suo sito Internet. Accusando poi la sinistra “forcaiola” colpevole di aver chiesto un passo indietro ai due candidati.

Il duro attacco al candidato di centrosinistra Giuliano Pisapia manda così in frantumi un principio che ha ispirato e continua a ispirare la maggior parte dei proclami, degli striscioni e delle urla di migliaia di sostenitori di Berlusconi, al momento invischiato in quattro processi proprio a Milano con accuse che vanno dalla prostituzione minorile alla concussione.
Per il consigliere regionale del Pd e blogger, Pippo Civati, la Moratti “con una battuta scandalosa” ha dimostrato che “anche il garantismo di questa destra cialtrona è falso”.
A finire nel mirino - quasi un paradosso - il candidato di centrosinistra meno giustizialista sulla piazza.
Quando a novembre vinse le primarie diversi osservatori, non certo assimilabili a sinistra, lo avevano riconosciuto. “Ha vinto un garantista di quelli veri, ma veri-veri”, scrisse Filippo Facci, noto editorialista del quotidiano Libero. Anche il Foglio di Giuliano Ferrara non nascose questo particolare in un articolo intitolato “Meno manette”, che spiegava: “Pisapia è stato descritto come una specie di Vendola ambrosiano, il che trascura la sua personale vicenda politica e culturale, quella, prima di tutto, di un giurista garantista di sinistra”.

Una vicenda che ora rischia di trasformarsi in un boomerang per la stessa Moratti, "richiamata" anche dal procuratore Armando Spataro, titolare dell'inchiesta che coinvolse Pisapia nel 1980: "Mi ha sorpreso sentir dire dal sindaco Moratti che l'amnistia non equivale all'assoluzione. Se questo vale per l'amnistia, a maggior ragione vale per la prescrizione: la prescrizione non equivale all'assoluzione". Un riferimento, neanche troppo velato, ai processi del premier già prescritti.

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