Primarie a Torino. Tra timori e accuse, è lotta dentro il Pd
PoliticaI candidati del centrosinistra per la successione a Chiamparino sono cinque. Ma per la vittoria è sfida a due, tra i democratici Fassino e Gariglio. E' polemica sul possibile inquinamento del voto. Si vota fino alle 20 di domenica
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di Serenella Mattera
I precedenti non fanno dormire sonni tranquilli. La sfida senza esclusione di colpi tutta interna al Pd, potrebbe portare a un’altra disfatta della dirigenza del partito, come a Milano e a Cagliari, o peggio, al caos, come a Napoli. Anche il meteo è avverso: annuncia pioggia e freddo e potrebbe rappresentare un freno all’affluenza al voto. E’ dunque una sfida tutta in salita quella di Torino. I seggi aperti per le primarie in quest’ultima domenica di febbraio, indicheranno il candidato alla successione del sindaco Sergio Chiamparino. E anche se gli uomini in lizza sono cinque, i due che si contendono lo scettro sono Piero Fassino e Davide Gariglio. Entrambi del Pd, entrambi uomini forti del partito sotto la Mole. I bookmaker danno per favorito l’ex segretario Ds, ma Gariglio gli sta dando non poco filo da torcere.
“Un sindaco non si inventa, si sceglie”, dicono i manifesti targati Pd che tappezzano da giorni Torino. Le schede stampate sono 80 mila. Ne saranno distribuite nei seggi solo 55 mila, ma potrebbero bastarne molte meno. Perché l’obiettivo minimo (non scontato) è confermare i 39 mila votanti delle primarie del 2009. Al di sotto di quella soglia, il segnale per il Pd non sarebbe di certo buono, soprattutto in vista della sfida col centrodestra in quella che è una delle ultime roccaforti del centrosinistra nel Nord. Di più. “La scelta che sarà compiuta a Torino, avrà un valore più generale, politico, e peserà sul piano nazionale”, avverte il segretario Pier Luigi Bersani in una lettera ai torinesi.
La tensione è alta, dunque. “Il paradosso è che è più difficile vincere le primarie che le elezioni”, ha detto in un’intervista a l'Unità Piero Fassino. Dopo il naufragio della candidatura di Francesco Profumo, il rettore del Politecnico di Torino che sarebbe stato capace di unire l’intero centrosinistra torinese, è sul nome dell’ultimo segretario dei Ds, due volte ministro e torinese doc, che si è registrata la convergenza dell’establishment del Pd. A lui e alla sua campagna condotta all’insegna dello slogan Gran Torino (dal nome del modello Ford così battezzato in onore a Gianni Agnelli), è arrivata anche la benedizione del sindaco uscente, Chiamparino.
Ma sempre dalle fila del Pd viene lo sfidante più pericoloso, Davide Gariglio, ex presidente del Consiglio regionale del Piemonte ed esponente di punta dell’area cattolica del partito. Il “giovane” Gariglio (43 anni), in tutta la sua campagna elettorale ha puntato sulla necessità di un “ricambio generazionale” e di “nuova energia per Torino”. Perciò ha menato fendenti contro l’establishment rappresentato da Fassino, tanto che il responsabile Economia del Pd, Stefano Fassina, si è sentito dare del “colonnello bolscevico”.
Non sono invece granché impensieriti, i due sfidanti del Pd, dai loro contendenti esterni. L’ex Pdci Gian Guido Passoni, assessore con Chiamparino, potrebbe convogliare i voti della Federazione della sinistra, sebbene questa sia fuori dalla coalizione. C’è poi il presidente dei Radicali italiani, il ginecologo Silvio Viale, che si è battuto per l’introduzione in Italia della pillola abortiva e punta a raccogliere i voti di chi si riconosce nelle sue battaglie, tant’è che ha scelto una campagna senza manifesti e neanche un sito internet (le spese elettorali non arrivano a mille euro). Infine c'è il trentenne Michele Curto, fondatore dell’associazione Terra del fuoco, che vive alle porte di Torino in una comunità dove coabitano italiani, famiglie rom e rifugiati politici. Ha presentato la sua campagna in un kebab egiziano perché “dall’Egitto arriva il vento della libertà” e distribuito arance come simbolo di “una sinistra sana” e “libera dalle influenze”. Su di lui potrebbero convergere molti dei voti del partito di Vendola, dal momento che Sel non ha un suo candidato.
Ad ogni modo, i riflettori sono tutti puntati sulla sfida interna. Un’affluenza alta, sembra destinata ad assegnare la vittoria a “Piero”. Ma non è detto. E già impazzano le polemiche legate ai sospetti e le accuse reciproche di inquinamento del voto (molto citato l’esempio dei cinesi visti in fila alle urne nelle primarie di Napoli). I fassiniani hanno fatto trapelare i timori di manovre del centrodestra in favore di Gariglio. “Stanno creando le pre-condizioni per l’annullamento del voto, se vinco io”, ha risposto a muso duro Gariglio in un’intervista al Riformista.
A dare un’idea del clima che si respira in queste ore sotto la Mole, basti citare lo scambio di battute al vetriolo con cui i due contendenti principali hanno chiuso giovedì l’ultimo dibattito elettorale. “A Gariglio chiedo – ha attaccato Fassino – che almeno nelle ultime 48 ore usi dei toni rispettosi. So che vuole usare la battuta di Nanni Moretti ‘con questi non vinceremo mai’. Ma voglio ricordargli che da quando Moretti la pronunciò abbiamo vinto un gran numero di elezioni”. “Rifiuto – è stata la replica dello sfidante – la dimensione caricaturale e grottesca che è stata fatta di me da avversari un po’ preoccupati, perché pensavano che avrebbero corso in primarie addomesticate. Il fatto è che nel campionato torinese il centrosinistra ha in campo una squadra che ha sempre vinto e che non ha bisogno che venga a guidarla un campione nazionale, espressione di una dirigenza che a livello nazionale non mi sembra abbia fatto altrettanto bene”.
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“Un sindaco non si inventa, si sceglie”, dicono i manifesti targati Pd che tappezzano da giorni Torino. Le schede stampate sono 80 mila. Ne saranno distribuite nei seggi solo 55 mila, ma potrebbero bastarne molte meno. Perché l’obiettivo minimo (non scontato) è confermare i 39 mila votanti delle primarie del 2009. Al di sotto di quella soglia, il segnale per il Pd non sarebbe di certo buono, soprattutto in vista della sfida col centrodestra in quella che è una delle ultime roccaforti del centrosinistra nel Nord. Di più. “La scelta che sarà compiuta a Torino, avrà un valore più generale, politico, e peserà sul piano nazionale”, avverte il segretario Pier Luigi Bersani in una lettera ai torinesi.
La tensione è alta, dunque. “Il paradosso è che è più difficile vincere le primarie che le elezioni”, ha detto in un’intervista a l'Unità Piero Fassino. Dopo il naufragio della candidatura di Francesco Profumo, il rettore del Politecnico di Torino che sarebbe stato capace di unire l’intero centrosinistra torinese, è sul nome dell’ultimo segretario dei Ds, due volte ministro e torinese doc, che si è registrata la convergenza dell’establishment del Pd. A lui e alla sua campagna condotta all’insegna dello slogan Gran Torino (dal nome del modello Ford così battezzato in onore a Gianni Agnelli), è arrivata anche la benedizione del sindaco uscente, Chiamparino.
Ma sempre dalle fila del Pd viene lo sfidante più pericoloso, Davide Gariglio, ex presidente del Consiglio regionale del Piemonte ed esponente di punta dell’area cattolica del partito. Il “giovane” Gariglio (43 anni), in tutta la sua campagna elettorale ha puntato sulla necessità di un “ricambio generazionale” e di “nuova energia per Torino”. Perciò ha menato fendenti contro l’establishment rappresentato da Fassino, tanto che il responsabile Economia del Pd, Stefano Fassina, si è sentito dare del “colonnello bolscevico”.
Non sono invece granché impensieriti, i due sfidanti del Pd, dai loro contendenti esterni. L’ex Pdci Gian Guido Passoni, assessore con Chiamparino, potrebbe convogliare i voti della Federazione della sinistra, sebbene questa sia fuori dalla coalizione. C’è poi il presidente dei Radicali italiani, il ginecologo Silvio Viale, che si è battuto per l’introduzione in Italia della pillola abortiva e punta a raccogliere i voti di chi si riconosce nelle sue battaglie, tant’è che ha scelto una campagna senza manifesti e neanche un sito internet (le spese elettorali non arrivano a mille euro). Infine c'è il trentenne Michele Curto, fondatore dell’associazione Terra del fuoco, che vive alle porte di Torino in una comunità dove coabitano italiani, famiglie rom e rifugiati politici. Ha presentato la sua campagna in un kebab egiziano perché “dall’Egitto arriva il vento della libertà” e distribuito arance come simbolo di “una sinistra sana” e “libera dalle influenze”. Su di lui potrebbero convergere molti dei voti del partito di Vendola, dal momento che Sel non ha un suo candidato.
Ad ogni modo, i riflettori sono tutti puntati sulla sfida interna. Un’affluenza alta, sembra destinata ad assegnare la vittoria a “Piero”. Ma non è detto. E già impazzano le polemiche legate ai sospetti e le accuse reciproche di inquinamento del voto (molto citato l’esempio dei cinesi visti in fila alle urne nelle primarie di Napoli). I fassiniani hanno fatto trapelare i timori di manovre del centrodestra in favore di Gariglio. “Stanno creando le pre-condizioni per l’annullamento del voto, se vinco io”, ha risposto a muso duro Gariglio in un’intervista al Riformista.
A dare un’idea del clima che si respira in queste ore sotto la Mole, basti citare lo scambio di battute al vetriolo con cui i due contendenti principali hanno chiuso giovedì l’ultimo dibattito elettorale. “A Gariglio chiedo – ha attaccato Fassino – che almeno nelle ultime 48 ore usi dei toni rispettosi. So che vuole usare la battuta di Nanni Moretti ‘con questi non vinceremo mai’. Ma voglio ricordargli che da quando Moretti la pronunciò abbiamo vinto un gran numero di elezioni”. “Rifiuto – è stata la replica dello sfidante – la dimensione caricaturale e grottesca che è stata fatta di me da avversari un po’ preoccupati, perché pensavano che avrebbero corso in primarie addomesticate. Il fatto è che nel campionato torinese il centrosinistra ha in campo una squadra che ha sempre vinto e che non ha bisogno che venga a guidarla un campione nazionale, espressione di una dirigenza che a livello nazionale non mi sembra abbia fatto altrettanto bene”.