Sondaggi politici: dall'errore al tarocco. Occhio alla beffa
PoliticaDai voti sospetti dei sondaggi sul Web, alle cantonate degli exit poll. Fino al "basta" televisivo che boccia Silvio Berlusconi. La storia delle Seconda Repubblica è costellata di verdetti sbagliati e polemiche infinite
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La beffa è dietro l’angolo, nell’era dei sondaggi. Attenti a puntare tutto su un exit poll o a chiedere un verdetto senza filtri al “popolo televisivo”. E, per carità, mai cercare di manipolare una consultazione in Rete. La figuraccia è più che un rischio. La storia recente insegna.
SONDAGGI IN RETE – L’ultimo caso è quello del sondaggio sulla questione morale nell’Idv lanciato da MicroMega. “Caro Antonio, che ci guadagni a manipolare?”, chiede senza mezzi termini il direttore Paolo Flores D’Arcais ad Antonio Di Pietro, nel denunciare un’impennata sospetta delle risposte più favorevoli all’Idv. E anche se l’ex pm dalle pagine del suo blog rigetta l’accusa e smonta ogni capo d’imputazione, la polemica è destinata a proseguire.
In questo 2010, ad ogni modo, sia a destra che a sinistra le consultazioni a mezzo Web hanno fatto anche altre “vittime”. E' marzo, infatti, quando sul sito dei berlusconiani “Club della libertà”, di Mario Valducci, si chiede ai navigatori: è giusto che restino fuori dalle regionali sia la lista Pdl a Roma e provincia, sia Formigoni in Lombardia? Ci si attende forse che il lettore medio del sito segua la linea del partito e risponda: “no, non è giusto”. E invece, la clamorosa sorpresa: quasi il 98% dei partecipanti dice che “le regole sono regole”, le liste irregolari non possono partecipare. Apriti cielo. I responsabili del sito danno la colpa al “centrosinistra”, di essere intervenuto per “ribaltare” il risultato. Poi il sondaggio scompare. Cancellato. Senza lasciare tracce, come se non fosse mai esistito.
Altro “incidente” quello in cui incappano i giovani leader in pectore del centrosinistra. A maggio l’Espresso chiede: “Chi sarà tra cinque anni il leader del Pd?”. Tutto fila liscio fino a quando dai blog non si iniziano a segnalare strane impennate di voti a favore di questo o quel candidato. La redazione del settimanale fa una verifica e conferma i sospetti: per il vincitore Matteo Renzi, 5.214 degli 8.373 voti arrivano da tre soli Ip unici, che hanno espresso a raffica la loro preferenza. E lo stesso vale per Giuseppe Civati (5.296 voti su 8.345, da tre Ip unici), Nichi Vendola (4.810 su 8.245 voti da quattro Ip), Debora Serracchiani (5.421 su 7.627 voti da tre Ip) e Matteo Orfini (3.493 voti su 4.635, da un solo Ip).
IL ‘BASTA’ TELEVISIVO A BERLUSCONI – Nel 2003 il presidente del Consiglio, nonché tycoon televisivo Silvio Berlusconi, viene sonoramente beffato da “Mamma Rai”. Paolo Bonolis lancia infatti a ‘Domenica In’ una novità assoluta: il sondaggio sui “basta”. I telespettatori durante la settimana possono dire “basta”, via mail o segreteria telefonica, a quello che proprio non sopportano. E per il Cavaliere è un amaro successo. Al primo posto si piazza il “no” a “Berlusconi e i politici che dicono e non fanno”. Lasciando dietro, al secondo posto, “la distruzione del pianeta”, ma anche la “malasanità” (terza) e la coppia “Bin Laden-Saddam Hussein” (solo quarti). Dopo le inevitabili polemiche, il sondaggio non viene soppresso, ma viene epurato di ogni riferimento a persone precise.
EXIT POLLS INGANNATORI – Mai sbilanciarsi, infine, in commenti nelle prime ore dalla chiusura delle urne. I politici della Seconda Repubblica lo hanno imparato sulla loro pelle, dopo essere rimasti “scottati” in particolare da due episodi, negli anni ’90. Il primo è passato alla storia come quello delle “bandierine di Emilio Fede”. E risale alle regionali del 1995, quando il direttore del Tg4 sceglie di puntare su ciascuna Regione una bandierina azzurra o rossa, a seconda di chi se l’è aggiudicata. Non ha fatto i conti, però, con l'istituto di sondaggi Datamedia, che sbaglia il verdetto e lo costringe a cambiare in corsa gran parte delle bandierine.
Nel ’99, invece, sono i politici di tutti gli schieramenti (da Prodi, a Berlusconi, da Fini a Bertinotti) a cadere nella trappola degli exit poll che danno per raggiunto il quorum del referendum sull’abolizione della quota proporzionale del sistema elettorale e si sbilanciano in dichiarazioni al vetriolo in favore di telecamera. La scena bruscamente si interrompe, però, all’una meno un quarto della notte, quando arrivano i dati reali: niente quorum. Quel che resta, così, è un memorabile “blob” televisivo.
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EXIT POLLS INGANNATORI – Mai sbilanciarsi, infine, in commenti nelle prime ore dalla chiusura delle urne. I politici della Seconda Repubblica lo hanno imparato sulla loro pelle, dopo essere rimasti “scottati” in particolare da due episodi, negli anni ’90. Il primo è passato alla storia come quello delle “bandierine di Emilio Fede”. E risale alle regionali del 1995, quando il direttore del Tg4 sceglie di puntare su ciascuna Regione una bandierina azzurra o rossa, a seconda di chi se l’è aggiudicata. Non ha fatto i conti, però, con l'istituto di sondaggi Datamedia, che sbaglia il verdetto e lo costringe a cambiare in corsa gran parte delle bandierine.
Nel ’99, invece, sono i politici di tutti gli schieramenti (da Prodi, a Berlusconi, da Fini a Bertinotti) a cadere nella trappola degli exit poll che danno per raggiunto il quorum del referendum sull’abolizione della quota proporzionale del sistema elettorale e si sbilanciano in dichiarazioni al vetriolo in favore di telecamera. La scena bruscamente si interrompe, però, all’una meno un quarto della notte, quando arrivano i dati reali: niente quorum. Quel che resta, così, è un memorabile “blob” televisivo.