Due deputati dell'Idv hanno annunciato che d'ora in avanti voteranno "in autonomia" dal loro (ex) partito. Sono gli ultimi di una lunga serie di politici eletti con l’ex pm e poi passati dall'altra parte. E sul web i militanti chiedono più garanzie
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Un chiodo fisso, un’ossessione, forse qualcosa di più: passano gli anni, cambiano le legislature, ma l’accusa resta sempre la stessa: “Giuda!”. Non cambia neppure il mittente: Antonio Di Pietro.
Il destinatario, quello sì, varia, e spesso. Ed è qui il vero problema: il caso dei due deputati dell’Idv che alla vigilia del voto di fiducia sull’esecutivo Berlusconi annunciano di smarcarsi dal partito dell’ex magistrato e di votare in autonomia non è affatto isolato (anche se sulla presunta compravendita di deputati indaga la Procura). Non riguarda dunque solo Antonio Razzi e Domenico Scilipioti, lo stesso parlamentare che qualche settimana fa aveva già parlato di "seggio e soldi per passare tra le filea della maggioranza".
Al contrario. L'episodio è solo l’ultimo di una lunga serie di abbandoni e trasferimenti che, forse troppo spesso, hanno riguardato il partito di Antonio Di Pietro,diventando quasi un marchio di fabbrica (meglio: un vizio di origine), sin dal suo atto di nascita. Tanto che nel partito qualcuno inizia a fare la voce grossa. E' il caso, ad esempio, di Luigi De Magistris, delfino-rivale del leader dell’Idv, che in un’intervista al Fatto chiede a “Di Pietro che per le prossime elezioni venga costituita una cabina di regia, di cui mi onorerei di far parte, per selezionare i candidati del partito”.
Cominciano dall'inizio. Corre l’anno 2001 e Tonino decide di candidarsi da solo, senza apparentarsi con l’Ulivo. Per entrare alla Camera, bisogna superare il 4%. Di Pietro sfiora il quorum per una manciata di voti, ma grazie ai ripescaggi porta al Senato un suo uomo, Valerio Carrara.
Nemmeno il tempo di brindare, e l’unico esponente della pattuglia dell’Idv passa armi e bagagli al Ccd, il partito di Casini e Mastella che, di confidenza con Di Pietro, ne ha ben poca (e pochissima ne avrà negli anni a venire).
Raccontando la scelta di candidarlo, Carrara, qualche anno dopo, dirà: “Era l'ultimo giorno utile per la presentazione delle liste. Cercavano una faccia della valle. Mi chiesero se ci stavo, dissi di sì”. Dal canto suo, l’ex pm, furioso, dopo aver ricordato le mille fatiche della campagna elettorale: “L’avevo messo nel conto di incocciare in qualche Giuda”.
Ciò che lui allora non sa, però, è che l’episodio sarà destinato incredibilmente a ripetersi.
Con una curiosa anteprima, che porta la data del 1999, anno delle elezioni europee, e scomoda uno dei pesi massimi dello sport italiano, Pietro Mennea.
Di Pietro aderisce ai Democratici di Prodi e punta le su fiches sul grande atleta nostrano, che entusiasta ricambia: “Sono vicino a lui da anni, quando era ancora magistrato. Gli mandai uno dei miei libri e lui volle conoscermi. L' ho rivisto per la raccolta di firme per il referendum e ha scritto la prefazione del mio ultimo libro, Storia di un concorso pubblico svoltosi in Italia. Poi mi ha chiesto se volevo candidarmi: perché noi due parliamo lo stesso linguaggio".
L’amore però non dura molto: passa qualche anno e l’ex primatista mondiale lo abbandona. Direzione, manco a dirlo, Forza Italia.
Non sarà il solo: nel 2006 tocca a Sergio De Gregorio, il rubicondo senatore campano decisivo nel far cadere l’esanime governo Prodi (tenuto in vita anche grazie al voto essenziale dei senatori a vita).
Quattro anni dopo è la volta di Americo Perfidia: dopo l’indagine della Dda di Napoli nei suoi confronti per estorsione aggravata dal favoreggiamento della camorra, si trasferisce nel centrodestra ed entra in Noi Sud, il partito di stampo meridionalista guidato da Enzo Scotti.
Due deputati, candidati nonostante nei loro curricula ci fossero esperienze politiche nell’Udeur di Clemente Mastella (Porfidia) e addirittura in Forza Italia (De Gregorio).
E l’elenco - giurano sul web gli “ex militanti stanchi” - potrebbe continuare: “Marco Malinverno (Elezioni Provinciali Milano 1999) Adriano Ciccioni (Elezioni Comunali Milano 2001) una pletora di consiglieri di circoscrizione ( Elezioni Comunali Milano 2001)...". Su Facebook, c’è chi si rivolge al leader Idv e scrive: “Purtroppo devi stare attento anche alla tua stalla!”. O chi, come Giuseppe, con molta più rabbia e senza troppi giri di parole, scrive: “La prossima volta, prima di candidare qualcuno, fateli visitare da uno psichiatra”.
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Al contrario. L'episodio è solo l’ultimo di una lunga serie di abbandoni e trasferimenti che, forse troppo spesso, hanno riguardato il partito di Antonio Di Pietro,diventando quasi un marchio di fabbrica (meglio: un vizio di origine), sin dal suo atto di nascita. Tanto che nel partito qualcuno inizia a fare la voce grossa. E' il caso, ad esempio, di Luigi De Magistris, delfino-rivale del leader dell’Idv, che in un’intervista al Fatto chiede a “Di Pietro che per le prossime elezioni venga costituita una cabina di regia, di cui mi onorerei di far parte, per selezionare i candidati del partito”.
Cominciano dall'inizio. Corre l’anno 2001 e Tonino decide di candidarsi da solo, senza apparentarsi con l’Ulivo. Per entrare alla Camera, bisogna superare il 4%. Di Pietro sfiora il quorum per una manciata di voti, ma grazie ai ripescaggi porta al Senato un suo uomo, Valerio Carrara.
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