Inchiesta G8: gli atti dell'indagine sull'acquisto di un palazzetto di Propaganda Fide tornano al tribunale dei ministri di Perugia
INCHIESTA APPALTI: L'ABUM FOTOGRAFICO
La maggioranza alla Camera salva l'ex ministro del Pdl Pietro Lunardi dal processo per corruzione nato dall'inchiesta sulla "cricca", ma la partita che lo riguarda non è ancora del tutto chiusa.
Per ora la Camera ha rispedito al mittente, in quanto "carente", la richiesta di autorizzazione a procedere contro Lunardi formulata dal tribunale dei ministri di Perugia: 292 voti favorevoli al rinvio delle carte, venuti dai banchi di Pdl, Lega e anche da quelli dei finiani che pero' fanno capire di essere pronti a votare in modo diverso se la questione dovesse tornare all'attenzione della Camera.
La vicenda per la quale l'ex ministro è finito nel mirino dei magistrati riguarda l'acquisto a prezzo di favore di un palazzetto di via dei Prefetti, in una zona centralissima di Roma alle spalle della Camera: 960 metri quadrati di proprietà di Propaganda Fide, la congregazione del Vaticano per l'evangelizzazione, che diventarono di Lunardi per la cifra di 4,16 milioni di euro. Indagando sulla "cricca", i magistrati di Perugia sono arrivati alla convinzione che Lunardi avesse ottenuto il palazzo grazie a un accordo con l'allora prefetto della congregazione, l'attuale arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe: in cambio del "megasconto", Lunardi, nella sua qualità di ministro, avrebbe concesso due milioni e mezzo di finanziamento per la ristrutturazione della sede di Propaganda Fide a piazza di Spagna. Di qui l'indagine su Lunardi e Sepe, entrambi accusati del reato di corruzione.
A differenza dei parlamentari, che possono essere indagati e mandati sotto processo senza che le Camere debbano concedere l'autorizzazione, per i reati ministeriali è ancora necessario il voto del Parlamento. Il tribunale dei ministri di Perugia ha mandato tutte le carte riguardanti Lunardi con la convinzione che le prove fossero così schiaccianti da "costringere" la giunta per le autorizzazioni e l'aula della Camera a dire di sì. Ma la maggioranza si è appigliata al fatto che nel plico arrivato a Montecitorio non c'erano gli atti riguardanti il cardinale Sepe. Secondo l'interpretazione proposta dalla maggioranza (ma respinta dal tribunale dei ministri) le Camere devono infatti pronunciarsi anche sulla posizione dei coimputati di un procedimento che riguarda un ministro. E per questo ha deciso di rimandare indietro tutto il materiale.
Ora bisognerà aspettare la nuova decisone del tribunale dei ministri, anche se sembra difficile che si pieghino al volere della Camera dopo aver esplicitamente detto di essere contrari alla tesi della maggioranza; per questo, tra le strade possibili per uscire dall'impasse si profila quella del sollevamento del conflitto di attribuzioni presso la Corte Costituzionale, che sarebbe chiamata a dirimere l'intricata questione.
I finiani, nel frattempo, fanno sapere di non aver voluto salvare l'ex ministro. Come spiega il 'futurista' Nino Lo Presti, "la questione è soltanto rinviata: Fli con il voto di martedì ha solo chiesto il rispetto della legge e non ha pronunciato un giudizio di assoluzione nei confronti di Lunardi". Certo che se oggi avessero votato con l'opposizione, le carte su Lunardi non avrebbero preso la via di Perugia.
Ma l'opposizione non si fida e teme che alla fine la maggioranza toglierà Lunardi dai guai. "E' un brutto giorno per la giustizia", si indigna la democratica Donatella Ferranti, secondo la quale la maggioranza "vuole bloccare tutta l'indagine". Protesta anche l'Idv: "L'aula della Camera - dice il capogruppo Massimo Donadi - ormai è l'aula delle impunità".
La maggioranza alla Camera salva l'ex ministro del Pdl Pietro Lunardi dal processo per corruzione nato dall'inchiesta sulla "cricca", ma la partita che lo riguarda non è ancora del tutto chiusa.
Per ora la Camera ha rispedito al mittente, in quanto "carente", la richiesta di autorizzazione a procedere contro Lunardi formulata dal tribunale dei ministri di Perugia: 292 voti favorevoli al rinvio delle carte, venuti dai banchi di Pdl, Lega e anche da quelli dei finiani che pero' fanno capire di essere pronti a votare in modo diverso se la questione dovesse tornare all'attenzione della Camera.
La vicenda per la quale l'ex ministro è finito nel mirino dei magistrati riguarda l'acquisto a prezzo di favore di un palazzetto di via dei Prefetti, in una zona centralissima di Roma alle spalle della Camera: 960 metri quadrati di proprietà di Propaganda Fide, la congregazione del Vaticano per l'evangelizzazione, che diventarono di Lunardi per la cifra di 4,16 milioni di euro. Indagando sulla "cricca", i magistrati di Perugia sono arrivati alla convinzione che Lunardi avesse ottenuto il palazzo grazie a un accordo con l'allora prefetto della congregazione, l'attuale arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe: in cambio del "megasconto", Lunardi, nella sua qualità di ministro, avrebbe concesso due milioni e mezzo di finanziamento per la ristrutturazione della sede di Propaganda Fide a piazza di Spagna. Di qui l'indagine su Lunardi e Sepe, entrambi accusati del reato di corruzione.
A differenza dei parlamentari, che possono essere indagati e mandati sotto processo senza che le Camere debbano concedere l'autorizzazione, per i reati ministeriali è ancora necessario il voto del Parlamento. Il tribunale dei ministri di Perugia ha mandato tutte le carte riguardanti Lunardi con la convinzione che le prove fossero così schiaccianti da "costringere" la giunta per le autorizzazioni e l'aula della Camera a dire di sì. Ma la maggioranza si è appigliata al fatto che nel plico arrivato a Montecitorio non c'erano gli atti riguardanti il cardinale Sepe. Secondo l'interpretazione proposta dalla maggioranza (ma respinta dal tribunale dei ministri) le Camere devono infatti pronunciarsi anche sulla posizione dei coimputati di un procedimento che riguarda un ministro. E per questo ha deciso di rimandare indietro tutto il materiale.
Ora bisognerà aspettare la nuova decisone del tribunale dei ministri, anche se sembra difficile che si pieghino al volere della Camera dopo aver esplicitamente detto di essere contrari alla tesi della maggioranza; per questo, tra le strade possibili per uscire dall'impasse si profila quella del sollevamento del conflitto di attribuzioni presso la Corte Costituzionale, che sarebbe chiamata a dirimere l'intricata questione.
I finiani, nel frattempo, fanno sapere di non aver voluto salvare l'ex ministro. Come spiega il 'futurista' Nino Lo Presti, "la questione è soltanto rinviata: Fli con il voto di martedì ha solo chiesto il rispetto della legge e non ha pronunciato un giudizio di assoluzione nei confronti di Lunardi". Certo che se oggi avessero votato con l'opposizione, le carte su Lunardi non avrebbero preso la via di Perugia.
Ma l'opposizione non si fida e teme che alla fine la maggioranza toglierà Lunardi dai guai. "E' un brutto giorno per la giustizia", si indigna la democratica Donatella Ferranti, secondo la quale la maggioranza "vuole bloccare tutta l'indagine". Protesta anche l'Idv: "L'aula della Camera - dice il capogruppo Massimo Donadi - ormai è l'aula delle impunità".