Tra scissioni e abbandoni, non c'è pace nei partiti
PoliticaDai finiani a Micciché. Dalle tensioni tra l'Udc e i suoi parlamentari siciliani, alle autosospensioni nell'Idv. Ogni formazione politica ha le sue grane, nell'attesa del voto alla Camera in cui si deciderà la sorte del Governo
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Ogni giorno ha la sua pena per i leader politici italiani, in questi ultimi giorni d’estate. Interviste al vetriolo, annunci di scissione, trattative sottobanco. I partiti perdono pezzi o si frammentano in nuove correnti, movimenti, formazioni locali e alleanze trasversali. Il voto previsto per il 28 settembre sul discorso programmatico di Silvio Berlusconi e la “campagna acquisti” in corso, provocano nuovi smottamenti nella maggioranza, dopo il terremoto provocato dai finiani. Ma anche l’opposizione non vive giorni tranquilli: lo spettro delle urne fa progettare geometrie politiche e fa sì che le minoranze interne facciano sentire più forte la loro voce. E allora, per il tormento di segretari e presidenti di partito, da Bocchino a Miccichè, da Romano a Calearo, tenere insieme i pezzi di questi tempi sembra non essere impresa da poco.
Pdl - Doveroso iniziare la rassegna, allora, dal Pdl. La pattuglia dei 35 deputati finiani di Futuro e libertà, da qualche mese non fa dormire sogni tranquilli alla maggioranza e al premier. Dentro la maggioranza, ma con riserva. Ogni loro voto in Parlamento potrebbe essere d’ora in poi decisivo per la tenuta del governo. E allora, mentre davanti ai probiviri del Pdl va avanti il “processo” ai tre falchi finiani Italo Bocchino, Carmelo Briguglio e Fabio Granata (il loro deferimento diede il via alla nascita del nuovo gruppo), prosegue il tentativo del Cavaliere di puntellare la sua maggioranza con voti esterni. Ma la partita non sembra così semplice. E’ già tramontato il progetto di dar vita a un gruppo di “Responsabilità nazionale” pescando nel gruppo Misto e nell’Udc (a tenere le fila avrebbe dovuto essere Francesco Nucara già passato dal Pdl al gruppo Misto con il suo Pri). E intanto il partito del premier rischia di perdere nuovi pezzi: in Sicilia Gianfranco Micciché, pur professando fedeltà a Berlusconi a livello nazionale, ha annunciato il Partito del popolo siciliano.
Udc - E dalla Sicilia, mentre Raffaele Lombardo sta per battezzare una nuova maggioranza trasversale con Mpa, Fli, Api e l’appoggio esterno del Pd, arrivano grane non da poco anche per l’Udc, che nell’isola ha un bacino di voti non indifferente. Il segretario regionale centrista Saverio Romano (legato all'ex presidente Totò Cuffaro), ha ribadito più volte negli ultimi giorni il suo dissenso rispetto alla scelta di Pier Ferdinando Casini di chiedere le dimissioni di Berlusconi. Romano potrebbe dunque votare la fiducia al governo anche in dissenso rispetto a scelte diverse del suo partito. Con lui, altri tre deputati siciliani, Calogero Mannino, Giuseppe Ruvolo e Giuseppe Drago, e il napoletano Michele Pisacane. Contro quest’ultimo, il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa ha chiesto ai probiviri del partito di prendere provvedimenti, dopo un’intervista a Repubblica dal titolo eloquente: “Sto nell’Udc, tratto col Pd e forse voto Pdl”. “Vadano pure”, dice Casini. E Cesa chiosa: “Guardate che fine hanno fatto quelli che finora sono andati (il pensiero va ad esempio a Carlo Giovanardi e Francesco Pionati, ndr). Sono spariti nel nulla”.
Pd - Nessuna tentazione di voto a favore del governo, invece, all’origine delle tensioni interne al Pd. Ma una spaccatura sulla linea politica, che torna tra l’altro a contrapporre gli eterni rivali Walter Veltroni a Massimo D’Alema. Sono 75 (su 319) i parlamentari democratici che hanno firmato il documento in cui Veltroni, assieme all’ex popolare Beppe Fioroni, chiede un cambio di rotta del partito. Nasce così un “movimento” che, assicurano i promotori, non vuole scindere, ma rafforzare il Pd. Con buona pace del segretario Pier Luigi Bersani (che ha dalla sua D’Alema, ma anche Dario Franceschini e Rosy Bindi).
Api - E’ ormai metabolizzata, invece, nel Pd la scissione dell’Api di Francesco Rutelli. Che adesso rischia a sua volta di perdere pezzi, come quel Massimo Calearo, imprenditore candidato da Veltroni e passato all’Alleanza per l’Italia, che dichiara: “Se nel programma di Berlusconi ci saranno decisioni in favore delle imprese e dell’economia, di certo non farò mai mancare il mio voto al premier”.
Idv - E Di Pietro? I tempi non sono tanto tranquilli neanche per lui. Prima l’addio all’Idv dell’eurodeputato cattolico Vincenzo Iovine. Poi l’autosospensione di un altro europarlamentare di peso, Pino Arlacchi, sociologo antimafia, in dissenso con la “deriva estremista” del partito.
Lega - Solo la Lega appare al momento resistere compatta. Ma quest’estate non ha fatto mancare le sue grane neanche a Umberto Bossi. Come la comparsa del norme del consigliere regionale Angelo Cioccia nella maxi inchiesta sulla ‘ndrangheta in Lombardia e la vicenda del disinvolto uso delle auto blu da parte del presidente del Consiglio regionale del Friuli Edouard Ballaman. E intanto, racconta qualche retroscena, all’ombra del leader si mostrano i primi segni di una lotta per la successione che è pronta ad esplodere.
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Ogni giorno ha la sua pena per i leader politici italiani, in questi ultimi giorni d’estate. Interviste al vetriolo, annunci di scissione, trattative sottobanco. I partiti perdono pezzi o si frammentano in nuove correnti, movimenti, formazioni locali e alleanze trasversali. Il voto previsto per il 28 settembre sul discorso programmatico di Silvio Berlusconi e la “campagna acquisti” in corso, provocano nuovi smottamenti nella maggioranza, dopo il terremoto provocato dai finiani. Ma anche l’opposizione non vive giorni tranquilli: lo spettro delle urne fa progettare geometrie politiche e fa sì che le minoranze interne facciano sentire più forte la loro voce. E allora, per il tormento di segretari e presidenti di partito, da Bocchino a Miccichè, da Romano a Calearo, tenere insieme i pezzi di questi tempi sembra non essere impresa da poco.
Pdl - Doveroso iniziare la rassegna, allora, dal Pdl. La pattuglia dei 35 deputati finiani di Futuro e libertà, da qualche mese non fa dormire sogni tranquilli alla maggioranza e al premier. Dentro la maggioranza, ma con riserva. Ogni loro voto in Parlamento potrebbe essere d’ora in poi decisivo per la tenuta del governo. E allora, mentre davanti ai probiviri del Pdl va avanti il “processo” ai tre falchi finiani Italo Bocchino, Carmelo Briguglio e Fabio Granata (il loro deferimento diede il via alla nascita del nuovo gruppo), prosegue il tentativo del Cavaliere di puntellare la sua maggioranza con voti esterni. Ma la partita non sembra così semplice. E’ già tramontato il progetto di dar vita a un gruppo di “Responsabilità nazionale” pescando nel gruppo Misto e nell’Udc (a tenere le fila avrebbe dovuto essere Francesco Nucara già passato dal Pdl al gruppo Misto con il suo Pri). E intanto il partito del premier rischia di perdere nuovi pezzi: in Sicilia Gianfranco Micciché, pur professando fedeltà a Berlusconi a livello nazionale, ha annunciato il Partito del popolo siciliano.
Udc - E dalla Sicilia, mentre Raffaele Lombardo sta per battezzare una nuova maggioranza trasversale con Mpa, Fli, Api e l’appoggio esterno del Pd, arrivano grane non da poco anche per l’Udc, che nell’isola ha un bacino di voti non indifferente. Il segretario regionale centrista Saverio Romano (legato all'ex presidente Totò Cuffaro), ha ribadito più volte negli ultimi giorni il suo dissenso rispetto alla scelta di Pier Ferdinando Casini di chiedere le dimissioni di Berlusconi. Romano potrebbe dunque votare la fiducia al governo anche in dissenso rispetto a scelte diverse del suo partito. Con lui, altri tre deputati siciliani, Calogero Mannino, Giuseppe Ruvolo e Giuseppe Drago, e il napoletano Michele Pisacane. Contro quest’ultimo, il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa ha chiesto ai probiviri del partito di prendere provvedimenti, dopo un’intervista a Repubblica dal titolo eloquente: “Sto nell’Udc, tratto col Pd e forse voto Pdl”. “Vadano pure”, dice Casini. E Cesa chiosa: “Guardate che fine hanno fatto quelli che finora sono andati (il pensiero va ad esempio a Carlo Giovanardi e Francesco Pionati, ndr). Sono spariti nel nulla”.
Pd - Nessuna tentazione di voto a favore del governo, invece, all’origine delle tensioni interne al Pd. Ma una spaccatura sulla linea politica, che torna tra l’altro a contrapporre gli eterni rivali Walter Veltroni a Massimo D’Alema. Sono 75 (su 319) i parlamentari democratici che hanno firmato il documento in cui Veltroni, assieme all’ex popolare Beppe Fioroni, chiede un cambio di rotta del partito. Nasce così un “movimento” che, assicurano i promotori, non vuole scindere, ma rafforzare il Pd. Con buona pace del segretario Pier Luigi Bersani (che ha dalla sua D’Alema, ma anche Dario Franceschini e Rosy Bindi).
Api - E’ ormai metabolizzata, invece, nel Pd la scissione dell’Api di Francesco Rutelli. Che adesso rischia a sua volta di perdere pezzi, come quel Massimo Calearo, imprenditore candidato da Veltroni e passato all’Alleanza per l’Italia, che dichiara: “Se nel programma di Berlusconi ci saranno decisioni in favore delle imprese e dell’economia, di certo non farò mai mancare il mio voto al premier”.
Idv - E Di Pietro? I tempi non sono tanto tranquilli neanche per lui. Prima l’addio all’Idv dell’eurodeputato cattolico Vincenzo Iovine. Poi l’autosospensione di un altro europarlamentare di peso, Pino Arlacchi, sociologo antimafia, in dissenso con la “deriva estremista” del partito.
Lega - Solo la Lega appare al momento resistere compatta. Ma quest’estate non ha fatto mancare le sue grane neanche a Umberto Bossi. Come la comparsa del norme del consigliere regionale Angelo Cioccia nella maxi inchiesta sulla ‘ndrangheta in Lombardia e la vicenda del disinvolto uso delle auto blu da parte del presidente del Consiglio regionale del Friuli Edouard Ballaman. E intanto, racconta qualche retroscena, all’ombra del leader si mostrano i primi segni di una lotta per la successione che è pronta ad esplodere.
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