"Senza la libertà di informazione non siamo cittadini, siamo sudditi", ha detto il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni. Intanto c’è attesa per l'incontro tra il ministro Alfano e il presidente della commissione Giustizia Bongiorno
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"Senza la libertà di informazione non siamo cittadini, siamo sudditi": il monito del presidente dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, Corrado Calabrò, è arrivato alla vigilia del possibile incontro tra il Guardasigilli Angelino Alfano e il presidente della commissione Giustizia della Camera Giulia Bongiorno sul ddl intercettazioni, atteso per oggi.
Gli emendamenti presentati da Bongiorno e dal capogruppo del Pdl in commissione Enrico Costa avrebbero risolto molti problemi. Ma restano ancora nodi da sciogliere, come quelli che riguardano appunto la libertaà di stampa: non a caso l'altolà di Calabrò viene subito rilanciato da Federazione degli editori e Federazione nazionale della stampa.
Per trovare un punto di equilibrio all'interno del Pdl, si dovrebbe fare però una forzatura regolamentare, considerando “ammissibile” un emendamento che interviene su un punto del testo sul quale c'è già stata la cosiddetta “doppia conforme” (la pronuncia sia della Camera sia del Senato). Cosa che può essere decisa solo dal presidente della Commissione e da quello della Camera. Nel caso specifico, siccome a Palazzo Madama si è intervenuti sulle sanzioni agli editori, il tentativo è quello di “ritoccare” anche la parte che riguarda i giornalisti e i divieti di pubblicazione.
Il presidente della Fieg, Carlo Malinconico, sottolinea che "l'inammissibilità è uno strumento procedurale di disciplina dell'andamento dei lavori parlamentari, ma non esclude la possibilità che il Parlamento si riesprima nel merito. Ciò anche per evitare che le Camere siano costrette a reintervenire subito dopo, con una correzione del testo eventualmente appena approvato. Correzione che si renderebbe assolutamente necessaria - ammonisce Malinconico - se lo sbarramento a emendamenti di correzione in senso costituzionale del ddl venisse da profili solo procedurali".
Concorda il segretario della Fnsi, Franco Siddi, che insiste sulla necessità di "radicali cambiamenti" al provvedimento: "Non possono essere elementi procedurali a impedire la restituzione ai cittadini del diritto negato alla cronaca giudiziaria puntuale e corretta nel tempo debito". Per il sindacato dei giornalisti, "esistono già le norme di tutela di un altro diritto rilevante come quello della privacy. Se si vuole rendere più efficaci gli strumenti di applicazione del codice deontologico approvato dall'Autorità di tutela della privacy, si tratta di affrontare seriamente la proposta di istituzione del Giurì per la lealtà dell'informazione".
Anche Calabrò ricorda l"'esigenza di tutelare la dignità e la riservatezza" come diritto contrapposto a quello di informare e di essere informati, che però non deve mai consentire "di oscurare la mente". E cita "il pluralismo come valore prezioso, costituzionalmente garantito", un antidoto per tutelare "dalla possibile prevaricazione di certa stampa e dal rischio di appiattimento su un pensiero unico".
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"Senza la libertà di informazione non siamo cittadini, siamo sudditi": il monito del presidente dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, Corrado Calabrò, è arrivato alla vigilia del possibile incontro tra il Guardasigilli Angelino Alfano e il presidente della commissione Giustizia della Camera Giulia Bongiorno sul ddl intercettazioni, atteso per oggi.
Gli emendamenti presentati da Bongiorno e dal capogruppo del Pdl in commissione Enrico Costa avrebbero risolto molti problemi. Ma restano ancora nodi da sciogliere, come quelli che riguardano appunto la libertaà di stampa: non a caso l'altolà di Calabrò viene subito rilanciato da Federazione degli editori e Federazione nazionale della stampa.
Per trovare un punto di equilibrio all'interno del Pdl, si dovrebbe fare però una forzatura regolamentare, considerando “ammissibile” un emendamento che interviene su un punto del testo sul quale c'è già stata la cosiddetta “doppia conforme” (la pronuncia sia della Camera sia del Senato). Cosa che può essere decisa solo dal presidente della Commissione e da quello della Camera. Nel caso specifico, siccome a Palazzo Madama si è intervenuti sulle sanzioni agli editori, il tentativo è quello di “ritoccare” anche la parte che riguarda i giornalisti e i divieti di pubblicazione.
Il presidente della Fieg, Carlo Malinconico, sottolinea che "l'inammissibilità è uno strumento procedurale di disciplina dell'andamento dei lavori parlamentari, ma non esclude la possibilità che il Parlamento si riesprima nel merito. Ciò anche per evitare che le Camere siano costrette a reintervenire subito dopo, con una correzione del testo eventualmente appena approvato. Correzione che si renderebbe assolutamente necessaria - ammonisce Malinconico - se lo sbarramento a emendamenti di correzione in senso costituzionale del ddl venisse da profili solo procedurali".
Concorda il segretario della Fnsi, Franco Siddi, che insiste sulla necessità di "radicali cambiamenti" al provvedimento: "Non possono essere elementi procedurali a impedire la restituzione ai cittadini del diritto negato alla cronaca giudiziaria puntuale e corretta nel tempo debito". Per il sindacato dei giornalisti, "esistono già le norme di tutela di un altro diritto rilevante come quello della privacy. Se si vuole rendere più efficaci gli strumenti di applicazione del codice deontologico approvato dall'Autorità di tutela della privacy, si tratta di affrontare seriamente la proposta di istituzione del Giurì per la lealtà dell'informazione".
Anche Calabrò ricorda l"'esigenza di tutelare la dignità e la riservatezza" come diritto contrapposto a quello di informare e di essere informati, che però non deve mai consentire "di oscurare la mente". E cita "il pluralismo come valore prezioso, costituzionalmente garantito", un antidoto per tutelare "dalla possibile prevaricazione di certa stampa e dal rischio di appiattimento su un pensiero unico".
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