”Metti una sera a cena a casa di Vespa…”

Politica
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Si è svolta a casa del giornalista Rai una cena che ha visto protagonisti il premier in compagnia del leader dell’Udc. Tema della serata la possibile esclusione di Fini e l’ingresso dei centristi nel Governo. Casini: “Prima dimissioni e poi si discute”

La prima fu la “cena delle sardine” che segnò la fine del primo governo Berlusconi, con gli allora segretari di Ppi e Pds Rocco Buttiglione e Massimo D'Alema che a casa di Umberto Bossi convinsero il leader della Lega a disarcionare il Cavaliere. La seconda fu la “cena di casa Letta” che, nata per consacrare l'intesa D'Alema-Berlusconi-Fini-Casini sulla riforma della Costituzione, finì invece per segnare la sorte insieme della commissione bicamerale (causa mancato invito a Umberto Bossi che la fece saltare) e del primo Governo Prodi: con Massimo D'Alema che persa la presidenza della bicamerale puntò dritto a palazzo Chigi fino a che non lo ottenne. Da giovedì, nel gotha delle cene in grado di incidere sulle sorti dei governi del nostro Paese, entra di diritto anche la “cena a casa Vespa”. Evento sul quale ogni quotidiano fornisce una sua versione finale

Le diverse versioni riferite sulla cena, convergono su un punto: l'essere stato Berlusconi piuttosto esplicito e diretto nell'offerta a Casini di “tornare a casa”, passando dall'opposizione al Governo. Con un ruolo di primo piano nella responsabilità di gestire lo Sviluppo economico, casella ministeriale ancora vuota e che Berlusconin ha promesso al Colle di occupare possibilmente entro l'estate con persona di suo gradimento, in grado di raddrizzare il Governo. Sotto questo punto di vista non sono tanto i soli 3 senatori di Casini a poter dare stabilità a Berlusconi. Ma sicuramente i 39 deputati alla Camera dello scudocrociato sono in grado di rendere del tutto ininfluente il comportamento dei 29 deputati su cui il Presidente della Camera può personalmente contare.

Un'offerta che Casini con Berlusconi, secondo quanto da lui stesso riferito ai suoi, ha declinato: "noi non entriamo in questo governo, dimettiti e si apra la crisi, poi se ne riparlerà".
 
Linea che Casini, di nuovo alla testa di un potenziale terzo polo protagonista in un nuovo governo di unità nazionale, ha riproposto pubblicamente dal congresso dei socialisti in corso a Perugia. "La maggioranza la smetta con la sindrome da autosufficienza e vedrà che ciascuno - ha detto- farà la sua parte. Mi auguro -ha detto rivolto ai socialisti- che collaborino con noi a creare il nuovo “partito della nazione” tutte le forze riformiste interessate al bene del Paese e non confinate nei piagnistei di sterile opposizione".

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