Ci hanno provato in tutti i modi, ma il voto non li ha premiati. Ecco quanti voti hanno raccolto il leader degli "impotenti esistenziali", Fabrizio D'addario (“Votatemi, non confondetemi”) e tanti altri candidati dalla campagna elettorale "sui generis"
I DATI SULL'AFFLUENZA
REGIONALI: LE FOTO - I RISULTATI - I COMMENTI - LA MAPPA - I GIORNALI
COMUNALI E PROVINCIALI: TUTTI I RISULTATI
di Serenella Mattera
Hanno provato a mettere alla prova lo strapotere dei grandi partiti, a sfruttare le debolezze del sistema per far passare il loro messaggio. O hanno scommesso su una campagna elettorale eccentrica, su slogan ad effetto, su un manifesto accattivante. Ma ora si trovano accomunati tutti dallo stesso triste destino: “non eletto”. E per alcuni di loro non è neanche la prima volta. Come per Giuseppe Cirillo, leader del Partito degli impotenti esistenziali. Terza bocciatura alle elezioni provinciali, per lui: ultimo tra i sette candidati presidenti, con un magro 0,18%. Ma forse lo consolerà sapere che 884 persone gli hanno dato la loro preferenza, senza farsi spaventare da quel soprannome, “Demolitore di opinioni”, che ha scelto di far scrivere anche sulla scheda. E comunque almeno Cirillo ha avuto l’opportunità di farsi votare, al contrario di Tinto Brass, che è stato escluso in partenza dalla competizione, assieme alle liste radicali in Veneto.
Appena 229 voti, ma la gioia di aver partecipato, per Villani Stefano, detto Rovyna. La drag queen che aspirava al Pirellone, ha fatto scervellare alleati e avversari politici con l’incognita delle sue mille identità. Ma lo slogan “Una degli altri”, che parafrasava quello del neo-riconfermato presidente Roberto Formigoni (“Uno di noi”), evidentemente non ha fatto breccia nei cuori dei milanesi. Lei, comunque, ringrazia.
Molto meglio è andata a Renzo Rabellino, che in Piemonte ha racimolato 36.999 voti. L’1,67% non è bastato a guadagnargli l’elezione in consiglio regionale, ma i suoi “Grilli parlanti – No euro” hanno ottenuto il risultato di guastare la festa ai grillini, quelli veri. "La lista civetta di Rabellino – lamenta Davide Bono, del Movimento a 5 stelle, reduce da un inaspettato successo elettorale (4,08%) – ci ha portato via uno 0,7% che poteva essere prezioso".
Missione fallita anche per Fabrizio D’Addario, il candidato della lista “I pugliesi per Rocco Palese” che aveva stampato manifesti con gambe di donna in primo piano e lo slogan “Votatemi, non confondetemi”, per allontanare da sé l’ombra di ogni parentela con la escort Patrizia e insieme giocare sulla sua popolarità. Fermo a 3439 voti, è fuori dalla Regione. Come Marco Mambelli, detto Mambo, il leghista che in Emilia Romagna si è inventato le “padanine” per ravvivare la sua campagna elettorale, ma alla fine ha racimolato solo 776 preferenze. O come Susy De Martini, il medico che a Genova misurava la pressione ai potenziali elettori (228 voti). Fuori dai giochi anche Massimo Marino, alias “Porcino”. Il popolare conduttore di Viviroma television ed editore del free press Viviroma, nonché arcinoto animatore della vita notturna capitolina e campione del godereccio stile cafonal, è stato votato da 226 persone: un piccolo contributo il suo, ma pur sempre un contributo, per Emma Bonino.
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di Serenella Mattera
Hanno provato a mettere alla prova lo strapotere dei grandi partiti, a sfruttare le debolezze del sistema per far passare il loro messaggio. O hanno scommesso su una campagna elettorale eccentrica, su slogan ad effetto, su un manifesto accattivante. Ma ora si trovano accomunati tutti dallo stesso triste destino: “non eletto”. E per alcuni di loro non è neanche la prima volta. Come per Giuseppe Cirillo, leader del Partito degli impotenti esistenziali. Terza bocciatura alle elezioni provinciali, per lui: ultimo tra i sette candidati presidenti, con un magro 0,18%. Ma forse lo consolerà sapere che 884 persone gli hanno dato la loro preferenza, senza farsi spaventare da quel soprannome, “Demolitore di opinioni”, che ha scelto di far scrivere anche sulla scheda. E comunque almeno Cirillo ha avuto l’opportunità di farsi votare, al contrario di Tinto Brass, che è stato escluso in partenza dalla competizione, assieme alle liste radicali in Veneto.
Appena 229 voti, ma la gioia di aver partecipato, per Villani Stefano, detto Rovyna. La drag queen che aspirava al Pirellone, ha fatto scervellare alleati e avversari politici con l’incognita delle sue mille identità. Ma lo slogan “Una degli altri”, che parafrasava quello del neo-riconfermato presidente Roberto Formigoni (“Uno di noi”), evidentemente non ha fatto breccia nei cuori dei milanesi. Lei, comunque, ringrazia.
Molto meglio è andata a Renzo Rabellino, che in Piemonte ha racimolato 36.999 voti. L’1,67% non è bastato a guadagnargli l’elezione in consiglio regionale, ma i suoi “Grilli parlanti – No euro” hanno ottenuto il risultato di guastare la festa ai grillini, quelli veri. "La lista civetta di Rabellino – lamenta Davide Bono, del Movimento a 5 stelle, reduce da un inaspettato successo elettorale (4,08%) – ci ha portato via uno 0,7% che poteva essere prezioso".
Missione fallita anche per Fabrizio D’Addario, il candidato della lista “I pugliesi per Rocco Palese” che aveva stampato manifesti con gambe di donna in primo piano e lo slogan “Votatemi, non confondetemi”, per allontanare da sé l’ombra di ogni parentela con la escort Patrizia e insieme giocare sulla sua popolarità. Fermo a 3439 voti, è fuori dalla Regione. Come Marco Mambelli, detto Mambo, il leghista che in Emilia Romagna si è inventato le “padanine” per ravvivare la sua campagna elettorale, ma alla fine ha racimolato solo 776 preferenze. O come Susy De Martini, il medico che a Genova misurava la pressione ai potenziali elettori (228 voti). Fuori dai giochi anche Massimo Marino, alias “Porcino”. Il popolare conduttore di Viviroma television ed editore del free press Viviroma, nonché arcinoto animatore della vita notturna capitolina e campione del godereccio stile cafonal, è stato votato da 226 persone: un piccolo contributo il suo, ma pur sempre un contributo, per Emma Bonino.