Il primo cittadino ha deciso di fare un passo indietro dopo le accuse di peculato, abuso di ufficio e truffa aggravata: "Questa città per me viene prima di tutto, lascio l'incarico in piena coscienza"
"Ho già deciso in piena coscienza che rassegnerò le dimissioni dalla mia carica. Lo dico oggi qui nella sede istituzionale più alta della città, qual è l'aula del Consiglio comunale". Così il sindaco di Bologna Flavio Delbono, indagato per peculato, abuso di ufficio e truffa aggravata, ha annunciato alla città le sue dimissioni. All'origine della sua decisione, ha spiegato, il fatto che "i modi e i tempi richiesti per difendermi eventualmente in sede giudiziaria, rischiano di avere ripercussioni negative sulla mia attività di sindaco". E per spiegare la nuova decisione rispetto all'intenzione di non dimettersi nemmeno in caso di rinvio a giudizio annunciata sabato scorso, ha aggiunto: "La storia di questa città e la lunga tradizione di impegno civico fanno sì che a Bologna ci sia una cultura diversa rispetto alle altre città. Bologna per me viene prima di tutto".
Si sono rincorse dal mattino in Comune a Bologna le voci su possibili dimissioni del sindaco Delbono. Il primo cittadino verso le 13 ha chiamato a rapporto i quattro capigruppo di Pd, Idv, Sinistra per Bologna e Prc, cioè la coalizione che lo sostiene. Poco prima erano entrati nel suo ufficio il capo di gabinetto Giuseppe Cremonesi e la segretaria generale Caterina Grechi: "Non posso dire nulla", aveva dribblato i giornalisti la donna scura in volto. In precedenza Delbono ha visto anche il suo avvocato Paolo Trombetti. Le voci sulle possibili dimissioni sono arrivate anche dall' interno del Pd: nel partito molti sono convinti che sia meglio che Delbono si faccia da parte per evitare un logoramento politico e mediatico.
Il primo cittadino di Bologna decide così di fare un passo indietro dopo la bufera giudiziaria del cosiddetto 'Cinzia-gate'.
Tutto è iniziato con una provocazione negli ultimi giorni di campagna elettorale, da parte del suo avversario Alfredo Cazzola, candidato del Pdl, che lo avvertiva di essere stato informato da Cinzia Cracchi (ex compagna ed ex segretaria personale di Delbono, quando ricopriva la carica di vicepresidente e assessore al bilancio della Regione Emilia-Romagna) di possibili "abusi" nei confronti della pubblica amministrazione.
In sostanza, l'ex fidanzata, delusa per essere stata scaricata e quindi spostata ad un ruolo minore al Cup di Bologna, avrebbe spifferato di viaggi di piacere a spese della Regione, di auto blu usate per motivi personali e dell'esistenza di un bancomat di un amico-dell'amico di Delbono attraverso il quale potevano essere prelevati mille euro al mese. Parte la verifica dei magistrati. Poi la vittoria elettorale e quindi il "silenzio" sulla vicenda. Fino alla fine di dicembre, quando il Tribunale felsineo apre una vera e propria inchiesta sul sindaco e la ex compagna: Delbono viene indagato per peculato, abuso di ufficio e truffa aggravata.
Il primo cittadino, accusato dall'opposizione a mezzo stampa, si è sempre detto disponibile a chiarire con la magistratura. L'occasione si è presentata sabato scorso, durante l'interrogatorio fiume davanti al pm Morena Plazzi alla presenza del suo legale Paolo Trombetti. Delbono, all'uscita dalla Procura, si è detto "sereno" e, davanti alle telecamere di una tv locale ha aggiunto: "Non mi dimetto neanche se mi rinviano a giudizio, l'idea non mi sfiora neanche nel cervello".
La dichiarazione - troppo sbrigativa - non è piaciuta ai compagni di partito che, tra comunicati stampa e dichiarazioni, lo hanno criticato invocando al più presto un chiarimento.
Guarda anche:
Delbono interrogato per truffa e peculato
A Bologna la campagna elettorale 2009 finisce in tribunale
Si sono rincorse dal mattino in Comune a Bologna le voci su possibili dimissioni del sindaco Delbono. Il primo cittadino verso le 13 ha chiamato a rapporto i quattro capigruppo di Pd, Idv, Sinistra per Bologna e Prc, cioè la coalizione che lo sostiene. Poco prima erano entrati nel suo ufficio il capo di gabinetto Giuseppe Cremonesi e la segretaria generale Caterina Grechi: "Non posso dire nulla", aveva dribblato i giornalisti la donna scura in volto. In precedenza Delbono ha visto anche il suo avvocato Paolo Trombetti. Le voci sulle possibili dimissioni sono arrivate anche dall' interno del Pd: nel partito molti sono convinti che sia meglio che Delbono si faccia da parte per evitare un logoramento politico e mediatico.
Il primo cittadino di Bologna decide così di fare un passo indietro dopo la bufera giudiziaria del cosiddetto 'Cinzia-gate'.
Tutto è iniziato con una provocazione negli ultimi giorni di campagna elettorale, da parte del suo avversario Alfredo Cazzola, candidato del Pdl, che lo avvertiva di essere stato informato da Cinzia Cracchi (ex compagna ed ex segretaria personale di Delbono, quando ricopriva la carica di vicepresidente e assessore al bilancio della Regione Emilia-Romagna) di possibili "abusi" nei confronti della pubblica amministrazione.
In sostanza, l'ex fidanzata, delusa per essere stata scaricata e quindi spostata ad un ruolo minore al Cup di Bologna, avrebbe spifferato di viaggi di piacere a spese della Regione, di auto blu usate per motivi personali e dell'esistenza di un bancomat di un amico-dell'amico di Delbono attraverso il quale potevano essere prelevati mille euro al mese. Parte la verifica dei magistrati. Poi la vittoria elettorale e quindi il "silenzio" sulla vicenda. Fino alla fine di dicembre, quando il Tribunale felsineo apre una vera e propria inchiesta sul sindaco e la ex compagna: Delbono viene indagato per peculato, abuso di ufficio e truffa aggravata.
Il primo cittadino, accusato dall'opposizione a mezzo stampa, si è sempre detto disponibile a chiarire con la magistratura. L'occasione si è presentata sabato scorso, durante l'interrogatorio fiume davanti al pm Morena Plazzi alla presenza del suo legale Paolo Trombetti. Delbono, all'uscita dalla Procura, si è detto "sereno" e, davanti alle telecamere di una tv locale ha aggiunto: "Non mi dimetto neanche se mi rinviano a giudizio, l'idea non mi sfiora neanche nel cervello".
La dichiarazione - troppo sbrigativa - non è piaciuta ai compagni di partito che, tra comunicati stampa e dichiarazioni, lo hanno criticato invocando al più presto un chiarimento.
Guarda anche:
Delbono interrogato per truffa e peculato
A Bologna la campagna elettorale 2009 finisce in tribunale