Decreto audiovisivo, l'opposizione in trincea

Politica
Paolo Romani e Paolo Gentiloni
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PD, Idv e Udc unite nel criticare il decreto con cui il governo vuole fare una riforma della tv italiana e di internet. Gentiloni: “Un regalo a Mediaset”. LEGGI ANCHE: Bersani, sul fisco colossale marcia indietro

Un "colpo mortale alla produzione di cinema e fiction italiano", un "evidente regalo a Mediaset" e "un giro di vite allarmante per la trasmissione di servizi audiovisivi su Internet". L'opposizione scende in trincea contro lo schema di decreto legislativo del governo che recepisce la nuova direttiva Ue in materia di audiovisivo, parla di "clamoroso eccesso di delega" e, con una lettera del capogruppo del Pd Dario Franceschini, si appella al presidente della Camera, Gianfranco Fini, per chiedere tempi più ampi per le commissioni parlamentari per esprimere il relativo parere.

"A fronte di una legge delega di 11 righe - accusa Paolo Gentiloni, responsabile comunicazioni del Pd - il provvedimento contiene, in una ventina di articoli e 40 pagine, una riforma radicale delle norme italiane su tv e Internet". "Nessun eccesso di delega", replica il viceministro alle Comunicazioni Paolo Romani, sottolineando che la legge comunitaria impone all'Italia di "recepire l'intera direttiva Ue intervenendo, in maniera inequivocabile, attraverso le necessarie modifiche al Testo Unico della radiotelevisione". Anzi, precisa Romani, "la tesi dell'opposizione secondo cui la direttiva e la legge delega avrebbero come oggetto il solo 'product placement', appare fantasiosa, totalmente infondata oltre che pericolosa in quanto esporrebbe l'Italia a una certa procedura di infrazione per non aver recepito l'intera direttiva".

Nel mirino dell'opposizione, in particolare, quattro punti del decreto. Primo, la produzione di cinema e fiction indipendente: vengono abolite le quote di trasmissione per le tv e quelle di investimento sono basate non più sul fatturato, ma sugli investimenti per la programmazione. Inoltre 'cade' il regolamento dell'Agcom che riconosceva ai produttori i diritti residuali. "Un colpo durissimo per l'audiovisivo", commenta Gentiloni. E infatti produttori e attori chiedono il ripristino dei diritti residuali e il reintegro delle quote di programmazione e investimento e annunciano per martedi' 19 gennaio uno sciopero del settore e presidi di protesta davanti alle sedi di Mediaset, Rai e Sky.

Secondo punto, gli affollamenti pubblicitari: vengono limitati quelli per il satellite e ampliati quelli per Mediaset, con interruzioni consentite non più ogni 45 minuti ma ogni 30 e con le telepromozioni inserite nel monte orario della pubblicita'. Terza questione: si entra a piedi uniti - dice ancora Gentiloni - su un'indagine dell'Agcom sul possibile sforamento da parte di Mediaset del tetto del 20% dei programmi: il decreto stabilisce infatti che i programmi a pagamento e quelli ripetuti, ovvero i canali +1 o +24, non costituiscono palinsesti e quindi non vanno conteggiati entro il limite.

Infine, il giro di vite sul web. Le trasmissioni che vanno su Internet vengono assimilate alla tv: in pratica, "i siti dei grandi quotidiani o le web tv - spiega Gentiloni - devono chiedere l'autorizzazione al ministero e rispondere agli obblighi di rettifica e alle norme sul diritto d'autore".

Una posizione condivisa anche da Roberto Rao (Udc), Antonio Borghesi (Idv) e Giuseppe Giulietti (Gruppo Misto). Tutti chiedono che il decreto venga "profondamente corretto o ritirato". Segnali di apertura arrivano dal Pdl: "I presidenti delle commissioni Cultura e Trasporti, Aprea e Valducci - annuncia Gentiloni - si sono detti disponibili a disporre un calendario di audizioni. Inoltre il vicepresidente della Trasporti, Luca Barbareschi, condivide le nostre critiche".

E mentre David Sassoli (Pd) annuncia un'interrogazione alla Commissione Ue sulla vicenda, Gentiloni guarda ai soggetti che possono dichiarare l'eccesso di delega, "in primis il Consiglio di Stato, entro 40 giorni dall'emanazione del provvedimento", e "il Comitato per la legislazione della Camera".

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