Oscurare i siti web? Le possibili leggi e il rischio censura
PoliticaFacebook ha chiuso i gruppi pro-Tartaglia. Il Governo studia misure per oscurare chi incita alla violenza online. Ecco quali norme potrebbero passare. Ma anche nella maggioranza c'è chi dice: le leggi ci sono, basta applicarle
di Nicola Bruno
Dopo gli annunci arrivati ieri da vari esponenti della maggioranza, oggi il Ministro degli Interni Roberto Maroni ha comunicato alla Camera che nel Consiglio dei Ministri di giovedi saranno presentati provvedimenti per oscurare i siti che incitano alla violenza. Nelle ultime ore Facebook ha chiuso alcuni dei principali gruppi pro-Tartaglia. Non è invece affatto chiaro quali misure saranno proposte dal Governo. Guido Scorza, avvocato ed esperto di tecnologie digitali, docente presso l'Università di Bologna e la Scuola Ufficiali dell'Arma dei Carabinieri, ipotizza che possa trattarsi di iniziative simili, nella sostanza, all'emendamento D'Alia presentato l'anno scorso.
Il provvedimento D’Alia introduceva il principio di responsabilità per i gestori dei siti su cui venivano pubblicati contenuti con "apologia o istigazione a delinquere". Dopo aver ricevuto una diffida, il gestore del sito era tenuto a rimuovere i contenuti segnalati. In caso contrario, le autorità potevano disporre l'oscuramento integrale dell'intero sito. Il provvedimento aveva sollevato polemiche e critiche da parte di diversi blogger.
"L'emendamento non faceva distinzioni tra piccoli siti e grandi servizi online - spiega Scorza - Da Facebook a Youtube, fino al più piccolo e sconosciuto blog, tutti potevano essere considerati responsabili per i contenuti pubblicati. E quindi essere completamente oscurati con una semplice diffida della Polizia". Così come avviene in Cina e altri paesi che censurano i servizi online. Dopo l'approvazione in Senato, l'emendamento D'Alia era stato poi ritirato attraverso un contro-emendamento del deputato del PdL Roberto Cassinelli. Ma ora potrebbe essere proprio quello il punto di partenza per le nuove misure di Maroni.
Se così sarà, potrebbero presentarsi diversi problemi di natura costituzionale: "L'emendamento D'Alia dava pieni poteri di azione al Ministro degli Interni – sottolinea Scorza - Ma trattandosi di reati di opinione, non si può agire senza un contraddittorio davanti ad un giudice. Vedremo se il Governo avrà fatto passi in avanti su questo punto controverso".
Intanto c'è anche chi - come l'esperto di telecomunicazioni Stefano Quintarelli - fa notare come in Italia ci siano già leggi che permettono di sanzionare l'apologia e l'istigazione a delinquere. "Non sono un penalista, ma ricordo che nel Codice Penale esistono già norme specifiche". Quintarelli fa riferimento all'articolo 414 sull'istigazione a delinquere, sottolineando: "Mi disturba questo ribadire l'idea che Internet sia un luogo ‘diverso’, dove non ci sono leggi. Internet non è luogo diverso e le leggi ci sono. In particolare, l'anonimato nei social network in questione, non esiste, per cui se verrà accertato che qualcuno ha commesso qualcosa di illegale, se ne dovrà assumere la responsabilità. Penso che il sistema già offra abbastanza garanzie per assicurare che non verranno introdotti provvedimenti dettati dall'emotività del momento".
Un po' lo stesso discorso fatto oggi da diversi deputati del Pd, dell'Idv e da Pierferdinando Casini, che alla Camera ha detto: "Le leggi esistenti già consentono di punire le violazioni. Negli Usa Obama riceve intimidazioni continue su Internet, ma a nessuno viene in mente di censurare la Rete".
Non sono solo le opposizioni però a mettere la mani avanti. Sul sito del magazine online Farefuturoweb, vicino al Presidente della Camera Gianfraco Fini, si legge: "Attenti a cedere alla 'sindrome cinese', alla tentazione della censura preventiva. Il gesto di un pazzo (e l'idiozia di chi lo esalta) non possono mettere in discussione, neanche alla lontana, la libertà di espressione. Le leggi ci sono, usiamole fino in fondo. E se mai ne servissero di nuove, se ne dovrà discutere a lungo, e in tanti. Il clima è già abbastanza pesante, e a questo punto girare la vite può essere, addirittura, controproducente".
E ancora, su Libertiamo.it (l'omonima asoscizione è presieduta da Benedetto Della Vedova, parlamentare Pdl), un articolo dal titolo Per spegnere l’odio non serve oscurare i social network si legge: "Chi usa Facebook nel proprio quotidiano, sa che i gruppi pro-Tartaglia sono come delle cartacce in terra ai bordi della strada: ci sono, ma non sono tutta la strada, che è invece piena di gente che comunica liberamente, che compra e che vende, che s’abbraccia o che litiga. L’aggressione a Berlusconi è l’apice casuale di una situazione politica preoccupante, ma Facebook non ha fatto altro che evidenziare dei sentimenti deprecabili che purtroppo animano un pezzo di opinione pubblica italiana. La “normalizzazione” non passa dal social network."
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Il provvedimento D’Alia introduceva il principio di responsabilità per i gestori dei siti su cui venivano pubblicati contenuti con "apologia o istigazione a delinquere". Dopo aver ricevuto una diffida, il gestore del sito era tenuto a rimuovere i contenuti segnalati. In caso contrario, le autorità potevano disporre l'oscuramento integrale dell'intero sito. Il provvedimento aveva sollevato polemiche e critiche da parte di diversi blogger.
"L'emendamento non faceva distinzioni tra piccoli siti e grandi servizi online - spiega Scorza - Da Facebook a Youtube, fino al più piccolo e sconosciuto blog, tutti potevano essere considerati responsabili per i contenuti pubblicati. E quindi essere completamente oscurati con una semplice diffida della Polizia". Così come avviene in Cina e altri paesi che censurano i servizi online. Dopo l'approvazione in Senato, l'emendamento D'Alia era stato poi ritirato attraverso un contro-emendamento del deputato del PdL Roberto Cassinelli. Ma ora potrebbe essere proprio quello il punto di partenza per le nuove misure di Maroni.
Se così sarà, potrebbero presentarsi diversi problemi di natura costituzionale: "L'emendamento D'Alia dava pieni poteri di azione al Ministro degli Interni – sottolinea Scorza - Ma trattandosi di reati di opinione, non si può agire senza un contraddittorio davanti ad un giudice. Vedremo se il Governo avrà fatto passi in avanti su questo punto controverso".
Intanto c'è anche chi - come l'esperto di telecomunicazioni Stefano Quintarelli - fa notare come in Italia ci siano già leggi che permettono di sanzionare l'apologia e l'istigazione a delinquere. "Non sono un penalista, ma ricordo che nel Codice Penale esistono già norme specifiche". Quintarelli fa riferimento all'articolo 414 sull'istigazione a delinquere, sottolineando: "Mi disturba questo ribadire l'idea che Internet sia un luogo ‘diverso’, dove non ci sono leggi. Internet non è luogo diverso e le leggi ci sono. In particolare, l'anonimato nei social network in questione, non esiste, per cui se verrà accertato che qualcuno ha commesso qualcosa di illegale, se ne dovrà assumere la responsabilità. Penso che il sistema già offra abbastanza garanzie per assicurare che non verranno introdotti provvedimenti dettati dall'emotività del momento".
Un po' lo stesso discorso fatto oggi da diversi deputati del Pd, dell'Idv e da Pierferdinando Casini, che alla Camera ha detto: "Le leggi esistenti già consentono di punire le violazioni. Negli Usa Obama riceve intimidazioni continue su Internet, ma a nessuno viene in mente di censurare la Rete".
Non sono solo le opposizioni però a mettere la mani avanti. Sul sito del magazine online Farefuturoweb, vicino al Presidente della Camera Gianfraco Fini, si legge: "Attenti a cedere alla 'sindrome cinese', alla tentazione della censura preventiva. Il gesto di un pazzo (e l'idiozia di chi lo esalta) non possono mettere in discussione, neanche alla lontana, la libertà di espressione. Le leggi ci sono, usiamole fino in fondo. E se mai ne servissero di nuove, se ne dovrà discutere a lungo, e in tanti. Il clima è già abbastanza pesante, e a questo punto girare la vite può essere, addirittura, controproducente".
E ancora, su Libertiamo.it (l'omonima asoscizione è presieduta da Benedetto Della Vedova, parlamentare Pdl), un articolo dal titolo Per spegnere l’odio non serve oscurare i social network si legge: "Chi usa Facebook nel proprio quotidiano, sa che i gruppi pro-Tartaglia sono come delle cartacce in terra ai bordi della strada: ci sono, ma non sono tutta la strada, che è invece piena di gente che comunica liberamente, che compra e che vende, che s’abbraccia o che litiga. L’aggressione a Berlusconi è l’apice casuale di una situazione politica preoccupante, ma Facebook non ha fatto altro che evidenziare dei sentimenti deprecabili che purtroppo animano un pezzo di opinione pubblica italiana. La “normalizzazione” non passa dal social network."
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