Palamara: no a trasferimento processi alte cariche a Roma

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Le accuse mosse da Berlusconi alle toghe di Milano, definite comuniste, hanno riacceso lo scontro. Organizzata in tutta Italia un'iniziativa di protesta da parte dell'Associazione nazionale magistrati: no a riforme punitive contro i magistrati

La magistratura protesta, lo scontro con il premier Silvio Berlusconi è sempre più aspro, lo sciopero delle toghe è nell'aria. Oggi l'Associazione nazionale magistrati ha organizzato una giornata di mobilitazione in tutta Italia contro "le intimidazioni del potere politico".
Alle 12 e 30 si sono fermate le udienze e per mezz'ora nelle 26 corti d'appello del Paese si sono svolte assemblee.

Il numero uno dell'Associazione nazionale magistrati Luca Palamara ha spiegato che "non c'è bisogno di riforme punitive contro i magistrati che hanno l'unica colpa di aver emesso sentenze esercitando la propria funzione".

Il segretario Giuseppe Cascini ha rispedito al mittente l'accusa di faziosità che, dice, "è tra le più gravi e infamanti che si possa rivolgere a un giudice". "Non c'è decisione giudiziaria sgradita ai suoi desiderata - ha osservato Cascini riferendosi al premier - cui non seguano aggressioni e insulti nei confronti del magistrato. Continueremo a protestare contro questo degrado della vita pubblica, ma è certo che se si va avanti così sarà inevitabile giungere anche allo sciopero".

Sul fronte delle riforme Palamara ha sottolineato che l'Anm "non è in guerra contro nessuno" e che "non dice sempre di no". "La giustizia - ha continuato Palamara - ha bisogno di riforme urgenti" ma "diciamo no a quelle che ledono indipendenza e autonomia della magistratura". Sul cosiddetto 'lodo Ghedini', che sposterebbe a Roma i processi per le alte cariche, ha risposto "di non poter andare dietro a tutti gli annunci, bisogna vedere i testi scritti. Non sono certo che queste siano le riforme che servono alla giustizia".

Palamara, nel corso del suo intervento all'assemblea dell'Anm a Milano, ha poi espresso solidarietà a Raimondo Mesiano, il giudice che ha deciso nella causa Lodo Mondadori e oggetto, nei giorni successivi, di un' "inaccettabile intrusione nella vita personale". "Non vorrei che un indumento (il riferimento è evidentemente ai calzini color turchese che il giudice indossava quando venne ripreso in un servizio televisivo, ndr) diventasse un pretesto per denigrare l'intero ordine giudiziario. Vorrei che da questa assemblea venisse un messaggio chiaro: che l'indumento del magistrato e' solo la toga e che il magistrato e' soggetto solo alla legge e ai principi contenuti nella Costituzione".

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