Record negativo per quanto riguarda la partecipazione. Però in molte città dove si è votato per i ballottaggi, per esempio a Firenze, Padova e Bari, oltre il 50% degli aventi diritto ha accettato le 3 schede
Quorum mancato per i referendum. Al risultato della consultazione, che puntava ad abrogare alcune norme della legge elettorale, ha votato meno di un elettore su quattro e, come da previsioni, la soglia del 50% più uno, necessaria per rendere valido il referendum, non è stata raggiunta. E' stato toccato, invece, un picco negativo: non era mai successo, infatti, nella storia della Repubblica, che un referendum ottenesse un'affluenza così bassa. La Lega esulta. Roberto Maroni, ministro dell'Interno ed esponente leghista, ha già annunciato che proporrà una modifica sulla legge che regola le consultazioni referendarie "per evitare che uno strumento importante di democrazia diretta diventi inutile".
Letto in controluce, però, il risultato complessivo riserva delle sorprese. E il primo dato che emerge è che i ballottaggi hanno svolto un effetto-traino sul referendum, al punto che in alcuni importanti centri chiamati al secondo turno delle amministrative il quorum, a livello locale, è stato raggiunto.
L'esito nazionale non lascia dubbi. I primi due quesiti, che miravano a eliminare alla Camera e al Senato il premio di maggioranza attribuito alle coalizioni, hanno avuto entrambi una quota di votanti pari al 23,4%. Il terzo, che chiedeva di eliminare la possibilità di candidarsi in piu' circoscrizioni, è stato il piu' votato, totalizzando un 24,1%.
Nel giugno 2003, per la consultazione sull'articolo 18 e sul reintegro dei lavoratori ingiustamente licenziati, che finora deteneva il record negativo dell'affluenza, aveva votato il 25,5% degli aventi diritto. Del resto è passata da un pezzo la stagione dei grandi referendum che divisero l'Italia su aborto, divorzio, nucleare, finanziamento ai partiti: è dal 1995 che non si raggiunge piu' il quorum.
Nelle pieghe dei numeri, però, emergono anche altri segnali. In generale, dove si votava anche per i ballottaggi, i votanti per il referendum sono stati ben più numerosi, al punto che in molti casi si è raggiunto il quorum. Un dato non trascurabile, se lo si ricollega alle polemiche che si scatenarono attorno alle date in cui collocare il voto.
Alcuni casi appaiono in tal senso emblematici. Prendendo come riferimento il quesito referendario n. 3, il piu' 'gettonato', a Firenze l'affluenza ha raggiunto il 51,7%, a Padova il 54,3%, a Bari il 55,2%. E a Bologna si è sfiorato il 60%. A Torino e Milano, dove si votava per il presidente della Provincia, non si e' centrato il quorum, ma la quota di votanti per il referendum è stata comunque piu' consistente che altrove: 43,6% e 37,3%. A suo modo da record l'esito a Gualdo Tadino: nella cittadina in provincia di Perugia, dove si votava per il sindaco, i votanti al referendum hanno toccato il 64%. Effetto-traino da ballottaggio, quindi. Dove invece si andava alle urne solo per il referendum le percentuali d'affluenza sono state di gran lunga più basse: 18,9% a Roma, 18,6% a Genova, 17,8% a Trieste, 15,4% a Pescara, 11,6% a Napoli, 11,3% a Palermo.
Un altro aspetto significativo riguarda lo scarto tra quanti hanno votato per i ballottaggi e quanti per il referendum nelle aree dove la Lega è piu' forte, e dove quindi l'input lanciato dal Carroccio di non esprimersi al referendum ha fatto piu' breccia. Due esempi per tutti, scelti tra le città chiamate al secondo turno delle comunali: Padova e Cremona. In tutte e due l'affluenza al referendum è stata alta, superiore al 50%. A Padova lo scarto tra i votanti per le due consultazioni è stato del 10,7%, a Cremona del 13,2%. Una quota assimilabile al peso della Lega, visto che in tutte e due queste città il partito di Bossi si era collocato sull'11 % al primo turno.
Letto in controluce, però, il risultato complessivo riserva delle sorprese. E il primo dato che emerge è che i ballottaggi hanno svolto un effetto-traino sul referendum, al punto che in alcuni importanti centri chiamati al secondo turno delle amministrative il quorum, a livello locale, è stato raggiunto.
L'esito nazionale non lascia dubbi. I primi due quesiti, che miravano a eliminare alla Camera e al Senato il premio di maggioranza attribuito alle coalizioni, hanno avuto entrambi una quota di votanti pari al 23,4%. Il terzo, che chiedeva di eliminare la possibilità di candidarsi in piu' circoscrizioni, è stato il piu' votato, totalizzando un 24,1%.
Nel giugno 2003, per la consultazione sull'articolo 18 e sul reintegro dei lavoratori ingiustamente licenziati, che finora deteneva il record negativo dell'affluenza, aveva votato il 25,5% degli aventi diritto. Del resto è passata da un pezzo la stagione dei grandi referendum che divisero l'Italia su aborto, divorzio, nucleare, finanziamento ai partiti: è dal 1995 che non si raggiunge piu' il quorum.
Nelle pieghe dei numeri, però, emergono anche altri segnali. In generale, dove si votava anche per i ballottaggi, i votanti per il referendum sono stati ben più numerosi, al punto che in molti casi si è raggiunto il quorum. Un dato non trascurabile, se lo si ricollega alle polemiche che si scatenarono attorno alle date in cui collocare il voto.
Alcuni casi appaiono in tal senso emblematici. Prendendo come riferimento il quesito referendario n. 3, il piu' 'gettonato', a Firenze l'affluenza ha raggiunto il 51,7%, a Padova il 54,3%, a Bari il 55,2%. E a Bologna si è sfiorato il 60%. A Torino e Milano, dove si votava per il presidente della Provincia, non si e' centrato il quorum, ma la quota di votanti per il referendum è stata comunque piu' consistente che altrove: 43,6% e 37,3%. A suo modo da record l'esito a Gualdo Tadino: nella cittadina in provincia di Perugia, dove si votava per il sindaco, i votanti al referendum hanno toccato il 64%. Effetto-traino da ballottaggio, quindi. Dove invece si andava alle urne solo per il referendum le percentuali d'affluenza sono state di gran lunga più basse: 18,9% a Roma, 18,6% a Genova, 17,8% a Trieste, 15,4% a Pescara, 11,6% a Napoli, 11,3% a Palermo.
Un altro aspetto significativo riguarda lo scarto tra quanti hanno votato per i ballottaggi e quanti per il referendum nelle aree dove la Lega è piu' forte, e dove quindi l'input lanciato dal Carroccio di non esprimersi al referendum ha fatto piu' breccia. Due esempi per tutti, scelti tra le città chiamate al secondo turno delle comunali: Padova e Cremona. In tutte e due l'affluenza al referendum è stata alta, superiore al 50%. A Padova lo scarto tra i votanti per le due consultazioni è stato del 10,7%, a Cremona del 13,2%. Una quota assimilabile al peso della Lega, visto che in tutte e due queste città il partito di Bossi si era collocato sull'11 % al primo turno.