Favara, spacciavano in comunità alloggio per disabili psichici

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Sono state avviate intercettazioni telefoniche e riprese video che hanno consentito di definire quella che è stata definita, dagli inquirenti, come una strutturata "piazza di spaccio"

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Avrebbero spacciato stupefacenti all'interno di una comunità alloggio per disabili psichici di Favara. I carabinieri hanno eseguito sette misure cautelari. Per due indagati è stata disposta la custodia cautelare in carcere, per altri due l'obbligo di dimora ad Agrigento. E ancora, per altri due indagati è stato disposto il divieto di dimora in provincia di Agrigento e per il settimo è stato disposto l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. "L'indagine è stata avviata nel novembre del 2020 dopo diverse segnalazioni, tra cui quella di una donna, ospite della struttura, che aveva denunciato - ha ricostruito la Procura della Repubblica di Agrigento - di aver subito minacce e violenze sessuali reiterate come corrispettivo nella compravendita della sostanza stupefacente". Sono state avviate intercettazioni telefoniche e riprese video che hanno consentito di definire quella che è stata definita, dagli inquirenti, come una strutturata "piazza di spaccio". Ed è venuta alla luce una fiorente attività di spaccio all'interno della comunità alloggio per disabili psichici di Favara.

L'inchiesta

L'inchiesta antidroga della Procura di Agrigento - denominata "Dark community" - ha "permesso di accertare come gli indagati rifornissero di stupefacenti gli ospiti della struttura con problematiche di tossicodipendenza o di natura psichica, con la compiacenza e in alcuni casi la correità - scrive il procuratore capo di Agrigento, facente funzioni, Salvatore Vella - di responsabili e dipendenti della comunità". Questi ultimi avrebbero assecondato le richieste di stupefacente da parte dei degenti, provvedendo direttamente a reperire lo stupefacente. "Tra i protagonisti delle dinamiche di spaccio vi era anche un indagato - prosegue la ricostruzione del procuratore Vella - già sottoposto alla detenzione domiciliare nella comunità che, con la correità di un familiare, introduceva nella struttura una quantità consistente di hashish e poi spacciava agli altri degenti". L'inchiesta ha permesso di accertare numerosi episodi di abusi e maltrattamenti posti in essere da dirigenti e operatori della comunità, mediante minacce o vere e proprie aggressioni fisiche in danno dei pazienti ogni qualvolta lamentavano carenze o disservizi.

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