Le indagini hanno delineato l'organigramma del mandamento e individuato il reggente del clan
A Palermo i carabinieri hanno eseguito un provvedimento di fermo, emesso dalla Dda, nei confronti di 18 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di droga, estorsioni e rapine aggravate dal metodo mafioso.
Le indagini
L'operazione è scattata al termine di una inchiesta sul mandamento mafioso di Palermo-Porta Nuova. Le indagini hanno delineato l'organigramma del mandamento e individuato il reggente del clan. Si tratta di Giuseppe Incontera (tra i fermati c'è il figlio Salvatore e il consuocero Giuseppe Di Giovanni), ucciso giovedì scorso da un killer che, ieri, si è costituito ai carabinieri. Inoltre, l'inchiesta ha fatto luce anche sui gregari delle famiglie mafiose di Porta Nuova e Palermo Centro che fanno parte dello storico mandamento di Porta Nuova e ha ricostruito le attività di un'articolata associazione che trafficava hashish, marijuana, cocaina, eroina e crack gestita, in tutta la sua filiera (dalle fasi di approvvigionamento all'ingrosso, allo spaccio al minuto sul territorio) dai vertici del mandamento mafioso, per alimentarne le casse. Sono stati, infatti, fermati, i capi di sei piazze di spaccio, localizzate in alcuni storici quartieri del centro- il Capo, la Vucciria, Ballarò e la Zisa- ritenuti organici a Cosa nostra. Sono stati ricostruite, infine, due estorsioni e cinque tentativi di estorsione a imprenditori e commercianti del centro cittadino. L'organizzazione avrebbe commesso anche due rapine per rimpinguare le casse della cosca.
Fermi decisi per evitare guerra nel clan
Stavano per fuggire alcuni degli indagati finiti in manette: è questo il motivo per cui la Procura ha disposto i fermo di 18 tra capi e gregari del mandamento di Porta Nuova. Il provvedimento è stato emesso in via d'urgenza anche perché recentemente, nel territorio controllato dalla cosca, sono stati commessi gravi fatti di sangue. L'ultimo giovedì, quando è stato assassinato, per strada, in pieno giorno, Giuseppe Incontrera, ritenuto dagli inquirenti reggente del mandamento. Per gli investigatori l'omicidio "avrebbe potuto aumentare il rischio della commissione di altri delitti" e spingere alcuni affiliati a fuggire per evitare ritorsioni. C'era dunque il rischio di una guerra all'interno del clan.
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