Omicidio Acitrezza, il racconto delle amiche di Vanessa: "Presa per i capelli e uccisa"

Sicilia

Una delle ragazze presenti ha raccontato che "Antonino è arrivato con la macchina e quando Vanessa se n’è accorta gli ha detto 'vattene via perché chiamo il maresciallo'. Ci siamo allontanati e lui ci ha inseguito a piedi"

"L’ha presa per i capelli e ha iniziato a spararle". È il racconto di una delle amiche di Vanessa Zappalà, la ragazza di 26 anni uccisa a colpi di arma da fuoco dall'ex fidanzato, Antonino Sciuto, trovato impiccato poche ore dopo. La giovane, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, ha raccontato che "Antonino è arrivato con la macchina e quando Vanessa se n’è accorta gli ha detto 'vattene via perché chiamo il maresciallo'. Ci siamo allontanati e lui ci ha inseguito a piedi". Non molto distante c’era anche una cugina, ora sotto choc. "Mia figlia è sconvolta, ha visto qualcosa di tremendo, dovrà riprendersi", spiega il padre.

Non sarà eseguita autopsia

Intanto la Procura di Catania ha firmato il nulla osta per la restituzione della salma alla famiglia: non sarà eseguita l'autopsia sulla 26enne. Avverrà domani mattina il trasferimento del feretro dall'obitorio del Policlinico di Catania alla casa dove viveva la vittima, a Trecastagni. I funerali saranno celebrati venerdì alle 19 all'aperto: sul sagrato del Santuario dei Santi Martiri Alfio, Filadelfo e Cirino nel paese etneo.

La denuncia del padre a giugno

Nel corso dell’indagine precedente all'omicidio sono stati sentiti anche alcuni parenti e amici. Una cugina di Vanessa ha raccontato di aver visto Antonino fermo davanti all’abitazione dell’ex, dove non avrebbe dovuto essere: "Lei mi aveva detto di avvisarla se avessi notato Sciuto vicino a casa sua o al lavoro, al panificio. E così l’ho subito allertata". Era il 2 giugno, dieci giorni dopo Sciuto veniva arrestato e messo ai domiciliari su richiesta dalla Procura. Il padre di Vanessa, Carmelo Zappalà, lo aveva denunciato riferendo agli investigatori che "la aspetta, la pedina, mia figlia non esce più di casa perché ha paura". L’8 giugno il genitore ha messo a verbale che "circa 15 giorni fa io e mia figlia siamo andati a San Giovanni la Punta a casa di Antonino Sciuto, sperando di mettere fine a questa storia. C’erano anche i suoi genitori, che io avevo contattato al telefono. Abbiamo cercato un approccio conciliatore. Alla fine di tutti i discorsi, andandocene, ho detto al padre di Antonino che se lo vedevo ancora gironzolare intorno a mia figlia, sia da noi che al panificio, lo avrei denunciato. Il padre non mi ha risposto, Antonino invece mi guardato e mi ha detto in faccia: 'Domani mi porto l’ombrellone e mi piazzo davanti al panificio, ti ci accompagno io dalle guardie'".

La pm Scavo: "Errore non alzare pena minima a 2 anni"

Nella lotta agli stalker "normativamente dei progressi sono stati fatti anche se ancora la legge va perfezionata, per esempio, non hanno previsto l'aumento di pena minimo a due anni per il reato di stalking, cosa che ci impedisce di effettuare il fermo" ed "è un limite enorme". Così, in un'intervista a La Sicilia, Marisa Scavo, procuratrice aggiunta a Catania, che si occupa da vent'anni di reati in cui le vittime sono le donne, compreso il femminicidio di Acitrezza. Su quest'ultimo la pm sottolinea che "noi abbiamo fatto di tutto per quanto riguarda l'attività d'indagine, abbiamo chiesto la misura cautelare, è stato agli arresti domiciliari, aveva il divieto di avvicinamento". "È chiaro - osserva - che il gip quando poi riceve una richiesta del pubblico ministero è autonomo nella sua valutazione". "L'intoppo - spiega la Pm - è che per questi soggetti nel momento in cui vengono denunciati si deve attivare un meccanismo che li metta in cura presso dei centri di recupero che in Sicilia, purtroppo, non esistono assolutamente. La misura cautelare, io lo ripeto sempre, è temporanea, ha un inizio e una fine e non può essere risolutiva". 

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