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Tangenti sanità Sicilia, manager ammette 50mila euro di mazzette

Sicilia
©Ansa

Dopo la confessione, Fabio Damiani, in carcere da sette mesi, è stato posto ai domiciliari, in attesa del processo in abbreviato che vede coinvolto anche l'ex manager dell'Asp di Palermo, Antonio Candela

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Fabio Damiani, ex manager dell'Asp (Azienda sanitaria provinciale) di Trapani, ha ammesso di avere intascato tangenti per 50mila euro, mazzette che gli sarebbero state versate a Palermo dall'imprenditore Salvatore Manganaro. (LA VICENDA - COMMISSIONE DELL'ARS)

Ai domiciliari

Dopo la confessione, Fabio Damiani, in carcere da sette mesi, è stato posto ai domiciliari, in attesa del processo in abbreviato che vede coinvolto anche l'ex manager dell'Asp di Palermo, Antonio Candela, nell'ambito dell'indagine "Sorella sanità" sugli appalti truccati in Sicilia. Lo scrive Il Giornale di Sicilia. 

La ricostruzione dei fatti

Cinquantamila euro è una cifra ben più bassa rispetto a quella fornita dal faccendiere Manganaro. Il denaro versato a Damiani non riguarderebbe i due appalti da 220 milioni aggiudicati dalla "Tecnologie sanitarie", ma sarebbe una sorta di "stipendio": Manganaro avrebbe pagato Damiani con cadenza periodica per preparare il terreno per l'aggiudicazione pilotata delle gare. Le bustarelle sarebbero state consegnate nello studio di Manganaro, in via Principe di Villafranca, pieno di microspie dalla Guardia di finanza. Oltre ad i soldi pagati in contanti Damiani avrebbe ricevuto denaro attraverso carte prepagate, quasi tutte intestate a prestanome, giovani del quartiere Capo di Palermo. La confessione del manager, che era l'unico dei dieci indagati ancora in carcere, riguarda le due maxi gare aggiudicate alla «Tecnologia sanitarie» per la manutenzione delle apparecchiature medicali. Ma Manganaro parla di tangenti molto più grosse e secondo gli investigatori il totale delle mazzette versate agli indagati supera il milione di euro. Le gare di appalto truccate ammonterebbero a oltre 600 milioni di euro. L'accusa sostiene che gli imputati avrebbero preteso il 5% del valore degli appalti.