Bimbo ucciso a Cardito: chiesto l’ergastolo per madre e patrigno

Campania

La vicenda risale al 27 gennaio 2019 quando il piccolo Giuseppe, 7 anni, venne ucciso a bastonate

La procura ha chiesto l’ergastolo per Tony Badre e Valentina Casa nel processo in corso davanti alla terza Corte d’Assise del Tribunale di Napoli sulla morte di Giuseppe, bimbo di 7 anni ucciso di botte il 27 gennaio 2019 a Cardito, nel Napoletano. Per i due, patrigno e madre della vittima, i sostituti procuratori di Napoli Nord Paola Izzo e Fabio Sozio hanno chiesto inoltre l’isolamento diurno per 18 mesi e tutte le pene accessorie. 

Le accuse

Badre, 25 anni, ex compagno della madre del piccolo e reo confesso, è accusato di omicidio volontario, del tentato omicidio della sorellina di Giuseppe e di maltrattamenti in famiglia aggravati dalla crudeltà e dai futili motivi, dalla minorata difesa e dall'abuso delle relazioni domestiche, circostanza questa che riguarda Giuseppe e le sue due sorelline. Valentina Casa, invece, risponde sul profilo omissivo di tutti i capi d'accusa. 

Il ruolo della madre secondo l'accusa

La Procura si è suddivisa gli imputati: Paolo Sozio si è occupato di Badre, nei confronti del quale le prove sono schiaccianti, mentre Paola Izzo si è concentrata sulla figura di Valentina Casa. I pm, per due ore e mezza l'una e un'ora e 40 l'altro, hanno ripercorso tutti gli elementi emersi nel corso dell'istruttoria dibattimentale. "Lei non fa nulla, non è assolutamente protettiva nei confronti del bambino ma protegge se stessa e inizialmente anche Tony", ha detto la pm Izzo riferendosi alla donna. Nel corso del suo intervento, la pm ha recuperato un passaggio della testimonianza resa dalla psicologa dell'ospedale Santobono di Napoli che si è occupata della sorellina di Giuseppe. Una frase che, secondo il magistrato, fa ben comprendere quale era la considerazione che i figli avevano di Valentina Casa. La piccola mentre sta giocando, identifica una delle bambole con la madre. A un certo momento del gioco, la afferra e la lancia contro il muro dicendo: "questa non serve a niente". "Lei ha preferito il rapporto con Toni - ha sottolineato il sostituto procuratore - all'amore nei confronti dei figli".

Veemente nei confronti della donna anche l'intervento degli avvocati di parte civile, in particolare quello dell'avvocato di Cam Telefono Azzurro e dell'associazione Akira, Clara Niola. Secondo Niola Valentina Casa, quando telefonò al 118 subito dopo il fatto, per proteggersi nascose ai sanitari la verità dicendo che i bambini erano stato investiti. Una telefonata peraltro avvenuta ore dopo, quando Giuseppe è ormai in fin di vita. Per l'avvocato la donna compie consapevolmente anche altre azioni per tutelare l'ex compagno: prende degli stracci per ripulire il sangue dei figli, che poi mette in un ripostiglio. Raccoglie e cerca di far sparire i pezzi (cinque in tutto) del bastone della scopa usato dall'ex compagno per colpire i bambini. Sottolineata, con forza, dall'avvocato anche le responsabilità che a suo parere gravano sulle maestre dei bambini e sugli assistenti sociali, che avrebbero potuto impedire la tragedia raccogliendo i segnali evidenti di degrado familiare che si erano manifestati già ad ottobre 2018. 

La tragedia di Cardito

Il piccolo Giuseppe fu trovato morto all’interno di un’abitazione in via Marconi il 27 gennaio 2019, a Cardito, in provincia di Napoli. La sorellina, invece, fu ricoverata d’urgenza al nosocomio pediatrico Santobono poiché aveva il volto completamente tumefatto. La piccola, secondo i medici che la visitarono, sebbene non fosse in pericolo di vita era "affetta da trauma cranio-facciale e contusioni multiple per il corpo da percosse". Dopo un lungo interrogatorio e una serie d’indagini, il padre allora 24enne fu fermato il 28 gennaio con l’accusa di omicidio. Le dichiarazioni della bimba di 8 anni furono determinati per procedere con il capo d’imputazione: fu infatti lei a spiegare che a picchiarli era stato proprio il compagno della madre. L'uomo confessò poi la violenza raccontando di essere stato svegliato alle 8 la domenica mattina dai bambini, che saltavano e gridavano sul letto. Inferocito, picchiò Giuseppe con le mani e con il bastone della scopa, poi gli sbatté la testa contro il lavandino. La sorellina si salvò perché, afferrata alla gola dal patrigno, svenne. 

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