Chi era Qassem Soleimani, il generale iraniano più potente del Medio Oriente

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(Foto: Ansa)

Nato nel 1957, dal 1998 era comandante delle forze speciali Al Quds, braccio armato dei Pasdaran per operazioni segrete all'estero. Negli ultimi vent’anni è stato regista di quasi tutte le più importanti operazioni militari, dall’Afghanistan alla Siria al Libano

Architetto della presenza militare in Siria per mantenere in sella Bashar al Assad, della lotta all'Isis - che ha cementato l'influenza delle milizie sciite in Iraq - e del sostegno a Hezbollah in Libano. Il generale iraniano Qassem Soleimani, ucciso in un raid aereo statunitense all’aeroporto di Baghdad il 3 gennaio 2020, era una delle figure chiave della strategia dell’Iran in Medio Oriente. Sessantadue anni, dal 1998 guidava le forze speciali Al Quds - braccio armato dei Pasdaran per operazioni segrete all'estero -, era molto vicino alla Guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, ed era considerato da alcuni il potenziale futuro leader del Paese. (TUTTI GLI AGGIORNAMENTILE FOTO DEL RAIDLE REAZIONI INTERNAZIONALI - LE CONSEGUENZE SUI MERCATI)

Le origini e l’ascesa militare

Qassem Soleimani nasce l’11 marzo 1957 in una famiglia di contadini nel villaggio di Rabord, nella provincia di Kerman, vicino alle montagne dell'Afghanistan. Nel 1970, per ripagare i debiti del padre, va a lavorare in una società idrica di Kerman. A ventidue anni, Soleimani si arruola con le Guardie rivoluzionarie islamiche, nate per proteggere la repubblica degli ayatollah. Gli anni della guerra con l'Iraq, tra il 1980 e il 1988, aiutano ad accrescere la sua fama: capace di infiltrarsi nelle file nemiche per portare a termine operazioni ad alto rischio, nel 1998 diventa il comandante del gruppo d'elite delle Quds.

Afghanistan, Siria, Libano: le operazioni di Al Quds

Le forze speciali di Al Quds, sotto il comando di Soleimani, diventano sempre più influenti. Punto di forza del generale è anche il suo piccolo villaggio di nascita, grazie al quale conosce bene le zone tribali al confine con l’Afghanistan. Nell’agosto del 1998, dopo l’uccisione di nove diplomatici iraniani da parte dei Taliban, Soleimani riprende la penetrazione iraniana in Afghanistan. Nei vent’anni successivi, il generale è la mente di quasi tutte le più importanti operazioni militari dell’Iran, compresi il sostegno a Bashar al-Assad nella guerra civile in Siria e, nel 2014, il contrasto all’avanzata dell’Isis. Suoi anche l’aiuto agli Hezbollah in Libano e gli attacchi agli americani durante la guerra in Iraq: secondo il Pentagono, le operazioni guidate dal generale avrebbero provocato la morte di almeno 608 soldati americani, tra il 2003 e il 2011. Tra le operazioni attribuite alle Quds di Soleimani anche complotti in Asia e in Sud America e un fallito attentato, nel 2011, per uccidere l'ambasciatore dell'Arabia Saudita in Usa, in un ristorante italiano a Georgetown.

Il fallito attentato contro Soleimani

Ma anche contro Soleimani viene pianificato un attentato, che nell’ottobre 2019 l'intelligence dei Guardiani della rivoluzione islamica iraniana dice di aver sventato. Il piano di agenzie di spionaggio "arabe ed ebree" - spiega il capo degli 007 Hossein Taeb - sarebbe stato quello di assassinare Soleimani con "mezza tonnellata di esplosivo", in un’operazione pianificata da "anni" per sferzare un colpo durissimo all'immagine delle forze speciali e scatenare un conflitto intra-islamico nel Paese, attribuendone poi la responsabilità a gruppi ribelli interni.

La morte nel raid Usa

Soleimani muore il 3 gennaio 2020 in un raid americano all'aeroporto di Baghdad: appena arrivato con un volo dalla Siria viene scortato all'uscita, ma l'auto su cui si trova viene centrata da un missile. Un attacco - secondo indiscrezioni - ordinato da Donald Trump, e confermato dal Pentagono: "Il generale Soleimani stava mettendo a punto attacchi contro diplomatici americani e personale in servizio in Iraq e nell'area. Il generale Soleimani e le sue forze Quds sono responsabili della morte di centinaia di americani e del ferimento di altri migliaia". Durissima la reazione della guida suprema iraniana Ali Khamenei: "Il lavoro e il cammino del generale Qassem Soleimani non si fermeranno e una dura vendetta attende i criminali, le cui mani nefaste sono insanguinate con il sangue di Soleimani e altri martiri dell'attacco della notte scorsa".

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