Icona mondiale della lotta al razzismo e al regime che oppresse il Sudafrica per decenni, "Madiba" trascorse un terzo della sua vita in carcere ma una volta libero cambiò la storia del suo Paese diventandone il primo presidente nero
Attivista, prigioniero, simbolo della lotta all'apartheid e presidente del Sudafrica. La parabola di Nelson Mandela, leader che combatteva nell'Africa nera contro l'estremo baluardo della dominazione bianca nel continente, l'ha reso un'icona contro il razzismo per intere generazioni. Un uomo cresciuto nel segno della resistenza contro l'apartheid, che oppresse il Sudafrica dal 1948 al 1994. Era colui che ha abbracciato e guidato la lotta armata, ha trascorso quasi un terzo della vita in carcere e ne è uscito come un "Gandhi nero", che con il suo messaggio di perdono e riconciliazione ha saputo evitare nella sua terra un'ondata di vendetta e di sangue. Per tutti, però, era semplicemente "Madiba", il nomignolo riferito al titolo onorifico che gli ha dato il suo clan (LA SUA VITA IN IMMAGINI).
Gli anni della gioventù
Nelson Rolihlahla (letteralmente "piantagrane") Mandela (LE FOTO) nasce il 18 luglio 1918 a Mvezo, un villaggio del Transkei, nel sud-est del Sudafrica. La sua è una famiglia di sangue reale di etnia Xhosa, visto che il padre era figlio di un capo della tribù Thembu. Dopo la scuola metodista, Mandela si iscrive all’Università di Fort Hare per poi trasferirsi a Johannesburg, dove studia legge all’Università del Witwatersrand e frequenta militanti e dirigenti dell'African National Congress (Anc), il primo partito fondato nel 1912 dai neri in Sudafrica. Nel 1944 partecipa alla fondazione della Lega della Gioventù dell'Anc e nello stesso anno sposa Evelyn Mase, da cui divorzierà nel 1957. Tuttavia, è la vittoria del razzista Fronte nazionale nelle elezioni del 1948 che radicalizza le sue posizioni.
Lo studio legale e i primi due arresti
A quattro anni dal successo elettorale del Fronte nazional, nel 1952 Nelson Mandela decide di aprire uno studio legale insieme a Oliver Tambo nel centro di Johannesburg: è il primo gestito da neri in Sudafrica. Insieme ad altre 150 persone, nel dicembre 1956 viene arrestato e accusato di tradimento in un processo che si concluderà nel 1961 con un'assoluzione generale. Si tratta del primo arresto per Mandela, non sarà l’ultimo. Intanto, nel 1957 conosce Winnie Madikizela, che sposa l'anno successivo. Nel 1961 fonda il braccio armato dell'Anc, l'MK (Umkhonto we Sizwe, "Lancia della Nazione"), un gruppo dedito ad azioni di sabotaggio, piani di guerriglia, addestramento paramilitare. Nel 1962 viene nuovamente arrestato e condannato a cinque anni di carcere per attività sovversive ed espatrio illegale al rientro da una lunga missione in Africa ed Europa.
La condanna di Rivonia
A due anni dal secondo arresto, nel 1964 è condannato ai lavori forzati a vita al processo di Rivonia, dal nome della località dove l'anno prima l'intero stato maggiore dell'Anc era stato catturato in una retata della polizia. Dal banco degli imputati, Mandela pronuncia un celebre discorso in difesa del diritto degli oppressi alla lotta armata come ultima risorsa contro la violenza degli oppressori. Proclama, però, anche il suo ideale di società non razzista con uguali diritti per bianchi e neri. Una convinzione che lo porta a sostenere di essere pronto anche a morire pur di difendere i suoi valori. Viene trasferito nel carcere di massima sicurezza di Robben Island, al largo di Cape Town, dove passa 18 dei suoi 27 anni di prigione. Nel frattempo si laurea in Legge per corrispondenza alla University of London.
Simbolo della lotta al regime razzista
Durante la sua detenzione, la fama mondiale e la popolarità di Nelson Mandela aumentano: diventa così il simbolo della lotta al regime razzista. Nel 1982 viene trasferito nella prigione di Pollsmoor e pochi anni dopo, nel 1985, il presidente Peter Willem Botha gli offre la libertà in cambio della rinuncia incondizionata alla violenza. Una condizione che però Mandela rifiuta, anche se da quel momento iniziano sporadici contatti con emissari del regime. Nel 1988 viene trasferito nella prigione di Victor Verster, a nord di Cape Town, dove le condizioni di detenzione migliorano.
La liberazione
Un anno dopo il trasferimento, nel 1989, il presidente del Sudafrica Peter Willem Botha viene sostituito da Frederik de Klerk. Si tratta di un evento decisivo per Mandela e per tutto il Paese, poiché lo stesso de Klerk annuncia la liberazione di Madiba l’11 febbraio del 1990. Quel giorno una folla immensa accoglie il leader, allora 71enne, che si presenta al mondo con un discorso che resterà nella storia, offrendo perdono e riconciliazione all'impaurita minoranza bianca. Mandela è così eletto presidente dell'Anc: inizia un difficile periodo di negoziato col governo di de Klerk, che prosegue per quattro anni. Tentativi eversivi di gruppi di estrema destra e sanguinose violenze tribali minacciano la strategia di riconciliazione di Madiba, come ormai tutti chiamano Mandela.
Il Nobel per la pace e le elezioni del 1994
Il primo grande riconoscimento internazionale per Mandela arriva nel 1993, quando riceve il Nobel per la Pace insieme a de Klerk. Poco dopo, il 27 aprile 1994, il Sudafrica va alle urne con il suffragio universale: anche i neri possono votare e l'Anc vince col 62% le prime elezioni multirazziali nella storia del Paese. Mandela è ufficialmente il primo presidente nero del Sudafrica, con de Klerk alla vicepresidenza. Per Madiba inizia un grande lavoro di cambiamento: viene disposta una redistribuzione dei beni e approvata una nuova Costituzione nel 1996. In quello stesso anno divorzia da Winnie, la seconda moglie, e nel 1998 sposa Graca Machel, vedova del presidente del Mozambico Samora Machel. Intanto, nel 1995, il Sudafrica si apre al mondo anche dal punto di vista sportivo organizzando i Mondiali di rugby vinti proprio dalla squadra di casa davanti a un emozionato Nelson Mandela.
Il ritiro dalla vita politica
Al termine del mandato, scaduto nel 1999, Nelson Mandela rifiuta di candidarsi di nuovo alla guida del suo Paese. Dopo la presidenza, l'anziano leader continua per qualche anno a spendere le sue energie e il suo nome per numerose cause umanitarie. Nel 2004 annuncia l'intenzione di ritirarsi dalla vita pubblica per dedicarsi alla famiglia. Compare sempre più di rado in pubblico e ogni volta appare più fragile e debole, come nella fugace apparizione a Johannesburg alla finale dei Mondiali di calcio, nel luglio 2010. Negli ultimi anni passa la maggior parte del tempo a Qunu, il villaggio dei sui affetti più cari.
Il ricovero e la morte
È il 28 marzo 2013 quando Mandela viene urgentemente ricoverato in un ospedale di Pretoria a causa di una grave infezione polmonare, apparentemente legata alla tubercolosi contratta durante il periodo di prigionia. Due mesi dopo, l'8 giugno 2013, viene nuovamente ricoverato e tre settimane dopo la famiglia viene convocata d'urgenza in ospedale per via delle condizioni sempre più critiche. La morte del leader arriva il 5 dicembre 2013, nella sua casa di Johannesburg, all'età di 95 anni. Il primo a darne notizia è il presidente del Sudafrica Jacob Zuma, in diretta televisiva.
I funerali e il tributo di Obama
A cinque giorni dalla sua morte, il 10 dicembre 2013, allo Fnb Stadium di Johannesburg si svolge una commemorazione pubblica alla quale partecipano i maggiori leader mondiali, insieme a migliaia di sudafricani. Tra i più colpiti dalla sua scomparsa c’è il presidente americano Barack Obama. "Non posso immaginare la mia vita senza l'esempio di Nelson Mandela", confessa il primo inquilino della Casa Bianca con sangue africano della storia Usa. "È uno degli uomini più coraggiosi e influenti che l’umanità abbia avuto", continua Obama riferendosi a quello che lui chiamerà il suo "eroe personale" (TUTTE LE FOTO - I VIDEO). I funerali del leader si tengono il 15 dicembre a Qunu, il suo villaggio natale.