Missione Sophia: cos’è e come funziona

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(Ansa)

La missione è stata avviata nel 2015 e dovrebbe scadere il prossimo marzo. In totale, 27 Stati europei sono coinvolti e la guida è affidata all’Italia. Il principale obiettivo è il contrasto del traffico di esseri umani, attraverso il sequestro delle imbarcazioni

EunavForMed – soprannominata Sophia – è un’operazione militare dell’Unione europea avviata dal Consiglio affari esteri il 22 giugno 2015. Prorogata due volte, la sua prossima scadenza è prevista per il 31 marzo 2019. Lo scopo è quello di lottare contro il traffico di migranti nel Mediterraneo centrale e il suo mandato include l'attuazione dell'embargo alle armi alla Libia e l'addestramento della guardia costiera libica. Le operazioni di ricerca e soccorso in mare non rientrano formalmente nel mandato, ma le sue navi possono essere coinvolte in salvataggi dei migranti come previsto dal diritto internazionale del mare. Nell’eventualità, tutte le persone salvate vengono sbarcate in Italia, come previsto dalle regole della missione.

Cos’è Sophia

Il nome ufficiale EunavForMed “Sophia” è un omaggio a una bambina somala nata il 24 agosto 2015 sulla nave tedesca Schleswig-Holstein, parte dell’operazione europea, dopo il salvataggio della madre nel Mediterraneo. La guida militare è affidata, fin dall’inizio, all’Italia e la sua sede è a Roma. Dal 30 dicembre 2018 la nave Luigi Rizzo ha assunto il compito di nave sede di comando in mare del dispositivo aero-navale. Attualmente al vertice dell’operazione ci sono l’ammiraglio Enrico Credendino (comandante delle operazioni) e l’ammiraglio Stefano Turchetto (comandante delle forze), che possono contare su tre unità navali e otto supporti aerei. In totale, 26 Stati membri dell’Ue contribuiscono all’operazione (tutti tranne la Danimarca e la Slovacchia). 

I compiti di Sophia

Il principale mandato della missione è il contrasto al traffico di migranti, attraverso l’identificazione e il sequestro di navi e barconi utilizzati per il trasporto, prevenendo così la perdita di vite umane nel Mediterraneo. Sophia è divisa in 3 fasi (la quarta è il suo smantellamento). Dopo la preparazione iniziale, dall’ottobre 2015, l’operazione è passata alla fase 2, quella operativa, comprendendo le acque internazionali e le coste libiche. La fase 3 (il contrasto del traffico direttamente sul territorio libico) non è mai iniziata. Nel giugno 2016, oltre a prorogare la scadenza di Sophia, l’Ue ha aggiunto altri due compiti: l’addestramento della guardia costiera libica e il controllo dell’embargo alle armi voluto dall’Onu verso la Libia. Infine, dal luglio 2017, Sophia si occupa anche del monitoraggio dell’efficacia dell’addestramento ai libici, della sorveglianza del traffico di petrolio dalla Libia e dello scambio di informazioni con le agenzie europee Frontex ed Europol. Sul sito dell’operazione si legge: “Tutte le attività sono svolte nel rispetto del diritto internazionale, dei diritti umani, del diritto umanitario e dei rifugiati, del principio di “non refoulement” per cui nessuna persona soccorsa potrà essere sbarcata in un Paese terzo”. 

Le operazioni

Secondo dati del Consiglio europeo del maggio 2018, riportati dal Sole 24 Ore, l’operazione ha condotto all'arresto e al trasferimento alle autorità italiane di un totale di 143 persone sospettate di tratta e traffico, neutralizzato 545 imbarcazioni e contribuito a salvare 44.251 vite. I costi dell’operazione sono distribuiti fra i 27 Paesi contribuenti: per il 2018 si è previsto un budget di circa 6 milioni di euro. Stando ai dati della Guardia costiera italiana, le unità militari della missione Sophia hanno soccorso in totale 10.669 persone nel 2017 (circa il 9,3% delle oltre 114mila persone soccorse nel corso dell’anno). Le operazioni di soccorso in questione sono coordinate dalla Guardia Costiera italiana, in assenza di un Maritime Rescue Coordination Center libico. Lo sbarco finale avviene sempre in Italia perché, in base a disposizioni europee dell’operazione, per il soccorso in mare si fa riferimento al piano operativo dell'operazione Triton dell'agenzia Frontex, che prevede che l’approdo sia nel nostro Paese.

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