Nel dicembre del 1770 vedeva la luce a Bonn il genio tedesco destinato a rivoluzionare, con il suo talento, il modo stesso di concepire la musica. Protagonista indiscusso del passaggio dal classicismo al periodo romantico, è considerato uno dei più grandi compositori di tutti i tempi nonostante abbia dovuto convivere con la sordità che lo colpì prima dei 30 anni e che si aggravò progressivamente
250 anni fa nasceva a Bonn il grande compositore tedesco Ludwig van Beethoven. Anche se non è nota con certezza la sua data di nascita, si ipotizza tradizionalmente che questa sia stata il 16 dicembre 1770. Protagonista del passaggio dal classicismo al periodo romantico della musica, è considerato uno dei più grandi compositori di tutti i tempi. E questo nonostante abbia dovuto convivere, da prima che compisse 30 anni, con una sordità che si aggravò progressivamente nel corso della sua vita fino a diventare totale. Nell’anno del 250esimo anniversario della nascita, ecco la vita e le opere del genio tedesco che si spense a Vienna il 26 marzo del 1827.
Il contesto storico
Prima che Beethoven facesse il suo ingresso nel panorama musicale internazionale, i compositori scrivevano per lo più su commissione. Le opere venivano realizzate, di volta in volta, su richiesta della Chiesa o di ricchi mecenati. Il grande compositore tedesco fu, invece, il primo artista a battersi per cambiare questo modo di concepire il loro lavoro, a volere fortemente un’indipendenza artistica che li portasse a emanciparsi da qualsiasi vincolo per poter esprimere, attraverso la musica, il proprio io. Era un cambiamento quasi epocale, in un contesto internazionale di grande fermento politico: furono infatti questi gli anni della Rivoluzione francese e dell'ascesa al potere di Napoleone, ma anche dei riverberi rivoluzionari negli Stati Uniti. Il mondo delle arti era specchio fedele di questi fermenti. Il romanticismo, guidato in Germania da Goethe e in Gran Bretagna da Wordsworth, era già fortemente radicato nella letteratura e avrebbe preso piede anche nella musica proprio grazie a Beethoven, uno dei protagonisti indiscussi del passaggio dal classicismo, ormai al tramonto, a una nuova sensibilità, non soltanto europea.
La nascita del genio
Beethoven nacque a Bonn da una famiglia di musicisti. Il padre era un tenore al servizio dell’arcivescovo di Colonia e diede al piccolo Ludwig le prime lezioni di musica. A 10 anni iniziò a studiare pianoforte pubblicando alcuni brani già nella sua prima adolescenza. Oggi resta davvero poco, però, di ciò che produsse in quegli anni, dal 1785 fino al trasferimento a Vienna nel 1792. I problemi di alcolismo del padre e la morte della madre a causa della tubercolosi nel 1787 spinsero Ludwig ad assumersi sempre più responsabilità nel sostegno alla propria famiglia. Il giovane artista si guadagnava da vivere insegnando e suonando la viola. A Vienna studiò brevemente con Franz Joseph Haydn, compositore austriaco e uno dei maggiori esponenti del classicismo e si affermò, almeno inizialmente, come pianista piuttosto che come compositore. Proprio in qualità di pianista fece il suo debutto in pubblico nel 1795, quando si esibì in quello che oggi è conosciuto come il suo secondo concerto per pianoforte, che in realtà venne scritto prima del primo.
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I tre periodi del viaggio musicale di Beethoven
Il percorso musicale di Beethoven viene tradizionalmente diviso in tre periodi: l’inizio, la fase di mezzo e la fine. Le opere del grande compositore tedesco, però, segnarono anche la divisione di due grandi epoche come quella classica e quella romantica. Alla prima può essere attribuita la musica che scrisse a vent’anni alla fine del XVIII secolo. Appartengono a questa fase, ad esempio, i suoi primi due concerti per pianoforte e la prima serie di quartetti d'archi. Nonostante queste opere potessero sembrare appartenere allo stesso mondo musicale di Haydn e Mozart – scrive il Guardian - contenevano già i segni del superamento della sensibilità classica. Con la sinfonia numero 3, "Eorica" del 1804, il distacco fu definitivo. La composizione venne eseguita per la prima volta nel 1805, Beethoven dedicò la partitura a Napoleone, considerato dal compositore come l’incarnazione degli ideali rivoluzionari e democratici. Almeno fino a quando il francese non si dichiarò imperatore. Questo episodio lo deluse a tal punto da spingerlo a cancellare il nome del neo imperatore dal frontespizio. Risale a quegli anni anche "Fidelio", l’unica opera teatrale mai realizzata da Beethoven. Anche se di un genere diverso da quelli in cui si cimentava abitualmente, le linee tematiche rimasero le stesse, quelle che furono sempre a lui molto care. Basti pensare, ad esempio, all’inno alla libertà con cui si chiude l’opera.
L’ultimo capolavoro: la nona sinfonia
L’ultima fase del viaggio musicale del genio tedesco coincise con un progressivo peggioramento della sua sordità. L’ultima apparizione pubblica come pianista risale al 1814, mentre nell’ultimo decennio della sua vita, le condizioni dell’udito erano peggiorate a tal punto da costringerlo a utilizzare dei quaderni – che oggi rappresentano una fonte storica straordinaria – per conversare con gli amici. Nonostante ciò, fu proprio in queglii anni difficili che Beethoven realizzò uno dei suoi più grandi capolavori, che lo hanno reso immortale: la sinfonia numero 9 in re minore. Costituita da quattro movimenti, l’ultimo include il celeberrimo coro sui versi dell’Inno alla gioia di Friedrich Schiller. Nel 1972, il tema del finale è stato adottato come inno ufficiale europeo, mentre nel 2001 sia il testo che lo spartito della nona sinfonia sono stati dichiarati “Memoria del mondo” – il programma volto a salvaguardare il patrimonio documentario dell’umanità - dall’Unesco.